giovedì 4 novembre 2010

La magistratura e il sovversivismo dei ceti dominanti

Giovanni Russo Spena
Si apre a Napoli il congresso di Magistratura Democratica. Un luogo importante di discussione, confronto, ricerca. Ora, come negli ultimi quarant'anni. Perché la sinistra (che crede nella Costituzione, nello stato di diritto, nella critica del potere che è funzione primaria della giurisdizione) ha bisogno di Magistratura Democratica. Tanto più oggi, in un contesto che è caratterizzato dalla crisi del costituzionalismo democratico, dall'attacco ai diritti dei lavoratori, dalla mercificazione dei beni comuni, dal razzismo di Stato. Emerge un tema centrale: il sistema politico-istituzionale subisce una grave involuzione in direzione plebiscitaria e populista. Massima diventa la concentrazione del potere economico e politico; lo stato di diritto diventa stato patrimoniale. Si configura una "dittatura della maggioranza" che considera il voto come investitura divina e lavacro di ogni nefandezza (ciò è tanto più grave in un regime elettorale basato sul "premio di maggioranza"). La democrazia organizzata e conflittuale configurata nella Costituzione è aspramente attaccata; il parlamento diventa mera cassa di risonanza dell'esecutivo; viene introdotto ipocritamente e surrettiziamente il presidenzialismo più assoluto. Ogni regola, ogni limite, ogni controllo diventa un ostacolo per il lavoro del "capo", che ha ricevuto l'investitura popolare e, quindi, a suo avviso, non deve essere infastidito. Il controllo giurisdizionale diventa, quindi, per lui, arroganza antidemocratica dei giudici. In questo contesto assolutista la giustizia è diventata automaticamente l'unico limite costituzionale alla regressione autoritaria. Perciò la magistratura è sotto attacco, in quanto depositaria della funzione di controllo di legittimità e di legalità. Berlusconi, con i suoi attacchi ossessionati alla magistratura (sino ad arrivare alla grottesca proposta della commissione d'inchiesta), tende alla sua delegittimazione popolare per prevenirne le facoltà di inchiesta sui rapporti tra malaffare, mafia e politica. E' qui il seme della tirannide, che crea uno "stato di eccezione" permanente. Per questo la Costituzione è per noi un discrimine; e fa bene Magistratura Democratica a non arretrare rispetto al dubbio di costituzionalità delle leggi (basti pensare alle leggi razziste varate dalla maggioranza di governo). Ci opponiamo ad una controriforma dell'ordinamento giudiziario che configura un giudice accorpato con l'esecutivo, un giudice che ritorna ad essere parte organica del potere, percepito dalla povera gente come controparte.
L'indipendenza della magistratura è il presupposto per la realizzazione degli articoli 1 e 3 della Costituzione, che prevedono giustizia, libertà, uguaglianza come paradigma fondativo del contratto sociale. Rifiutiamo controriforme che trasformino i magistrati in burocrati organizzati in un sistema gerarchico, soggetti alla separazione delle carriere di giudici e pubblici ministeri (una seria separazione delle funzioni, è, invece, auspicabile), con una polizia giudiziaria che dipende dal ministro, con l'indebolimento assoluto del Consiglio Superiore. L'altro punto discriminante appare la obbligatorietà dell'azione penale, che permette un controllo penale diffuso, una critica permanente alla illegalità del potere. Sono sicuro che l'abbattimento del principio costituzionale dell'obbligatorietà dell'azione penale permetterebbe a governo e maggioranza parlamentare di considerare prioritari e da perseguire le microcriminalità, i comportamenti dei migranti, in una logica sicuritaria e proibizionista. Questo, infat
i, è il governo degli "imprenditori della paura". Il sovversivismo illegale dei ceti dirigenti sarebbe tranquillo, protetto da ogni controllo giurisdizionale. Una Magistratura Democratica salda e autorevole rende più forti diritti e libertà di cittadine e cittadini. Ve ne è assoluto bisogno.

Liberazione 29/10/2010, pag 1 e 3

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