giovedì 18 novembre 2010

G20, un modello che appartiene già al passato

Il flop di Seoul apre il dibattito sull'utilità del direttorio

Luca Manes*
Seoul
Il summit dei G20 di Seoul è finito come i segnali della vigilia lasciavano presagire: in maniera deludente. Un po' come accade in Italia durante la notte dei risultati elettorali, tutti i principali attori globali hanno provato a vendere le 22 pagine del comunicato conclusivo dell'incontro e i relativi annessi come una vittoria delle proprie abilità diplomatiche. Tutto sommato però, come ormai si verifica da tempo durante i grandi eventi internazionali, la montagna ha partorito il topolino.
Le questioni scottanti dell'agenda negoziale, la cosiddetta guerra monetaria e i disequilibri della bilancia dei pagamenti, rimangono tali. Gli Usa mostrano il loro apprezzamento per il fatto che la "svalutazione competitiva" delle monete - in primis il renminbi cinese - sia stata riconosciuta come un problema, la delegazione dell'ex Impero di Mezzo che oltre tale riconoscimento non si sia andati. In merito al monitoraggio degli eccessi di flussi di export, si chiede un'attività di monitoraggio al Fondo monetario internazionale (FMI) che, da quando è scoppiata la crisi e il G20 è assurto a direttorio mondiale, ha ritrovato nuova linfa, a dispetto degli errori commessi in un passato nemmeno troppo lontano. A proposito di Fondo monetario, tutti esaltano la sua parziale riforma, che concede ai Paesi emergenti il sei per cento in più in termini di potere di voto, omettendo di dire che la metà di questo sei per cento è stato sottratto alle realtà in via di sviluppo. In poche parole, le nuove potenze si rafforzano mentre i paesi poveri continuano a mangiare la polvere. Il maquillage completo delle istituzioni finanziarie internazionali - ovvero anche della Banca mondiale, oltre che del Fondo - rimane dunque una chimera.
Nell'addendum enfaticamente definito Seoul Consensus per compiacere l'attivissima presidenza coreana, si è fatto il pieno di retorica sullo sviluppo, da raggiungere tramite commercio internazionale, infrastrutture e investimenti privati, oltre che lavoro e sicurezza alimentare (nel qual caso si richiama in causa la World Bank come attore da affiancare alla FAO). A prima vista il Consensus appare un bell'esercizio di stile, con generici rimandi agli anni a venire.
Uno dei punti su cui ci si aspettava di più, molto di più, è quello dei sussidi all'estrazione dei combustibili fossili, di cui si chiedeva l'eliminazione nel vertice di Pittsburgh del settembre 2009. Nulla di fatto anche in Corea. E intanto l'Ong americana Oilwatch denuncia che l'Exim Bank, l'assicuratore pubblico statunitense, nel 2009 ha distribuito 2,5 miliardi di dollari di sussidi alle compagnie petrolifere. Visto anche il flebile testo sul tema dei cambiamenti climatici - che auspica un risultato positivo dell'imminente meeting di Cancun ma rimanda all'accordo-truffa di Copenhagen - sulla materia ambientale le note sono molto dolenti.
Ora la presidenza del G20 passa alla Francia, che ha già fatto intendere di avere un'agenda ambiziosa, sebbene nella conferenza stampa finale il presidente Nicolas Sarkozy abbia gettato acqua sul fuoco, chiarendo come senza delle decisioni interamente condivise è difficile raggiungere dei risultati di alto profilo.
È molto probabile che i francesi riproporranno sul tavolo negoziale la tassa sulle transazioni finanziarie (del tutto assente nel corso dell'assise coreana) e una maggiore regolamentazione degli strumenti speculativi sulle commodities.
Argomenti sui quali troveranno sicuramente il sostegno della Germania, che a Seoul ha fatto sentire la sua voce soprattutto sul tema della gestione dei grandi istituti di credito. A tal proposito, il presidente del Financial Stability Forum Mario Draghi è riuscito a strappare un accordo di massima che poi i tecnici perfezioneranno nel 2011. Certo, come sempre saranno i tecnocrati della finanza e non il G20 a fissare le regole, ma ormai non ci si stupisce più, vista la fragilità del nuovo direttorio mondiale, che a due anni dal suo esordio sembra già fin troppo obsoleto.
*CRBM

Liberazione 13/11/2010, pag 6

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