mercoledì 10 novembre 2010

Quella pioggia di miliardi che innaffia i Tea Party

Tycoon, magnati, lobbisti. La spina dorsale del movimento conservatore non è il popolo. Ma il dollaro

Daniele Zaccaria
Un movimento popolare, animato da migliaia e migliaia di volontari disseminati nel territorio che parla al cuore e allo stomaco dell'America profonda; una spinta dal basso che ha ridato linfa a un Partito Repubblicano senza bussola e lacerato dalle lotte intestine. Dialogando con le fasce più frustrate dell'elettorato, restituendo identità all'uomo della main street, e riuscendo a incarnare una credibile alternativa politica al dominio dei democratici sulla scena nazionale.
E' più o meno con questa prosopopea che l'ultraconservatore "Tea Party", grande trionfatore delle elezioni mid term, viene definito da analisti e politologi d'oltreoceano. Il che è anche vero. Però solo a metà. Un movimento di base, nessuno lo nega, ma sostenuto, in modo più o meno discreto, da un diluvio di dollari. Tycoon, lobbisti, fondi di investimento, finanziatori occulti o palesi: sono loro la spina dorsale dei circoli del te, quelli che, in soldoni, hanno aperto il portafoglio per pagare la campagna elettorale più costosa della storia Usa.
Come giustamente nota il Washington Post, dietro il successso elettorale del Tera Party «non ci sono dei rozzi contadini armati di forcone». Ma dei miliardari pronti a tutto per mandare a casa l'odiato Barack Obama. Il presidente «comunista», favorevole all'aborto, all'aumento della spesa pubblica, alla tassazione delle rendite, ai vincoli ambientali per le imprese e persino al dialogo con il mondo islamico. Insomma, il male assoluto.
I più generosi sostenitori dei Tea sono i fratelli David e Fred Koch, quinto patrimonio del Paese secondo la rivista Forbes. Il loro gruppo fa base a Wichita nel Kansas, ha circa 70mila dipendenti e una cifra d'affari annua di 43 miliardi di dollari. Un gigante che ha le mani in pasta in diversi settori della produzione e della distribuzione industriale, dalle raffinerie di petrolio alla carta, dalla raccolta del legno, alla fabbricazione di tessuti sintetici, come i famosi collant di nylon Lycra.
Bob Perry, magnate texano delle costruzioni è invece un finanziatore di un'organizzazione di estrema destra chiamata American Crossroadche ha sostenuto attivamente la campagna dei Tea sborsando oltre duecento milioni di dollari. Ma American Crossroad è solo una delle tante organizzazioni che hanno aperto i rubinetti per il voto di mid term: tra le più note svettano Americans for prosperity (legata ai fratelli Koch), American for job security, American future fund. Entità ambigue, che operano in quella zona grigia che va dal lobbismo politico, fino alla speculazione finanziaria.
C'è poi chi finanzia se stesso, scendendo direttamente in campo nell'agone politico. E' il caso di Meg Withman, ex amministratrice delegata di Ebay (il sito web di aste telematiche più noto al mondo). Ebbene: per la sua campagna alla carica di governatore della California la signora Withman ha speso la bellezza di 140 milioni di dollari. Senza peraltro riuscire a essere eletta, visto che alla fine l'ha spuntata il democratico Jerry Brown.
E infine c'è chi punta sui Tea non tanto per affinità ideologica, ma per mera convenienza economica. Stiamo parlando del celebre Ruperth Murdoch, un cuore che da sempre batte a destra, ma anche un raro fiuto nel capire dove soffia il cangiante vento della politica.
Nel 2008, intuendo la grande avanzata di Obama, Murdoch giocò il profilo basso, rimanendo assai neutrale nella sfida tra il presidente e il repubblicano McCain. Oggi che l'aria è cambiata, la sua tv Fox News (un vero e proprio oggetto contundente) ha sostenuto con grande veemenza la campagna dei Tea Party. Offrendo loro una smisurata copertura mediatica e, in alcuni casi, finanziando direttamente la corsa di alcuni candidati.
Come spiega l'avvocato Fred Werthemeier, grande esperto di gruppi di pressione politicamente vicino al Partito Democratico, «Senza la pioggia di miliardi che gli è caduta addosso, il Tea party sarebbe l'ombra sbiadita del movimento che conosciamo».

Liberazione 06/11/2010, pag 6

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