Si chiude oggi l'Otranto Legality Esperience promossa da Flare (Libera e compagni di strada da mezzo mondo)
Francesco Ruggeri
Otranto (Lecce) nostro inviato
Cerchi la mafia e trovi il capitalismo contemporaneo. L'intreccio tra economia legale e illegale è l'unico capace di fornire le quantità di denaro necessario a moltiplicare gli investimenti. «Dieci anni di Plan Colombia hanno incrementato la guerra e i traffici. Il proibizionismo genera dunque il riciclaggio di montagne di narcodollari che fanno il giro delle banche e funzionano da moltiplicatore delle economie criminali». Fabio Neri è un sociologo romano esperto di affari latinoamericani. La "war on drugs", spiega, ha obiettivi diversi da quelli ufficiali. Quella guerra caccia i contadini dalle loro terre che passano sotto il controllo di narcos e paramilitari, avvelena altre terre grazie alle defumigazioni di glicofato ma subito le coltivazioni si spostano più in là al posto di foreste primarie. Resta solo quell'impasto legale/illegale che nessuno si sogna di sciogliere.
«Le organizzazioni criminali sono la forma più avanzata d'impresa nell'economia della deregulation», dice senza mezzi termini Nicholas Giannakopoulos, criminologo svizzero che si definisce «imprenditore antimafioso contro i rischi di infiltrazioni nelle imprese e nelle amministrazioni». Entrambi sono stati tra i relatori di Ole (Otranto legality experience), il primo forum di Flare (Libera e i suoi partner internazionali) in corso nel Salento sotto la direzione culturale di Vittorio Agnoletto. Giannakopoulos ha chiarito il legame tra la globalizzazione neoliberista e le imprese criminali. «Le mafie sono le uniche imprese capaci di creare leggi perché sono capaci di farle rispettare ai loro concorrenti, ai consumatori delle loro merci. Quando il mercato diventa monopolistico - grazie alla deregolamentazione - il pallino è nelle mani del venditore, non più del consumatore». Per dirla schematicamente: se tutto si basa sul flusso di capitali è inevitabile che vinca chi ne ha troppo a disposizione, ossia le mafie. Allora ogni consumatore deve imparare a capire che cosa si compra col denaro, perché certe merci costano così poco o così tanto. E quanto sangue c'è dentro un oggetto. I duecento partecipanti, scelti sulla base dei loro curricula, lo ascoltano mentre spiega il paradosso di un capitalismo che scompare quando distrugge la concorrenza grazie a meccanismi di corruzione, di cartellizzazione, oppure di guerra vera e propria che lascia sul campo il corpo degli sconfitti. Giannakopoulos insegna tra Ginevra, Neuchatel e Milano, si alternano sui banchi studenti universitari svizzeri che si occupano di insicurezza urbana o commercianti lombardi che vogliono attrezzarsi contro l'usura. I ragazzi di Ole vogliono capire quali possono essere i mezzi di contrasto sociale. Non è il solito - per quanto utile - scambio di esperienze, è una scuola di specializzazione. Stanno studiando parecchio in questi giorni, riempiono taccuini di appunti, tempestano gli interlocutori di domande precise che rivelano una competenza "antica", profonda almeno quanto i quindici anni di Libera, la coalizione antimafia, che nel tempo ha trovato compagni di strada in mezzo mondo. Educazione, trasparenza, confisca dei beni e riuso sociale. Parole d'ordine solo in apparenza semplici ma che hanno bisogno di menti raffinatissime per superare tutte le barriere che altre «menti raffinatissime» (il copiright va dato a Giovanni Falcone) hanno elaborato per interpretare al meglio il neoliberismo, per essere il neoliberismo. Chi domanda vuole capire come funzionano le mafie, come riescono a produrre consenso, come si fa a rendere i beni confiscati dei luoghi di riaggregazione sociale, elaboratori di una cultura antimafiosa, come si fa a esportare il modello della confisca e del riuso in Europa, come si possano sveltire i tempi del riutilizzo di quei beni, come indirizzare le quote societarie confiscate, come si possa impedire che le mafie si insinuino tra i beneficiari di fondi Ue, come funziona l'ufficio antifrode dell'Ue.
Oggi per tutti sarà la volta del confronto in plenaria, del primo bilancio, dei propositi per il ritorno sui territori. Nina Pavlovska, macedone ma impiantata a Torino con quelli di Terra del Fuoco, la ong che ha dato vita al network internazionale con Libera (50 organizzazioni di 27 paesi), ha in mente di comporre «una cassetta degli attrezzi, una raccolta di esperienze da mettere a disposizione di chi forma i formatori», gioco di parole per dire che il modello scelto è quello dell'educazione tra pari, dell'attivazione di tutte le risorse possibili della società civile, dei movimenti.
Cerchi il gas o il petrolio e trovi il capitalismo oligarchico. Ole ha cercato di seguire i flussi di carburante, ha capito che c'è mafia anche nei nuovi mercati delle rinnovabili oppure in quello del biocarburante. Gran parte del metano arriva in Europa dalla Siberia e le modalità estrattive, avendo bisogno di investimenti enormi, impongono che a «metterci le mani sia lo "stato"», dice Yulia Latynina, collaboratrice della Novaja Gazeta, il giornale di Anna Politovskaja. Lo "stato" è Gazprom, il colosso opaco di cui Putin è il vero proprietario dopo aver fatto fuori ogni concorrente con tutti i mezzi a sua disposizione. «E Putin è la mafia». L'unica compagnia straniera a poter estrarre in Siberia è l'Eni. Ecco perché Libera ha deciso di uscire da sé, di globalizzarsi, per sottrarre al cono di artificiale invisibilità il nesso tra gestione del denaro pubblico, criminalità organizzata e politica. «Abbiamo la mafia più antica del mondo (e vale 150 miliardi l'anno) ma anche l'antimafia più antica del mondo», ha detto in un messaggio video Tonio Dall'Olio, responsabile internazionale di Libera che in questi giorni è in America Latina a fare scambio di buone pratiche. Nella provincia di Buenos Aires, ad Alameda, gli schiavi boliviani sono diventati - grazie ai referenti locali di Libera - soci di una cooperativa che gestisce l'azienda che li schiavizzava. L'utilità di simili scambi è evidente anche nella rilettura della dittatura militare argentina: quella combinazione tra affari, stragi, corruzione permette di considerarla una forma di mafia. Perché un'altra cosa è vera a ogni latitudine: cerchi la mafia e trovi l'autoritarismo, i fascismi, i proibizionismi, le guerre. Un ex pm, Luigi De Magistris, è venuto a dire come sia stretto il legame tra l'attacco in corso alla Costituzione e la mafia «prenditrice», la chiama così. Quella che oggi sembra aver vinto è quella che ha mantenuto un profilo basso costruendosi una retrovia efficace da dove controlla ogni flusso di denaro e ha un radicamento e dei legami familistici ed è capace di esportarli ovunque. Come fanno le ‘ndrine calabresi. Oppure vince chi sa sviluppare un immaginario - dalla camorra ai narcos messicani: entrambe le mafie forniscono uno status perverso alla generazione "ni-ni", ni estudio, ni trabajo.
Cooperanti, funzionari statali, ex ministri, addetti ai lavori, docenti universitari e vittime. Questi gli insegnanti scelti da Flare per questa prima esperienza destinata a mettere radici a pochi chilometri da dove fu assassinata Renata Fonte, assessora del comune di Nardò. Si era battuta contro la lottizzazione e la speculazione edilizia del Parco naturale di Porto Selvaggio. Attraverso i microfoni della piccola Radio Nardò1 veicolava la sua lotta per la legalità, la democrazia, la giustizia. Quando è caduta sotto i colpi dei sicari, tre pistolettate all'uscita dal consiglio comunale. Aveva 33 anni e due figlie bambine piccole che l'aspettavano a casa. E' a lei che è dedicato questo forum in un paese che dimentica troppo in fretta. Viviana Matrangola, sua figlia, aveva dieci anni. Oggi è qui, responsabile dei progetti di Libera per la Memoria delle vittime di mafia di tutto il mondo.
Liberazione 03/09/2010, pag 5
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