Paolo Berdini*
«Il piano casa non funziona perché le regioni lo hanno reso troppo vincolistico». La campagna stampa dei grandi quotidiani nazionali era iniziata con questo efficace slogan non appena si comprese che il regalo che Berlusconi aveva fatto alla rendita immobiliare riguardava un ristretto numero di persone. Invece di ragionare con onestà intellettuale sul fatto che la produzione edilizia in questo paese ha superato il limite di guardia e rischiamo una generale e irreversibile svalutazione immobiliare, la classe dirigente, incapace di pensare ad una prospettiva per uscire dalla crisi, non ha fatto altro che chiedere ulteriori deroghe urbanistiche, e cioè altri ricchissimi regali in termini di rendita immobiliare.
L'amministrazione regionale del Lazio è molto sensibile ai voleri del mondo della speculazione edilizia. Ne ha infatti avuto il prezioso appoggio per vincere le elezioni e ora le cambiali sottoscritte devono essere onorate. Così l'assessore all'urbanistica Luciano Ciocchetti (Udc) ha illustrato le linee del nuovo piano casa del Lazio. Rispetto a quello già molto generoso approvato dall'intrepida giunta Marrazzo aumentano ancora i premi di cubatura: ai proprietari di abitazioni verrà data la possibilità di aumenti compresi tra il 20 e il 50%. Ai proprietari di edifici industriali verranno invece concessi due strepitosi regali, un aumento del 30% delle volumetrie esistenti e il cambio della destinazione d'uso: appartamenti invece di linee di produzione.
Facciamo un esempio. Un'attività industriale di media grandezza ha una dimensione pari a 100 mila metri cubi, e cioè 12 mila metri quadrati di superficie coperta. Oggi, nella crisi industriale che viviamo le attività industriali hanno una rendita molto bassa: quei metri quadrati possono valere al massimo 1 milione di euro. Si pensi ad esempio che a Detroit la crisi industriale del comparto automobilistico ha provocato un collasso delle quotazioni immobiliari produttive dai 2000 dollari del 2008 agli attuali 60 dollari!
Ma torniamo nel Lazio. I capannoni hanno, come noto, altezze di 9 metri, con il cambio di destinazione d'uso si potranno realizzare tre piani di abitazione, e cioè il triplo della superficie esistente: 36 mila metri quadrati invece dei 12 di partenza. Poi, con il gentile regalo del 30% concesso dalla Polverini, la superficie totale arriverà a 47 mila metri quadrati. Il valore delle abitazioni nella periferia romana sono pari a circa 4 mila euro al metro quadrato: il capannone che valeva 1 milione con il piano casa regionale raggiunge i 188 milioni di euro. La Polverini ha inventato la gallina delle uova d'oro.
Ad esclusivo favore della speculazione però. Perché l'effetto dello sciagurato piano casa sarà quello di favorire inevitabilmente l'abbandono delle attività produttive e cioè l'ulteriore aggravarsi della crisi produttiva ed economica della regione. Quale imprenditore può ancora avere la voglia di rischiare investimenti in un qualsiasi settore produttivo se di fronte alla speculazione immobiliare viene aperta un'immensa autostrada? Sono venti anni che, colpo dopo colpo, sono state smantellate tutte le regole di governo del territorio e della tutela dell'ambiente. I piani regolatori che, con tutti i limiti che ben conosciamo, tentavano di delineare un futuro condiviso delle nostre città sono stati sostituiti con concetti come la "valorizzazione immobiliare" e "l'accordo di programma" per superare ogni previsione urbanistica.
Lo stato liberale, che pure aveva a cuore l'iniziativa economica privata, aveva trovato nell'urbanistica un efficace punto di equilibrio tra interessi della collettività e interessi della proprietà, limitandone lo strapotere e imponendo vincoli. Oggi siamo in un'altra prospettiva sociale e culturale e tutto questo viene cancellato. Così la collettività deve rassegnarsi a subire sempre e comunque il dominio della proprietà immobiliare. In quale altro paese europeo, infatti, è la proprietà a decidere che i ceti meno fortunati dovranno vivere in luoghi desolati - come sono la totalità delle aree industriali - invece che in città dove si può vivere meglio? In nessuno, solo nell'Italia dominata dalla speculazione.
Con il piano casa delle regione Lazio tocchiamo con mano che, se non si taglia il dominio della rendita immobiliare che - è bene precisarlo - non esiste negli altri paesi della civile Europa, il nostro declino economico e civile non si interromperà. Il problema non è Berlusconi: il vero nodo che stringe alla gola l'Italia è quello di un'opposizione politica incapace di avere un'idea di sviluppo lungimirante in grado di favorire gli investimenti produttivi veri. In questi anni di liberismo urbanistico trionfante la sinistra non ha saputo costruire una visione critica alternativa, limitandosi ad inseguire il centro destra. Ed anche oggi che si toccano con mano gli effetti della cancellazione dell'urbanistica con l'espulsione dalle nostre città di centinaia di migliaia di famiglie verso periferie lontane, il tema dell'urbanistica è sempre più assente dalla politica.
Il ripristino delle regole del governo delle città e del territorio è il primo elemento per poter rilanciare lo sviluppo produttivo del nostro paese. Altro che piani casa: bisogna urgentemente chiudere la fase del sacco urbanistico dell'Italia.
*Ingegnere urbanista, autore de "La città in vendita" (2008) e "Breve storia dell'abuso edilizio in Italia" (2010)
Liberazione 29/09/2010, pag 1 e 5
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