Più grande commessa di sempre. Ma con la crisi, nemmeno il comparto militare va
Matteo Alviti
Sessanta miliardi di dollari. Per il governo e le imprese che lavorano nel settore bellico uno dei più grandi e lucrosi affari della storia degli Stati Uniti. Ottantaquattro caccia F15, 178 elicotteri da combattimento, più aerei di altro tipo e armi a volontà. C'è spazio per tutti i venditori di morte - o sicurezza, dicono alcuni. Entro i prossimi cinque, massimo dieci anni, il governo Usa si è impegnato a consegnare all'Arabia Saudita armamenti per un valore complessivo di sessanta miliardi di dollari.
Dopo mesi di trattative, alla fine l'accordo tra i rappresentati della monarchia assoluta saudita e quelli di Washington è stato trovato. Secondo il Wall Street Journal, che ha dato la notizia in anteprima all'inizio di agosto, il governo del democratico Obama informerà le camere questa, o la prossima settimana. Nessuno si aspetta che la ratifica dell'accordo sollevi particolari problemi, nonostante le inquietudini degli alleati israeliani.
Il settore bellico statunitense esce da un periodo di chiara difficoltà. Come ha scritto il New York Times, la recessione globale si è fatta sentire anche nell'industria degli armamenti, nonostante le guerre continuino a fiorire. Con 57,5 miliardi di dollari nel 2009 il volume d'affari del settore era sceso ai livelli del 2005, perdendo l‘8,5% rispetto all'anno precedente. Il 2008 in verità era stato un anno eccezionale, considerato che l'industria bellica Usa era riuscita a incrementare le vendite a dispetto della flessione generalizzata della concorrenza nel resto del mondo.
Per il 2010 gli affari sono tornati a girar bene - la "crisi" del 2009 del resto era stata provocata proprio da una flessione della domanda nel Medio Oriente e in Asia -, e ne beneficeranno migliaia di famiglie statunitensi. I produttori di armi prevedono che grazie alle commesse potranno essere assicurati 77mila posti di lavoro in 44 stati e, forse, ne verranno creati di nuovi. Ad oggi i sauditi hanno firmato contratti per "soli" 30 miliardi di dollari, ma si sono impegnati per il prossimo futuro per una cifra equivalente. E non è finita: attualmente sono in corso colloqui per la compravendita di armi per la marina militare saudita, e si parla di altri 30 miliardi di commesse.
Gli accordi, ha scritto il Wall Street Journal riferendosi a fonti diplomatiche, non sono piaciuti molto al governo di Tel Aviv, che vede l'Arabia Saudita come un concorrente nella regione. Per tranquillizzare gli alleati israeliani Washington si è impegnata a vendere a Riyadh versioni degli aerei da combattimento ormai superate, e con armamenti limitati - niente missili a lunga gittata, per esempio. Il rafforzamento militare saudita ha comunque un valore strategico utile anche a Israele: ridimensionare ancora di più il peso dell'Iran di Ahmadinejad.
Da tempo ormai l'Arabia Saudita è ai primi posti della classifica internazionale dei compratori di armi. E ciononostante il governo del re Abdullah continua a incrementare l'arsenale della superpotenza araba del petrolio - il settimo paese più autoritario al mondo secondo gli indici dell'Economist.
Liberazione 14/09/2010, pag 6
Nessun commento:
Posta un commento