giovedì 10 febbraio 2011

Edouard Glissant, scrittore fantastico della decolonizzazione

Intellettuale prestigioso nato nella Martinica, fu saggista, poeta e romanziere. Aveva 82 anni
Stefano Galieni
Dieci anni fa, lo Stato francese compiva un gesto affatto formale e importante per milioni di uomini e donne, per la loro storia e per quella dei loro avi. Dichiarava infatti la schiavitù - che la Francia aveva avallato in tutte le proprie colonie - "Crimine contro l'umanità" e istituiva una Giornata della Memoria, il 10 di maggio, per portare a conoscenza anche fra le nuove generazioni, delle nefandezze commesse. Una vittoria postuma delle grandi battaglie anticolonialiste, degli intellettuali che avevano imposto ad un Paese intero e per certi versi ad un intero continente le ragioni degli oppressi, la loro storia e la loro infinita dignità. In Francia sin dalla fine della seconda guerra mondiale erano transitati scrittori, saggisti, politici e poeti, provenienti dai paesi dell'Africa francofona o dalla diaspora africana nei Caraibi, personaggi ormai leggendari come Frantz Fanon e Aimé Césaire. Nasceva il concetto complesso di "negritudine", riviste come Présence Africaine e Les Lettres Nouvelles, l'anticolonialismo si confronta e si incontra con gli ambienti marxisti. Letteratura e politica viaggiano sullo stesso binario, allo scoppio della guerra d'Algeria, molti di questi intellettuali, soprattutto provenienti dalle ex colonie o dai territori ancora sotto il dominio francese firmano il Manifesto dei 121, con cui si invita a disobbedire agli ordini di Parigi. Edouard Glissant, martinicano, allievo di Césaire, spentosi l'altro ieri all'età di 82 anni, faceva parte di quella immensa generazione che ha contribuito a scardinare l'impostazione colonialista della cultura europea. Saggista, poeta, romanziere, creatore di universi, infaticabile attraversatore di mondi simbolici, spaziali e temporali, di una vitalità spiazzante e formidabile. Aveva in programma di tornare in Italia, Paese che visitava spesso e a cui si sentiva molto legato. Nel 1959 aveva partecipato al secondo congresso degli scrittori e artisti neri, che si era tenuto a Roma e spesso per tanti anni era impossibile sapere in quale angolo del pianeta fosse rintracciabile. In una delle tante università statunitensi in cui ha insegnato? Nella Francia che lo aveva accolto, cacciato, represso e poi infine celebrato troppo tardi? Nella sua Martinica che sognava indipendente e che ancora è "Territorio d'Oltremare", e che per tanti anni è stata tappa finale della tratta degli schiavi provenienti dall'Africa?. O nel Laos, nel Maghreb, nelle Cinque Terre di cui era innamorato o nelle Eolie? In nessuno di questi luoghi e in ognuno stando alla parola chiave per leggerne il percorso non solo intellettuale: Tutto-Mondo. Un concetto che è anche il titolo della sua opera forse più completa, profetica e suggestiva, pubblicata nel 2009 per Edizioni Lavoro e tradotto magistralmente da Marie José Hoyet, grande conoscitrice della letteratura caraibica e soprattutto di Glissant. «Se ne è andato uno dei più grandi intellettuali della seconda metà del secolo - commenta tristemente la Hoyet - Un uomo che non ha parlato solo all'Africa o ai Caraibi, ma le cui idee, suggestioni, teorie, interrogano il mondo intero. Non ha avuto i riconoscimenti che meritava in Francia dove oggi ne parlano tutti i quotidiani ma fino a ieri era pressoché ignorato. Ha ricevuto apprezzamenti negli Stati Uniti, le sue riflessioni erano difficili, profonde, bisognava immergersi nelle sue parole per riuscire ad afferrarne la complessità, entrare nelle sue storie lasciandosi trascinare da un pensiero che facilmente lascia disorientati». Tutto-Mondo è un libro dalla potente capacità ipnotica, si viaggia e ci si confonde fra paesaggi ed epoche diverse, dove tutto pare toccarsi e poi scomparire. E' il ritmo lento e ondeggiante di due navi: il Colombie che dalla Martinica compie la rotta in senso inverso rispetto alla nave negriera che secoli prima aveva portato gli avi dall'Africa. I mondi lontani che si incontrano, al di là del fattore tempo servono a Glissant, gli sono serviti in tanti anni di produzione letteraria, per affrontare con spirito originale temi come la "inarrestabile creolizzazione del linguaggio". Guardava da lontano, profetizzava il rimescolamento dei linguaggi come quello delle persone e puntava alto quando affermava che più che a
«confondere tutto dentro tutto ci si dovrebbe sforzare, con le nostre estetiche proprie, di aprirle le une alle altre». Impossibile condensare e spiegare concetti come "il pensiero della traccia", "il pensiero della diversità" "il pensiero dell'erranza", concetti che non si esauriscono di per sé ma acquistano spessore e diventano capaci di decostruire e ricostruire su basi multiformi, nel loro relazionarsi. In fondo per Glissant, la relazione, il parlare fra gli uomini, i paesaggi, le storie, oltrepassando limiti e confini prestabiliti porta ad assumere una posizione affatto neutrale ma conflittuale. La storia dell'oppresso rivela la possibilità implicita di ritrasformare il mondo e non si tratta di una, peraltro impossibile, lettura ideologica. Tutto-Mondo somiglia ad un immenso edificio di cristallo, impossibile da descrivere e da riassumere perché capace di cambiare forma, luce, in cui ogni spicchio di parete riflette e modifica se stessa e quella che gli è più prossima, un labirinto onirico ma reale, capace di trasmettere dolore e rabbia, di affascinare e commuovere, di stordire e di avvolgere. Tutto cambia, tutto si muove ma tutto torna in quell'angolo di mondo che è la Martinica, "L'isola dei ritornanti" come da incipit afferma Glissant: «Da chissà quale eternità». E in Tutto-Mondo ci sono anche i ricordi italiani, da Genova:«La città di tutti gli inconsci», al Giro d'Italia in miniatura. Mathieu, uno dei viaggiatori protagonisti di quest'opera straordinaria, aveva già fatto la sua comparsa nell'altro unico romanzo pubblicato in Italia, sempre per Edizioni Lavoro, Quarto Secolo. Un testo solo apparentemente più immediato in cui Mathieu è un giovane che ascolta da Papà Longué una storia lunga quattro secoli. Quella di due lignaggi di schiavi giunti nelle Antille Francesi con la prima nave negriera, i Longuè e i Béluse. Due vicende che si separano, si incontrano si scontrano e si mescolano, quella di chi resta a lavorare nelle piantagioni e quella di chi fugge sulle montagne, inseguito, braccato ma ribelle. Una storia di riappropriazione di memoria che come tale, non segue una cronologia, cade in digressioni, in infiniti ritorni, in microstorie che sono granelli di polvere destinati a pesare nel meccanismo di una Storia ufficiale che vorrebbe questa memoria cancellata. L'avo dei Longuè, e con lui tutta la progenie, non accettarono neanche un giorno le catene, ma ci sono infiniti segreti da svelare nella storia della due famiglie, segreti che consentiranno a Mathieu (Béluse), di avvicinarsi, anche con dolore alla propria consapevolezza. Ma sono tante le opere di Glissant mai tradotte in Italia, saggistica e poesia soprattutto ma anche altri romanzi che sarebbe prezioso poter trovare in libreria. Gli unici reperibili sono Poetica della relazione (Quodlibet, 2007), Poetica del diverso (Meltemi, 1998), Il Pensiero del tremore (Scheiweller, 2008), Quando cadono i muri (Nottetempo, 2008). Resta comunque l'istituto creato nel 2007 a Parigi, L'Institut du Tout-monde, ovviamente, con una casa editrice ed un intenso programma culturale e il progetto di trasformare la Giornata della Memoria in un intero mese da dedicare ad una nuova narrazione della schiavitù e del colonialismo.


Liberazione 05/02/2011, pag 8

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