venerdì 18 febbraio 2011

Migranti, le condizioni bestiali delle lavoratrici

Rapporto Onu sui flussi dall'Asia ai paesi arabi: sfruttamento, violenze, Aids

Daniela Bernaschi
Migrano verso gli Stati arabi in cerca di un'occupazione come collaboratrici domestiche. Una ricerca che, in molti casi, ha un finale amaro: vittime di sfruttamento lavorativo, violenze sessuali e contagiate dal virus dell'Hiv Questo il destino di migliaia di donne asiatiche che, ogni anno, lasciano la loro terra con la speranza di fuggire dalla povertà. A denunciarlo è un report delle Nazioni Unite, pubblicato la scorsa settimana e realizzato con la collaborazione di Undp (Programma di sviluppo delle Nazioni Unite), Unaids, Caram Asia, Oim ( Organizzazione Internazionale per le Migrazioni), Unifeme Centro migranti in Libano.
Il report delle Nazioni Unite si basa su più di 600 interviste a lavoratrici migranti, provenienti da: Bangladesh, Pakistan, Filippine e Sri Lanka. I paesi di destinazione sono: Bahrein, Libano e gli Emirati Arabi.
Secondo il rapporto "Hiv vulnerabilità delle donne migranti: dall'Asia verso gli Stati arabi": «L'attuale crisi economica mondiale e la crescente disoccupazione, producono l'effetto di indebolire la posizione contrattuale delle lavoratrici migranti».
«Nei casi in cui la domanda di lavoro diminuisce, i soggetti più a rischio sono i lavoratori migranti temporanei, in particolare quelli non in possesso di documenti. Pertanto, i migranti, pur di mantenere il loro posto di lavoro, sono disposti ad accettare qualsiasi condizione», Renaud Meyer, direttore Undp nelle Filippine.
«La combinazione di salari bassi ed elevate tasse da pagare alle agenzie d'impiego - continua Meyer- spinge le lavoratrici migranti nelle trappole del debito, che può a sua volta condurre allo sfruttamento sessuale e a una maggiore vulnerabilità al virus dell'Hiv».
La relazione ha osservato che, il 70- 80% degli immigrati provenienti dallo Sri Lanka, Filippine e diretti verso gli Stati arabi, sono donne. Per la maggior parte delle lavoratrici migranti, il settore occupazionale è quello domestico.
Il lavoro delle migranti apporta benefici non solo ai paesi d'accoglienza ma anche ai paesi di emigrazione. Nel 2007, le rimesse dei lavoratori- provenienti dallo Sri Lanka- ammontavano a 3 miliardi di dollari.
In molti casi, inoltre, queste donne, si indebitano ancor prima di lasciare la loro terra, a cause delle alte tasse imposte dalle agenzie di assunzione del personale. Lo studio rivela anche che, tra le migranti, vi è una bassa consapevolezza sul problema dell'Hiv/Aids e della relativa prevenzione. In Sri Lanka, oltre il 50% delle donne, crede ancora che l'Hiv possa essere trasmessa dalle zanzare; il 25% non è a conoscenza del fatto che i preservativi prevengono il contagio di infezioni a trasmissione sessuale; l'88% delle donne pakistane non ha accesso a informazioni sull'Hiv.
Le migranti si accorgono di essere state contagiate in seguito a degli accertamenti sanitari necessari per il rinnovo del contratto. Gli accertamenti sono obbligatori e vengono effettuati ogni due anni.
Malu Marin, direttore della sede di "Action for Health Iniziative" di Manila - organizzazione no-profit che attua programmi di ricerca/azione sulla mobilità e salute dei lavoratori migranti-, spiega che: « Una volta identificate come sieropositive, il datore di lavoro viene informato. Le donne vengono trasferite in un centro di detenzione, in ospedale, fino alla loro partenza. Non sono autorizzate ad uscire dal centro e sono espulse senza la possibilità di preparare i loro bagagli o addirittura senza ottenere le retribuzioni dovute. Queste donne, una volta espulse, non potranno tornare a lavorare in questi paesi».
Ajay Chibber, direttore regionale Undp Asia, precisa che: «Tornate nei loro paesi d'origine, le donne espulse, non riescono a trovare un lavoro. Affrontano la discriminazione e l'isolamento sociale».
Secondo la relazione delle Nazioni Unite, in assenza di programmi di reinserimento, «la deportazione di lavoratori sieropositivi, risulta devastante per la salute, il benessere e il tenore di vita dei migranti e delle loro famiglie. La prospettiva di non poter più lavorare all'estero, le espone al rischio della tratta».
Lo studio, condotto dalle Nazioni Unite, nasce anche sulla spinta delle preoccupazioni espresse dal Pakistan, nel corso dell'assemblea annuale dell'Organizzazione Mondiale della Sanità (Oms), tenutasi nel 2007 a Ginevra. Nel corso di tale riunione, il Pakistan sollevò la questione dei lavoratori migranti deportati, dopo aver contratto il virus dell'Hiv.
Il report si conclude con delle raccomandazione che l'Onu rivolge sia ai paesi ospitanti che ai paesi di emigrazione, sollecitandoli ad intraprendere iniziative volte a promuovere una "migrazione sicura e informata". Le Nazioni Unite invitano, inoltre, i paesi del Medio Oriente a ratificare la convenzione 181 dell'Oil (Organizzazione Internazionale del Lavoro), che controlla e regolamenta le agenzie d'impiego private, indicando chiaramente che: le attività di intermediazione privata non devono comportare oneri economici per il lavoratore.


Liberazione 24/03/2009, pag 13

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