venerdì 11 febbraio 2011

Il romanzo del Cairo, autobiografia dell'inquietudine araba

La storia e la vita quotidiana di una delle più grandi metropoli del mondo nelle pagine della letteratura egiziana
Guido Caldiron
Una metropoli, mille città. Quindici milioni di abitanti, considerando la sua sterminata area metropolitana che si estende per più di duecento chilometri quadrati, di cui otto che vivono nella città storica, il Cairo è una di quelle "città-mondo" capaci di contenere un intero universo culturale e sociale. Non solo la capitale dell'Egitto, ma la più grande metropoli del Medio Oriente e dell'intero continente africano, capace di descrivere come in una fotografia grandezza e contraddizioni di una parte del mondo: dalle Piramidi ai quartieri in stile parigino costruiti nell'Ottocento, dal centro medievale fatto di bazar e vicoli alle zone residenziali e esclusive costruite sulle isole del Nilo, dagli edifici ufficiali, ispirati all'architettura sovietica, realizzati durante la stagione del socialismo arabo di Nasser alle bidonville sorte quasi spontaneamente negli ultimi decenni ai margini della periferia urbana e alimentate dalle costanti emigrazioni dalle zone rurali del paese. Una metropoli che non ha mai cessato di raccontarsi e di raccontare per questa via la storia e la vita dell'Egitto, dapprima attraverso lo sguardo dei viaggiatori e dei colonizzatori europei e quindi diventando la capitale culturale del mondo arabo: nella letteratura come nel cinema e nella musica. Un viaggio a ritroso in questa sorta di narrativa urbana non può perciò che partire dalla stagione coloniale per ricondurci, necessariamente, in quella Piazza Tahrir, dove si gioca in questi giorni il futuro dell'Egitto e dell'intero mondo arabo.
Come raccontava l'intellettuale palestinese Edward W. Said nel suo celebre studio sull'"immagine europea dell'Oriente", Orientalismo (Feltrinelli, 2001), la città del Cairo ha contribuito infatti non poco a definire la geografia dello sguardo dell'Europa su quello che un tempo si chiamava "l'Oriente vicino". Dalle opere di Gérard de Nerval a quelle di Walter Scott fino all'effetto che la sua visione ebbe sul politico britannico Benjamin Disraeli a metà dell'Ottocento: «Gli occhi e la mente ancora mi dolgono a causa di una grandiosità così lontana dalla nostra consueta scala». Già prima di allora l'Egitto aveva però incontrato la cultura europea attraverso le sembianze dell'armata francese, forte di oltre 40mila uomini e guidata dallo stesso Napoleone, che aveva invaso il paese alla fine del 1700. All'epoca, lo sguardo era quello della Francia illuminista, portatrice di civiltà nelle terre dell'Islam. Per questo Vivant Denon, lo scrittore e archeologo che partecipava da "embedded" alla spedizione poteva arrivare a scrivere (in Bonaparte in Egitto, Manifestolibri, 2001), non senza ostentare un certo disprezzo: «Ero al Cairo già da quasi un mese, e andavo ancora cercando questa città superba, questa città santa, grande tra le grandi, questa delizia del pensiero, dove il fasto e l'opulenza fanno sorridere il profeta; poiché è così che ne parlano gli Orientali».
Un secolo più tardi sarebbe toccato agli inglesi, che prendevano così il posto degli Ottomani, di estendere i confini del loro impero all'Egitto. E nel 1919 una rivoluzione democratica, scoppiata dopo l'esilio forzato di un esponente del movimento nazionalista, chiese per la prima volta l'indipendenza del paese e che fosse promulgata una Costituzione. Le strade del Cairo, come accade in questi giorni, fecero da scenario agli eventi. Nagib Mahfuz, lo scrittore egiziano più noto a livello internazionale, Premio Nobel per la letteratura nel 1988 è scomparso nel 2006, ha celebrato quelle giornate in uno dei suoi libri più famosi, Il nostro quartiere (Feltrinelli, 1989), dove racconta la sua infanzia nella zona del bazar di Khan el Khalili, nel cuore medievale della città fatto di vicoli e di mercati. «Che cosa è successo al nostro mondo? E' stato distrutto da un uragano? E stato sconvolto da un terremoto? E' stato arso da un incendio? Grida sembrano erompere dagli abissi della terra... La piazza è gremita di gente, come mai prima, le urla assordanti fanno vibrare i muri del nostro quartiere; la gente chiede aiuto, minaccia a pugni chiusi, anche le donne si accalcano sui carri e contribuiscono alla follia generale (...) Le bandiere sventolano sui tetti dei negozi, e ritratti di Saad Zaghlul vengono appesi ai muri, l'imam della moschea appare in cima al minareto mentre la gente sotto di lui continua a urlare e ad agitarsi».
All'nizio degli anni Cinquanta è in nome del panarabismo e della liberazione nazionale che un gruppo di ufficiali depone Re Farouk I è dà il via a una nuova pagina della storia del paese. Ancora una volta lo scenario del Cairo fa da sfondo a quanto sta avvendendo. Sélim Nassib, in Ti ho amata per la tua voce (Edizione E/O, 1996), fissa in un'immagine quella svolta storica: «Come ogni estate, coloro che regnano e governano avevano fuggito la calura per stabilirsi ad Alessandria, la seconda capitale (...) Per due mesi, il Cairo veniva lasciata ai suoi abitanti, sconosciuti, veri, milioni. Per un po' la città gli apparteneva e il caldo dava anche a loro un'illusione di vacanza. Ero solo, la città era sola (...) Il sapore sempre uguale del tè all'alba, sul balcone, l'aria ancora carica della relativa freschezza della notte, la radio in sordina, non volevo altro. La radio. Musica militare alla radio. Comunicato numero uno. "Gli ufficiali hanno preso il potere senza spargimento di sangue né di violenza nel corso di questa notte, 23 luglio 1952. La rivoluzione controlla il Palazzo, la sede della radio e del governo, il quartiere generale delle forze armate. O figli del nostro coraggioso popolo..."».
Alla modernizzazione politica seguirà quella sociale e economica che trasformeranno anche il volto della metropoli egiziana. Come descrive lo scrittore Gamal Ghitani, classe 1945, nella raccolta di "racconti egiziani" Schegge di fuoco (Jouvence, 2005) con cui ha vinto nel 2006 il Premio Grinzane Cavour per la narrativa straniera. «Quel giorno era festa. Le strade semideserte della città avevano riacquistato l'aspetto di un tempo, da via della Stampa a Madinat Nasr (...) - scrive Ghitani in "Scorta" - Pensò a com'era la città negli anni Cinquanta, quando per strada circolavano poche macchine, il venerdì le persone si incontravano agli angoli delle strade per chiacchierare e gli ingressi delle case infondevano una tranquillità familiare. Richiamò alla mente attimi antichi mentre guardava fisso le punte dei rami degli alberi. Ebbe un sussulto. Madinat Nasr, un quartiere moderno del Cairo, dove si era trasferito da solo due anni, si estendeva ormai per decine di chilometri; trent'anni prima era un'immensa zona disabitata». Ma, nell'era di Nasser - che aprirà la strada ai successivi regimi di Sadat e Mubarak - la società egiziana comincera a conoscere anche la stretta della censura e della repressione. Ala Al Aswani, lo scrittore che ha preso, in Egitto e nel mondo, il posto un tempo occupato da Mahfuz, ha reso questa deriva in un romanzo che fa della storia di un edificio la metafora di un intero cambio d'epoca: Palazzo Yacoubian, pubblicato da Feltrinelli nel 2006. «Nell'anno 1934 il milionario Hagub Yacoubian, a quei tempi decano della colonia armena in Egitto - scrive Al Aswani -, decise di costruire un edificio che portasse il suo nome (...). Palazzo Yacoubian ospitò il fior fiore della società dell'epoca (...). Nel 1952 scoppiò la rivoluzione e tutto cambiò. Cominciò l'esodo degli ebrei e degli stranieri e gli appartamenti abbandonati furono requisiti dai generali, che allora rappresentavano l'autorità (...). Poi arrivò il liberismo degli anni '60 e i ricchi cominciarono ad abbandonare il centro della città per andare a vivere a Mohandisin o a Medinet Nasr...». La città e l'Egitto si stavano trasformando.
Oggi, questa trasformazione, ha trovato un simbolo nei tassì e nel traffico caotico che strangola la metropoli egiziana, moderna, a tratti opulenta, ma ancora profondamente povera e senza libertà. Khaled Al Khamissi, classe 1962, è stato a lungo giornalista prima di dedicarsi alla letteratura. Con Taxi. Le strade del Cairo si raccontano, pubblicato nel 2008 nella collana Altriarabi dell'Editrice Sirente, ha costruito una sorta di fotografia dell'Egitto di oggi attraverso i ritratti degli autisti che «detengono un'ampia conoscenza della società, perché la vivono concretamente sulla strada».


Liberazione 10/02/2011, pag 12

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