giovedì 10 febbraio 2011

Ricetta Alemanno: ancora lager Dopo averci buttato 30 milioni

Sindaco e prefetto della capitale invocano poteri che hanno già avuto da Stato e Regione e hanno speso: male
Daniele Nalbone
Poteri straordinari e nuovi finanziamenti per il Piano nomadi. Queste le richieste che il prefetto di Roma, Giuseppe Pecoraro, e il sindaco, Gianni Alemanno, hanno presentato in una lettera congiunta al ministro dell'Interno e al presidente del Consiglio per far fronte all'emergenza rom. Ma perché questo sia possibile, è necessario che dalla Presidenza del consiglio dei ministri questa emergenza venga dichiarata … nuovamente. Perché ciò che, dopo la tragedia di Tor Fiscale, le due autorità preposte alla sicurezza cittadina vanno chiedendo al Governo altro non è che quanto hanno avuto a disposizione fino al 31 gennaio 2010. Poteri straordinari e ingenti finanziamenti. Per l'esattezza, 30 milioni di euro solo per il 2010 che sono serviti a mettere in moto il tanto discusso Piano nomadi, un "mostro" che, come denunciano diverse associazioni che si occupano di tutela dei diritti umani, è stato un vero e proprio fallimento. Un fallimento determinato però, secondo il sindaco Alemanno, «dalla burocrazia, dai lacci e lacciuoli della legge». Esplicito il riferimento al ricorso al Tar da parte del Comune di Ciampino per bloccare i lavori di ampliamento del campo de La Barbuta. Ecco perché a stanziamenti straordinari è necessario abbinare poteri straordinari, ad esempio, come ha chiaramente specificato ieri il prefetto Pecoraro «per evitare la conferenza dei servizi e partire così con i lavori per un nuovo campo nomadi già in settimana». Eccola la soluzione alla cosiddetta "emergenza rom": nuovi campi nomadi, da riempire mediante sgomberi dei campi abusivi. Campi come soluzione ai campi. «È incredibile come, a un anno e mezzo dall'avvio del Piano nomadi che avrebbe dovuto chiudere cento campi abusivi e creare 13 villaggi della solidarietà, il sindaco di Roma neghi il fallimento del piano stesso dando colpa di ciò alla burocrazia». A parlare è il sindaco di Ciampino Walter Perandini, il "colpevole" indicato da Alemanno per la mancata "deportazione" degli abitanti dell'insediamento abusivo di Tor Fiscale a causa di un ricorso al Tar dopo i dinieghi del Comune e del Prefetto di Roma alla richiesta di accesso agli atti amministrativi sull'ampliamento del campo. «Non accettiamo che la morte di 4 bimbi possa essere strumentalizzata per giustificare i ritardi e gli errori del Piano Nomadi che, anziché cercare l'integrazione delle popolazioni rom, mette in piedi un'idea di sicurezza che si è dimostrata finora solo quella di chiuderli in dei lager ai margini della città. Se finora il raddoppio del campo con la costruzione del nuovo maxi ghetto non è stata possibile è perché non ci può essere integrazione costringendo i rom ad abitare in un area abusiva appena fuori dal Gra, di fronte la pista di decollo e atterraggio dell'Aeroporto e sopra una falda acquifera». Ecco a cosa porterà il tanto pubblicizzato Piano nomadi: creazione di 13 lager ai margini della città in cui rinchiudere un massimo di 6mila nomadi a fronte dei 7200 censiti presenti sul territorio romano. Peccato che, come hanno denunciato diverse associazioni, dall'Arci ad Amnesty International passando per il Coordinamento nazionale comunità d'accoglienza (Cnca), l'Associazione 21 Luglio e Popica onlus, fino ad oggi Alemanno e Pecoraro abbiano utilizzato i 30 milioni ricevuti da Governo e Regione per ammucchiare famiglie nei pochi campi "ufficiali". Per questo, condannando il Piano nomadi, Amnesty International ha chiesto «che la risposta alla tragedia di Tor Fiscale non sia un nuovo ricorso a sgomberi forzati che, oltre vietati dal diritto internazionale come misura deterrente nei confronti della presenza di cittadini stranieri sul territorio, esporrebbero le persone colpite a ulteriori abusi». Ed è proprio Amnesty International, ieri, a ricordare che l'unica forma di prevenzione per simili tragedie passa attraverso «politiche che assicurino alle migliaia di rom che vivono in Italia il diritto a un alloggio adeguato e l'accessibilità ai servizi». Ed è proprio per questi motivi, l'assenza di alloggi dignitosi e l'impossibilità di accedere ai servizi, che lo scorso 29 gennaio la comunità rom-kosovara del Camping River, uno dei campi "ufficiali" del Piano nomadi, ha deciso di abbandonare l'insediamento per occupare, in zona Tor Cervara, un palazzo mai completato e in disuso da anni. «La scelta di abbandonare il "villaggio della solidarietà" del Comune di Roma in cui avevamo accettato di trasferirci, uscendo così dal campo abusivo del Casilino 900» ci racconta Bayram Rasimi, fino al 29 gennaio presidente del Coordinamento rom di Roma «è dovuta al fallimento della politica dei campi nomadi attrezzati, inaccettabili e invivibili ghetti etnici. Ci promisero un'abitazione confortevole, un luogo sicuro in cui vivere, la possibilità di accedere ai servizi» ci racconta Bayram Rasimi «e io, in qualità di presidente del Coordinamento rom di Roma, mi feci portavoce di queste promesse con la mia comunità». Ma ora, a un anno di distanza, «dopo averci confinato in container di 20mq, lontano da tutto, in camping invivibili, senza la minima assistenza e il minimo servizio, non ho potuto fare altro che chiedere scusa alla mia gente, dimettermi in rispetto alla nostra dignità, uscire da quel camping, lottare per ottenere una casa e così la possibilità di integrarci». In fondo «siamo rom, non nomadi. Chiediamo una casa».


Liberazione 08/02/2011, pag 3

Nessun commento: