giovedì 10 febbraio 2011

La primula cecena rivendica la strage di Domodedovo

Con un video l'islamista Umarov spiega: «Ho dato io l'ordine, colpiremo ancora»
Matteo Alviti
E' stato lui. La mente dietro l'attentato esplosivo all'aeroporto moscovita Domodedovo dello scorso 24 gennaio, in cui hanno perso la vita 36 persone, ha un nome e un volto. Mimetica, barba lunga da mujaheddin, capo coperto e dito puntato contro la Russia e l'occidente, Doku Umarov è il capo di un gruppo di ribelli ceceni che combattono per instaurare un califfato nelle repubbliche nordcaucasiche.
La paternità dell'attentato Umarov l'ha rivendicata con un video registrato il giorno dell'attacco ma pubblicato solo lunedì, a due settimane di distanza dall'attentato suicida. «Quell'operazione speciale è stata portata a termine per mio ordine», dice il terrorista nel filmato messo a disposizione dal sito web del Kavkaz Centre, il canale principale per le rivendicazioni dei gruppi ribelli. «Se dio vorrà, altre operazioni simili saranno organizzate nel prossimo futuro. Ci sono centinaia di fratelli pronti al sacrificio per dare forza alle parole di allah e sconfiggere i suoi nemici». Umarov ha minacciato massacri ancora più sanguinosi di quest'ultimi, con cui i terroristi ceceni hanno voluto vendicare i crimini del «regime razzista» del premier russo Putin nel Caucaso del nord. Venerdì della settimana scorsa, in un altro messaggio, Abu Usman - questo il nome di battaglia di Umarov - aveva minacciato i russi con un 2011 di «lacrime e sangue»: «Sarà meglio che pensiate bene a quello che farete», aveva concluso il terrorista invocando un ritiro dei russi dalle zone contese.
«Ho voluto mostrare ancora una volta al regime di Putin che possiamo portare avanti operazioni simili come e quando vogliamo», ha detto Umarov. Che ha condannato poi anche «i regimi cristiani e sionisti guidati dall'America e da Israele». Ma il Cremlino per parte sua ha più volte ribadito che lasciare il Caucaso, o anche solo trattare con quelli che considera terroristi, sono opzioni impraticabili.
Dato per morto in diverse occasioni, Umarov è uno dei bersagli più importanti delle forze speciali russe. Sono quasi due decenni che i migliori uomini del Cremlino sono sulle sue tracce, tra le valli e le montagne del Caucaso. Ed erano mesi che il ceceno non faceva sentire la sua voce. Già l'anno scorso Umarov aveva rivendicato in un video simile l'attentato alla metro della capitale russa, che aveva provocato quaranta morti e decine di feriti. Ed è accreditato anche come autore dell'attentato al treno Mosca-San Pietroburgo, che nel 2009 ha ucciso ventisei passeggeri.
Il ruolo di Umarov all'interno della galassia del ribellismo ceceno è controverso, come lascia intendere la smentita delle voci che avevano parlato di un suo ritiro, l'anno scorso. Abu Usman sarebbe uno dei leader dell'autoproclamato Emirato del Caucaso. In passato, tra il 1996 e il 1999, nella pausa tra le due guerre cecene, aveva ricoperto il ruolo di ministro della sicurezza nel governo dei separatisti ceceni. E oggi è comunque uno dei pochi leader riconosciuti della rivolta caucasica. Umarov era conosciuto anche come sodale di Shamil Basayev, il terrorista tristemente noto anche per aver organizzato l'attacco alla scuola di Beslan, in cui persero la vita più di 330 persone, in gran parte bambini. Dopo la morte di Basayev, nel 2006, Umarov avrebbe preso il suo posto tra i ribelli.
L'attacco dello scorso gennaio agli arrivi internazionali dell'aeroporto moscovita Domodedovo era stato condotto - secondo fonti non ancora confermate ufficialmente - da Magomed Yevloyev, un ventenne figlio di un insegnante e di un autista di autobus, originario di una delle repubbliche caucasiche, l'Inguscezia. Dalle brutali e fallimentari guerre cecene del passato, la situazione nel caucaso è andata peggiorando: negli ultimi anni la grave instabilità cecena ha contagiato le regioni vicine, soprattutto il Daghestan e l'Inguscezia, appunto.
Le autorità ritengono che Yevloyev sia uno dei due uomini seduti a destra e sinistra di Umarov nel video postato due giorni fa. Il giovane, chiamato Seifullah, di lì a poche ore si sarebbe ucciso portandosi dietro 36 persone, tra cui almeno sette stranieri.


Liberazione 09/02/2011, pag 7

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