lunedì 9 agosto 2010

«I militari in Niger? Per adesso sono una speranza»

Silvia Koch
Della transizione nigerina abbiamo parlato con Marou Amadou, leader del movimento di Ong per la difesa della democrazia e presidente del Consiglio Consultivo della transizione. «Noi non parliamo di colpo di Stato, dal momento che per noi il colpo di Stato c'era stato quando Mamadou Tandja ha assunto "poteri eccezionali". L'intervento dei militari del 18 febbraio è stato accolto con sollievo dalla
popolazione, che lo ha percepito come una svolta decisiva. Una liberazione contro un sistema autoritario. Del resto, è la gente che ha preso il potere nel Paese; Il
Consiglio Supremo - che oggi è alla guida del potere - ha l'unico scopo di riportare l'ordine costituzionale nei limiti prestabiliti di dodici mesi, nella stesura dei testi di legge fondamentali e nella creazione di istituzioni aperte, consensuali e credibili che offriranno al Niger un quadro di libertà pubbliche, individuali e collettive.

Quali sono gli organi di questa transizione democratica?
Accanto al Consiglio Supremo per la restaurazione della democrazia, troviamo un Governo di transizione e un Consiglio Consultivo, con il compito di insediare l'Assemblea
Nazionale. C'è poi un Osservatorio della Comunicazione, incaricato di assicurare la libertà di stampa; un Consiglio Costituzionale, con il compito di garantire la regolarità del voto previsto nel 2011; una Commissione di Lotta contro i Reati in materia economica, finanziaria e fiscale e un'Alta Autorità per la Riconciliazione. È prevista per i prossimi giorni, infine, la creazione di un Osservatorio Nazionale dei Diritti dell'uomo.

Una legge stabilisce che i membri degli Organi della transizione non potranno candidarsi alle prossime elezioni..
Esatto. Questa misura è
finalizzata a rendere ineleggibili alle future sessioni elettorali tutti i membri del Consiglio Supremo, i membri del Governo di transizione e l'insieme del personale interno alle forze di difesa e di sicurezza.

La società civile si può definire compatta, nell'abbracciare questa transizione democratica?
Un'eclatante maggioranza, potremmo dire il 95% della opolazione, era contraria alle misure antidemocratiche prese da Tandja nel corso del 2009. Va detto che un gruppo molto ridotto di attori della società civile lo ha sostenuto. Ma si tratta di elementi davvero residuali e non rappresentativi. La prova è che al Referendum e del 4 agosto - con il quale è stata varata la Costituzione
voluta da Tandja - meno del 5 % degli aventi diritto al voto si è recato alle urne.

Qual'è stato il ruolo della Francia e qual'è la posizione di Sarkozy?
All'inizio i rapporti della Francia con Tandja sono stati ambigui. Il comportamento del Presidente Nicolas Sarkozy - in occasione della visita in Niger del 27 marzo 2009 - è risultato poco chiaro. Ma nei mesi successivi l'Eliseo ha espresso chiaramente disapprovazione per le iniziative
di Tandja e nel luglio 2009 lo stesso ambasciatore francese si è detto preoccupato per la deriva antidemocratica. In generale, possiamo affermare che anche l'Ue, gli Stati Uniti e il Canada si sono unanimemente opposti. La maggior parte degli Stati e organismi politici
comunitari sostengono oggi il Niger nel suo progetto di transizione democratica. Voglio
sottolineare questo aspetto, in quanto il Niger ha bisogno dell'appoggio della comunità internazionale per ritrovare e costruire istituzioni credibili e democratiche.

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Sonia Drioli
Un colpo di stato, a febbraio del 2010, ha rovesciato Tandja e portato al potere una giunta militare, dalla quale si attendono ora rapidi passi verso una nuova democrazia. Nel frattempo la partita dell'uranio sembra potersi riaprire - tutti gli accordi presi dal precedente governo sono potenzialmente da rinegoziare. Il Niger è un Paese poverissimo e dipendente dagli aiuti esteri per più del 50 per cento del budget statale, ma allo stesso tempo è seduto su una ricchezza enorme, quella appunto dell'uranio - di cui è il terzo produttore al mondo, avviato a diventare il secondo entro il 2012. Ricchezza concentrata al Nord, e strettamente avvinta ad un conflitto - quello tuareg - che si gonfia e si sgonfia a seconda delle maree politico/economiche ma rende sempre la zona nord una terra di nessuno. Il Sud del Paese vive invece una vita politica e civile relativamente attiva, specialmente nella capitale Niamey.
Alternative è nata nel 1994 e oltre ad una radio molto ascoltata e un giornale, conduce iniziative di formazione alla cittadinanza, formazione di altri operatori radiofonici, realizza studi e analisi di budget dello stato. Ha un patrimonio di consulenti e giornalisti, riesce a coniugare l'attività di terreno e quella analitica mantenendo un buon grado di indipendenza dal governo e dai donatori internazionali. É quindi un interessante punto di riferimento per i giovani nigerini. In un Paese come il Niger la radio è il media fondamentale, per non dire l'unico realmente in grado di influenzare questa popolazione di 13 milioni di abitanti sparsi su un territorio grande quattro volte l'Italia, ma desertico per tre quarti.
In tempi recenti il Niger non è stato un campione di libertà mediatica: proprio mentre si preparava
il "colpo di mano" di Tandja si sono svolti progressivi giri di vite che hanno puntellato i mesi precedenti il maggio 2009. Dunia TV, vicina all'opposizione, è stata chiusa, ed alcuni giornalisti sono stati incarcerati. Uno scandalo politico - uno tra i tanti a essere piombati sul capo dell'ex braccio destro di Tandja, Hama Hamadou, divenuto in seguito suo potenziale avversario acerrimo nemico - ha riguardato proprio le modalità di utilizzo dei "fondi pubblici di sostegno alla stampa" e mirava forse, tra le altre cose, a minarne la credibilità di fronte all'opinione pubblica in un periodo in cui attraverso le radio sarebbe potuta passare, amplificata, la voce dell'opposizione.
Poche settimane prima del referendum del 4 agosto del 2009, la stretta finale: un decreto ad hoc aveva reso il Consiglio Superiore per le Comunicazioni, organo statale regolatore dei media, molto
più potente e ai limiti della censura mediatica, mentre nelle campagne imperversava un imponente passaparola pro Tandja. Il referendum aveva portato ad un risultato più che favorevole all'allora presidente Tandja, che con esso si riconfermava al potere oltre il dettato costituzionale. Diversi testimoni a Niamey avevano raccontato di manifesti che festeggiavano la vittoria del presidente esposti prima dello scrutinio delle schede referendarie - il giorno prima -, mentre i media locali si stringevano in un soffuso silenzio forzato. Ma a marzo 2010, poco dopo il colpo di stato di febbraio che ha deposto Tandja, si sono riuniti gli Stati Generali della stampa. E la musica è cambiata. Un arrêté (decisione amministrativa) dell'8 giugno ha ripristinato il preesistente obbligo di versare una somma di denaro al Ministero della Comunicazione locale per potere entrare nel paese a scopo di reportage, ma è stato abrogato a tempo di record sotto un coro di proteste. I delitti a mezzo stampa sono stati depenalizzati proprio all'inizio di giugno, riprendendo un progetto di legge che si era incagliato nelle spire del 2009: la stampa locale respira un clima positivo e gode di questa depenalizzazione di cui è facile immaginare la portata, almeno teorica.
Niente più prigione, solo multe ai giornalisti giudicati colpevoli di reati come la diffamazione, l'ingiuria o la diffusione di false notizie. Restano esclusi i reati a mezzo stampa legati all'incitazioneall'odio razziale, che ricadrebbero tuttora nel penale. La nuova Costituzione è in cantiere e attesa per la fine di ottobre, quando sarà sottoposta a referendum e darà l'avvio ufficiale alla nuova fase democratica. Sempre che il destino di un popolo africano si scriva sulla carta.

Liberazione 05/08/2010, pag 7

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