sabato 21 agosto 2010

Pechino oscura Tokio: è la 2° economia mondiale

Nel secondo trimestre il sorpasso: il Pil della Cina è salito a 1.336,9 miliardi contro gli 1.288,3 del Giappone

Simonetta Cossu
Era previsto e alla fine è accaduto. La Cina è ufficialmente la seconda economia del mondo, superata solo dagli Stati Uniti, seguita dal Giappone che perde il secondo gradino del podio dopo oltre 30 anni. Il sorpasso di Pechino è avvenuto nel secondo trimestre (aprile-giugno). Lo dicono i dati diffusi da Tokyo secondo cui il pil nipponico semestrale è stato pari a 2.578 miliardi di dollari, contro i 2.532 miliardi di Pechino. Ma nel secondo trimestre, il pil cinese ha toccato quota 1.336 miliardi, contro i 1.288 miliardi del Giappone.
«Si tratterebbe di un risultato storico, una pietra miliare: è impressionante il fatto che la Cina sia riuscita a mantenere elevati tassi di crescita anche quando molti paesi si trovavano ad affrontare tempi duri», ha osservato Bruce Kasman, capo economista di JPMorgan Chase. Una volta che i dati definitivi per il 2010 saranno diffusi, «molti economisti si attendono che la Cina sorpassi il Giappone come seconda economia al mondo. Il gap fra i 5.000 miliardi di dollari dell'economia cinese e i quasi 15.000 miliardi di dollari di quella americana resta ampio, e anche mantenendo gli attuali tassi di crescita - spiega ancora il Wall Street Journal che ha per primo registrato la notizia - ci vorranno almeno dieci anni o più per Pechino per raggiungere gli Stati Uniti». Altri osservatori, come il New York Times, stimano che il sorpasso non avverrà prima del 2030.
Circa 10 anni fa la Cina era la settima economia al mondo: poi ha superato tutte le grandi economie europee e nel 2007 anche la Germania, salendo al terzo posto nella classifica delle superpotenze economiche. Ora, dopo il soprasso al Giappone, la rincorsa agli Stati Uniti. «Da anni la gente sa che l'economia cinese cresce ad alti ritmi e si aspetta che diventi fisicamente più estesa rispetto a quella giapponese, quindi non è una sorpresa» ha detto Robert Feldman, capo economista di Morgan Stanely Securities. «Il punto è capire se questo sarà la causa scatenante di un cambio di rotta politico in Giappone» ha osservato, aggiungendo tuttavia che nel breve periodo il dibattito politico nazionale sarà incentrato sulla difficoltà che il primo ministro Naoto Kan sta incontrando in parlamento e sulla possibilità che la sua leadership venga messa in discussione dal suo stesso partito. «Sarà uno strumento nel dibattito politico, ma non sarà l'essenza del dibattito, che si concentrerà sulla volontà di intraprendere una strategia che colpisca gli interessi acquisiti ma che possa aiutare la ripartenza dell'economia» ha detto Feldman.
I vertici dell'autorità di vigilanza valutaria cinese avevano già dichiarato lo scorso 30 luglio che Pechino aveva surclassato Tokyo al secondo posto della classifica delle economie mondiali.
Un brusco risveglio per il Giappone che solo nel 1980 era considerata una economia in crescita esponenziale e che, stando a quanto si scriveva allora, insidiava il gigante americano. Oggi dopo un decennio di stagnazione e una popolazione più anziana il Giappone si trova a dover far fronte ad una Cina alle prese con una urbanizzazione ancora allo stato embrionale e una popolazione con bassi tenori di vita dove lo spazio di crescita è enorme. Basti dire che il prodotto interno lordo pro-capite cinese, pari a 3.800 dollari annui, è ancora di molto inferiore rispetto a quello nipponico o americano (che è di 46 mila dollari), ma l'ascesa economica cinese si sta gradualmente traducendo in una maggiore centralità sulla scena mondiale, mentre l'influenza giapponese si sta affievolendo.
La notizia del sorpasso è quindi una naturale conseguenza di quanto ha messo in moto solo pochi decenni fa la svolta di Deng. Pechino oggi è senza alcun dubbio uno dei perni centrali della crescita globale che si è andata materializzando nei diversi accordi politici e commerciale che la Cina ha messo in atto in Asia, Africa e Sud America.
E che Pechino stia cambiando decisamente il suo profilo sia economico che geopolitico è la notizia che Pechino ha ridotto ai livelli minimi dell'ultimo anno il possesso di titoli di Stato Usa. A giugno il governo cinese, ha confermato il Tesoro Usa, ha ridotto a 843,7 miliardi di dollari i Treasury bond posseduti, livello minimo dal giugno 2009. Un segnale di una futura prossima mossa già fatta balenare: quella di eliminare il dollaro come unica moneta di riferimento per le riseve monetarie.
E così mentre Usa ed Europa stanno lottando per uscire dalla più grave crisi economica degli ultimi decenni, Pechino continua la sua scalata invenstendo pesantemente in infrastrutture e promuovendo un pacchetto di stimoli di 586 miliardi di dollari. Quest'anno la crescita dovrebbe arrivare al 10%, mentre per il 2011 si prospetta un rallentamento, ma sempre segnando un più 8%. Questi dato dopo che per negli ultimi anni ha fato registrate crescite in doppia figura. Ora la vera sfida cinese è rendere la sua economia meno dipendente dalle esportazioni e far crescere il consumo interno. A pari passo si dovrà confrontare con una maggiore conflitualità sociale che determinerà se "il capitalismo alla cinese" sia una nuova strada a cui ispirarsi o semplicemente una replica di una storia già vista.
Un'altra economia emergente che sta scalando la classifica mondiale è il Brasile che si piazza all'ottavo posto tallonando l'Italia, che segue a breve distanza la Gran Bretagna. La Francia si piazza al quinto posto mentre la Germania è al quarto.
Come si dice siamo solo all'inizio di una nuova era dove la Cina detterà i tempi a se stessa ma non solo.

Liberazione 17/08/2010, pag 2

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