sabato 28 agosto 2010

Trockij. Diceva di ripartire dai bisogni, più attuale di così...

Cosa ci resta di lui? Ad esempio, il programma di transizione e la polemica contro il patriarcato

Antonio Moscato*
Non sorprende tanto che a settanta anni dalla morte Lev Trockij non sia stato dimenticato come la quasi totalità dei suoi nemici, quanto che si continui a cercare di sminuirlo riciclando vecchie calunnie e un po' di gossip, come ha fatto ad esempio Siegmund Ginzberg su La Repubblica, in anticipo di una settimana sull'anniversario della morte.
In tanti continuano a ripetere che "la sua inattualità è totale", ma non si capisce perché sentano ancora il bisogno di parlarne malissimo. Soprattutto in Russia, le stesse persone che in epoca sovietica avevano denunciato Trockij come "agente dell'imperialismo" lo accusano ora dell'opposto crimine di essere un rivoluzionario avventurista che avrebbe portato l'Urss e il mondo a una catastrofe…
Anche in Italia ci sono molti che ripetono che se fosse arrivato al potere avrebbe fatto peggio di Stalin o che comunque lo identificano con Stalin (ma la stessa sorte tocca a Lenin, un tempo osannato senza leggerlo, poi calunniato anche da gran parte della sinistra italiana).
Molti argomenti sono tratti dal vecchio armamentario staliniano: la ferocia nella repressione di Kronstadt, e l'odio verso i contadini. Due falsi clamorosi ripetuti incessantemente, perfino dagli anarchici. A Kronstadt Trockij non andò neppure per un giorno durante la rivolta della fortezza che minacciava direttamente Pietrogrado, anche se condivise con tutto il gruppo dirigente la responsabilità per la decisione, basata sulla convinzione di un collegamento tra gli insorti e le forze appena sconfitte dei Bianchi rifugiati all'estero. Non ho mai avuto dubbi che fosse una decisione sbagliata, anche se comprensibile nel clima di stato d'assedio creato con la guerra civile e gli interventi internazionali contro la giovane repubblica sovietica. Inaccettabile fu la fucilazione di molti insorti, che cominciò nei mesi successivi alla conquista della fortezza (che tra l'altro era costata più vittime agli assalitori che ai difensori). Ma quasi un secolo dopo si continua ad attribuire la repressione solo a Trockij, che non vi partecipò, con abbondanza di cifre inventate e particolari sulla sua crudeltà efferata.
Anche l'odio contro i contadini (che oggi diversi "storici" provenienti dal Pci attribuiscono a Lenin come a Trockij), deriva da una calunnia del grande sterminatore di contadini. E' diventato un luogo comune dire che Trockij avrebbe elaborato il progetto di collettivizzazione ripreso da Stalin, mentre si trattava di cose ben diverse. Nel 1923, di fronte alle differenziazioni sociali provocate dalla Nep, l'Opposizione di sinistra aveva proposto di orientare l'industria verso la produzione di beni necessari ai contadini, per invogliarli con incentivi materiali ad entrare in cooperative e fondare su basi solide e volontarie l'alleanza con la classe operaia. La collettivizzazione forzata invece fu inevitabilmente a mano armata, dato che nel 1929 i kulaki si erano molto rafforzati ed erano in grado di affamare di nuovo le città.
Che Stalin sentisse nel 1940 la necessità di inseguire Trockij per ucciderlo fino in Messico, dove era facilissimo controllarlo, conferma che temeva che, di fronte alla guerra, qualcuno dei dirigenti sovietici pensasse di richiamare il leggendario organizzatore dell'Armata Rossa. Il bilancio politico di Stalin era catastrofico, la collettivizzazione brutale non aveva eliminato ma aggravato la carestia, il rifiuto del fronte unico in Germania aveva aperto le porte a Hitler, e l'intervento in Spagna aveva indebolito con la repressione lo schieramento antifranchista; ma la situazione militare era ancora più allarmante. Il fallimento dell'invasione della Finlandia aveva dimostrato infatti che le purghe feroci avevano disorganizzato gravemente l'Armata Rossa.
Inoltre erano passati poco più di dieci anni dall'espulsione e dall'inizio delle peregrinazioni di Trockij in un difficile esilio, braccato e controllato dagli agenti staliniani e dai governi di destra o anche socialdemocratici, e il suo ricordo in Urss non poteva essersi sbiadito del tutto, nonostante le repressioni diventate sempre più feroci dopo l'assassinio di Kirov e i processi alla maggior parte dei dirigenti dell'Ottobre.
Trockij era stato uno dei protagonisti principali delle due rivoluzioni, ed anzi in quella del 1905 aveva avuto un ruolo superiore a quello dello stesso Lenin, grazie alla comprensione piena della funzione dei soviet, verso cui gran parte dei bolscevichi erano diffidenti. Lenin stesso ne tenne conto quando si riavvicinarono, e dichiarò (nel Comitato centrale dell'11 novembre 1917) che "da allora non c'è stato bolscevico migliore di lui.".
Trockij aveva giganteggiato nella giovane repubblica sovietica anche per la sua cultura, che nasceva, come per Lenin, da anni di studio, ma anche dalle straordinarie esperienze accumulate. Non a caso ebbe scambi con Gramsci, durante la sua permanenza a Mosca, sulla valutazione del fenomeno futurista nei due paesi, oltre che del fascismo. Inoltre si era impegnato a fondo a contrastare il permanere di vecchie concezioni patriarcali e maschiliste, con articoli sulla Pravda ed altri giornali sovietici, raccolti poi in un libro attualissimo: Rivoluzione e vita quotidiana.
A differenza di Stalin, era un grande oratore, ed era rimasto popolarissimo tra i giovani e tra i quadri dell'esercito che lo avevano visto tra loro giorno dopo giorno durante la lunga guerra civile, su quel treno blindato che aveva perfino una tipografia che stampava un quotidiano per i soldati e anche i versi di Esenin. Ma quando, in esilio, qualcuno gli chiese perché non aveva usato l'esercito per fermare Stalin, rispose inorridito che se lo avesse fatto avrebbe solo accelerato l'involuzione burocratica.
Trockij gode della fama di profeta, grazie al titolo della fortunata trilogia di Deutscher, ed effettivamente aveva previsto "controcorrente" moltissimi processi storici, dall'ascesa degli Stati Uniti, al riflusso dell'ondata rivoluzionaria al momento della crisi economica mondiale (mentre gli stalinisti lo accusavano di proporre l'attacco sempre e ovunque). Aveva soprattutto colto il significato dell'ascesa di Hitler, che non poteva che portare a una seconda guerra mondiale. Dopo Monaco, tra gli insulti del movimento comunista aveva previsto anche l'insensata alleanza di Stalin con Hitler (si veda l'intervista raccolta da Georges Simenon il 7 giugno del '33, ndr). Ma non era "un profeta", era solo uno dei pochi che continuava ad applicare un metodo materialista.
Contrariamente alle leggende denigratorie, non proponeva la rivoluzione ovunque e subito: la sua ultima elaborazione teneva conto delle sconfitte durissime provocate dalle direzioni staliniste e socialdemocratiche, e proponeva un "programma di transizione" per ripartire dai bisogni delle masse, centrato sulla proposta del Fronte Unico tra i partiti del proletariato, e basato su obiettivi semplici e chiari come la scala mobile dei salari e quella dell'orario, cioè sulla ridistribuzione del lavoro esistente tra tutti, un programma che ci serve ancora.
*antonio.moscato.altervista.org

Liberazione 21/08/2010

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