Colpo di spugna grazie alla legge ad personam
La Mondadori è salva. L'azienda di Marina Berlusconi pagherà soltanto il 5% della somma che avrebbe dovuto versare al fisco e questo grazie alla legge salva-Mondadori, approvata lo scorso marzo dopo un lungo braccio di ferro con i finiani che avrebbero voluto evitare l'ennesima norma ad personam.
Dei 173 milioni di euro evasi, e risalenti alla fusione tra Amef e Arnoldo Mondadori nel 1991, la società legata a doppio filo al presidente del consiglio dovrà sborsare soltanto 8,6 milioni. Chiudendo così la partita.
Tutto ciò è stato possibile seguendo alla lettera il decreto legge n. 40 dello scorso 25 marzo che consente di archiviare i processi tributari prima che questi arrivino in Cassazione, attraverso il pagamento del 5% della somma dovuta alle casse dello Stato. Soltanto, però, se le prime due sentenze sono state favorevoli per il contribuente. E questa, guarda caso, era la posizione della Mondadori.
Berlusconi ha dovuto penare non poco per arrivare alla definizione della legge salva-azienda (la sua): in tempi meno acidi di quelli correnti, Gianfranco Fini aveva puntat i piedi per cancellare la "definizione agevolata delle liti" dal pacchetto messo a punto dal ministro della Giustizia, Angelino Alfano, sul processo breve. Alla chetichella i berluscones avevano allora infilato la norma nella finanziaria 2010 in discussione alla fine dello scorso anno, tuttavia anche in quella occasione i finiani avevano costretto i colleghi di partito a sopprimere il codicillo.
Terzo e ultimo tentativo, andato a buon fine per gli interessi del premier: la salva-Mondadori fu allegata nel dl incentivi della scorsa primavera, e così approvata per il sommo gaudio del presidente del consiglio che ha potuto così anche evitare un confronto diretto col dicastero di Giulio Tremonti, convinto che la società avrebbe dovuto versare per intero i 173 milioni pendenti.
Sul capo della Mondadori pesa ancora, però, la lite processuale con la Cir di Carlo De Benedetti che pretende 750 milioni di risarcimento perché la società edtrice gli fu scippata attraverso la corruzione dei giudici (per la corruzione è stato condannato in via definitiva Cesare Previti).
Lo scorso ottobre la Mondadori è stata condannata dal tribunale civile di Milano, dal giudice Raimondo Mesiano, che poi fu pedinato dalle telecamere di "Mattino 5" e sbeffeggiato dal conduttore della trasmissione, Claudio Brachino, poi sospeso per due mesi dall'Ordine dei giornalisti.
750 milioni di euro sono una cifra enorme per la Mondadori, che nel 2009 ha dichiarato un utile di 34 milioni. Anche per questo Berlusconi ha voluto creare una seconda norma ad personam, camuffata questa volta nella manovra finanziaria appena approvata dal Parlamento, che permette di chiedere al giudice della Corte d'Appello - ovvero il giudice che sarà chiamato a esprimersi sulla questione Mondadori - il rinvio di sei mesi del processo «per l'espletamento del procedimento di mediazione».
Sul notevolissimo risparmio delle tasse dovute da Mondadori si scaglia l'Italia dei Valori con la voce del capogruppo al Senato: «Il problema è che a rimetterci è il Paese intero: basta pensare che con la sua "legge ad aziendam", la Mondadori ha risparmiato 164 milioni di euro, che non sono entrati nelle casse dello Stato e che quindi dovranno essere ripianati da tutti noi contribuenti onesti. Alla faccia di Tremonti e della sua caccia agli evasori fiscali».
E Giuseppe Giulietti, portavoce di Articolo 21, spera che i giornali dedicheranno alla vicenda lo stesso spazio dedicato al'appartamento monegasco attribuito alla famiglia di Gianfranco Fini.
Ora è certo che il gruppo dei finiani, distaccatisi dal Pdl, vorranno utilizzare il megasconto alla Mondadori per riparlare della questione morale all'interno della maggioranza.
Liberazione 12/08/2010, pag 2
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