venerdì 19 marzo 2010

Cambiano le coalizioni, i leader sono gli stessi

Martino Mazzonis
Non avrà vita facile Nouri al Maliki, l'uomo della quasi-provvidenza in Iraq, il primo dirigente politico del post-Saddam Hussein ad alzare un po' la voce con gli Stati Uniti e a rivitalizzare un discorso nazionale. A molti non piacciono il suo modo di governare, i metodi duri e soprattutto il suo l'aver dismesso i panni del paladino degli sciiti per indossare quelli del nazionalista iracheno. Una delle principali incognite delle prime elezioni irachene è proprio la capacità dell'attuale primo ministro di mantenere la maggioranza con un profilo non strettamente etnico. Quella di oggi è la prima elezione dall'invasione da parte della "coalizione dei volenterosi" in poi che elegge un Parlamento chiamato a governare il Paese con piena autorità. Certo, le truppe straniere ci sono ancora, ma ne periodo in cui il prossimo governo è chiamato a esercitare le sue funzioni, queste dovrebbero lasciare l'Iraq.
Il voto legislativo di oggi, a cui partecipano sei coalizioni principali, è dunque il più importante della breve storia post Saddam del Paese mesopotamico. I sunniti tornano al voto nonostante la commissione elettorale abbia espunto dalle loro liste molti candidati considerati ex-baathisti. Se si eccettua un ruolo crescente delle donne - c'è una quota costituzionale obbligatoria di elette del 25% - c'è da sottolineare la staticità del quadro politico iracheno: Maliki, Chalabi, Allawi, al Sadr, Talabani e Barzani sono tra i leader delle principali coalizioni, come lo sono stati nelle ultime due elezioni. Ciascun partito ha sue roccaforti geograficamente limitate.

Coalizione dello Stato di diritto
E il fronte guidato da Nuri al Maliki, e comprende il partito moderato di ispirazione sciita Daawa, alcuni politici cristiani indipendenti (che hanno una quota di cinque deputati come tutela) e leader tribali appartenenti a tutte le tre principali minoranze che abitano l'Iraq. La sua forza sta a Baghdad e Bassora. Maliki punta al superamento dei partiti confessionali e promette un governo centrale forte. In molti ci vedono un ritorno moderato ad una politica di sicurezza non esattamente in linea con gli standard democratici occidentali. Maliki viene attaccato dagli ex alleati religiosi sciiti che lo criticano per i toni aconfessionali e dai sunniti che ritengono abbia perseguito la de-baathificazione con troppa durezza. Il cittadino medio è invece critico per lo scarso livello di sicurezza. La promessa del pugno duro potrebbe piacere.

Alleanza nazionale irachena
L'altro fronte sciita, quello più religioso, guidato dall'ex premier Ibrahim al Jaafari ed ex dirigente del Daawa. Sostiene l'Alleanza l'altro grande partito dei seguaci di Alì: il Supremo consiglio islamico iracheno (Scii) capeggiata dalla famiglia al-Hakim (che come quella di Jaafari è discendente diretta del profeta). Quella di Jaafari è una coalizione di figli di leader: se a guidare lo Scii c'è il giovane Ammar al-Hakim, figlio di Abdul Aziz e nipote dell'ayatollah che fondò il movimento, tra gli alleati c'è anche l'imam radicale Moqtada al Sadr, figlio dell'ayatollah Sadeq e famoso per aver tenuto testa alle truppe Usa a Najaf con il suo esercito del Mahdi e per la rete di aiuto nelle periferie sciite di Baghdad. La coalizione è forte al Sud e nella popolosa Sadr city, a Baghdad.

L'alleanza curda
E' l'unione, ormai cementata, tra due partiti che si sono combattuti per anni sulle montagne del Kurdistan iracheno, il Partito democratico del Kurdistan (Pdk) di Massud Barzani e l'Unione Patriottica del Kurdistan dell'attuale presidente Jalal Talabani. I curdi chiedono autonomia, mantengono una milizia forte e abituata al controllo del territorio e litigano con il governo centrale sullo status di Kirkuk, secondo giacimento petrolifero del Paese nel quale Saddam spostò migliaia di sunniti. Oggi c'è tensione tra le minoranze con i profughi curdi che vogliono tornare nelle case dalle quali erano stati cacciati da Saddam.

Blocco iracheno
Guidato da un terzo ex premier, il primo del post Saddam, tornato dall'esilio e piazzato direttamente da Bush alla testa del governo di Baghdad. Iyad Allawi è uno dei maggiori avversari dell'attuale primo ministro, guida una coalizione mista della quale fanno parte anche diverse forze sunnite, ex baathiste e non. Tra i leader c'è anche il vice presidente sunnita Tareq al Hashimi. Gli esperti ritengono che sarà questo gruppo a raccogliere la maggior parte dei consensi tra la minoranza orfana di Saddam.

Iraq Unito
Coalizione che comprende tra gli altri i leader delle milizie anti al Qaeda sunnite e l'attuale ministro degli Interni Jawad Bolani. Sono possibili alleati di al-Maliki.

Leader tribali
Non sono un partito, ma vengono corteggiati da tutte le forze politiche. La loro influenza locale è enorme e in molti casi un alleanza con alcuni di questi può far guadagnare molti voti.

Liberazione 07/03/2010, pag 10

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