venerdì 19 marzo 2010

Falluja, record di neonati con malformazioni

La Bbc: impennata di casi nella zona teatro, nel 2004, degli scontri Usa-insorti

Sara Volandri
Impennata delle malformazioni congenite a Falluja, la città irachena segnata nel 2004 dai duri combattimenti tra truppe Usa e insorti: lo rivela un'inchiesta della Bbc, ma secondo l'esercito americano non ci sono dati ufficiali che documentino tale aumento. Secondo quanto riscontrato dall'emittente britannica, in un ospedale di Falluja un pediatra che è voluto restare anonimo, ha detto di vedere due o tre casi di malformazioni al giorno, soprattutto cardiache: un dato che se verificato porterebbe il computo totale a circa 1.000 casi l'anno.
I militari statunitensi sostengono che tale incremento non è verificato da resoconti ufficiali: «Non ci sono elementi che confermino una relazione tra ambiente e specifiche patologie», ha detto un responsabile sanitario dell'Esercito Usa, Michael Kilpatrick. La Bbc evidenzia che la popolazione locale addita l'incremento delle malformazioni al tipo di armi utilizzate nei combattimenti di sei anni fa. L'emittente riferisce che molti dottori si rifiutano di affrontare l'argomento perchè il governo di Baghdad non vuole «creare problemi agli americani». La Bbc ha visitato una famiglia con tre bambini, tutti affetti da paralisi o danni mentali. Un genitore ha poi condotto gli inviati dell'emittente nella propria casa: la figlia aveva sei dita sia alle mani che ai piedi ed era affetta da gravi patologie.
Intanto una raffica di attentati sta scandendo le ultime giornate prima del voto di domenica, quando diciannove milioni di iracheni saranno chiamati alle urne per eleggere il nuovo Parlamento: cinque kamikaze e una bomba hanno causato 45 morti e decine di feriti in ventiquattr'ore. A Baghdad, solo ieri gli attacchi sono stati tre, contro altrettanti seggi elettorali, dove avevano iniziato a votare militari e impiegati statali. I seggi sono infatti stati aperti già ieri mattina in tutto il Paese per consentire a oltre 945mila elettori, tra cui 850mila soldati e migliaia di detenuti e pazienti ospedalizzati di esprimere il proprio voto in anticipo. Ma anche in questa atmosfera, le elezioni saranno un test fondamentale per la democrazia irachena, in cui sarà decisivo «non tanto il comportamento dei vincitori, quanto quello di chi perderà», ha ammonito l'ambasciatore Usa a Baghdad Chris Hill. Fino a pochi mesi fa, il premier Nuri al Maliki e la sua Lista per lo Stato di diritto sembravano avviati verso un indiscutibile successo, in particolare sulla scia di un significativo miglioramento delle condizioni di sicurezza registrato negli ultimi due anni.
Ora non è più così, dopo una nuova ondata di violenza che ha fatto centinaia di morti. A contendere ad al Maliki la vittoria ci sono diverse liste, che vanno dalla «secolare e trasversale» al Iraqiya guidata dallo sciita Iyad Allawi, già premier nel 2005 e di cui fa parte anche il vice presidente sunnita Tareq al Hashimi; alla sciita Alleanza nazionale irachena in cui compaiono seguaci del leader radicale Moqtada Sadr, l'ex premier Ibrahim al Safari e l'ex 'beniaminò della Cia Ahmad Chalabi. C'è poi l'Alleanza curda, formata dai due storici partiti del Kurdistan autonomo, che questa volta dovrà però far fronte alla concorrenza "interna" dal partito Goran, (Cambiamento), che alle ultime regionali ha ottenuto un quarto dei voti.
In questo scenario, in molti prevedono che difficilmente uscirà un vero vincitore, e il dopo elezioni potrebbe essere pertanto caratterizzato da settimane, se non mesi, di trattative per concordare il nuovo capo del governo. Di fatto un perido di instabilità, in cui le potenze internazionali e regionali potrebbero vedere le loro aspettative in Iraq messe a rischio. A cominciare dagli Stati Uniti, che in particolare intendono completare entro agosto il ritiro delle loro forze da combattimento, circa cinquantamila soldati, per arrivare poi ad un ritiro totale dei restanti 50 mila entro il 2011.

Liberazione 05/03/2010, pag 6

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