domenica 14 marzo 2010

Poltrone in cravatta verde

Leghisti a caccia di cariche, doppie o triple non importa. La nuova casta del Carroccio

Maria R. Calderoni
Ce l'ha duro. Non si spezza né si piega nemmeno con gli "amici" del Pdl, suoi alleati nella compagine che guida la Provincia di cui lui è baldo presidente dal giugno 2009. «Che il Pdl torni nei ranghi». Che «la Beccalossi (Viviana Beccalossi, deputata nonché coordinatrice Pdl, ndr) la smetta di dire falsità su di me».
Daniele Molgora da Brescia. La sfuriata è nel bel mezzo di una conferenza stampa convocata, a tambur battente, addirittura di domenica mattina sotto capodanno 2009; e perentoriamente così conclusa, sempre rivolto agli alleati berlusconiani: «Avete fatto la pipì fuori dal vaso».
Daniele Molgora da Brescia, il deputato più "poltronato" d'Italia. Persino le Iene sono rimaste spiazzate: rincorrendo con un c... aggiuntivo gli onorevoli con due incarichi - per la serie "il c... è uno ma le poltrone sono due" - si sono trovati davanti a un tipo che di scranni ne ha non uno, non due, ma tre. Esemplare.
Un curriculum da nuova casta in cravatta verde. Lega Nord, deputato, sottosegretario al ministero dell'Economia e delle Finanze, presidente della Provincia di Brescia. Classe 1962, dottore commercialista, tessera leghista nel 1990, ragazzo di Bossi fedele nei secoli: nel '91 è consigliere al Comune di Brescia; nelle antiche stanze della Loggia ci resta fino al 1994; poi ancora dal 2003 al 2004, allorché trasloca al Broletto, dove si asside sotto forma di consigliere e poi di presidente. Occhiali sottili, «faccia sdegnosetta, veramente bresciana» (per dirla con Silvio Pellico), è tutto Lega e Palazzo. Da Brescia a Roma; nello stesso '91 viene eletto deputato; e anche lì resta ottimamente. XII, XIII, XIV, XVI legislatura. Anche "costola" dei governi Berlusconi, nei quali ricopre l'incarico di sottosegretario all'Economia nel 2001, 2006, 2008, e ancora ancora.
Un tipo impegnato. E' lui - insieme nientemeno che ai big-big Calderoli e Tremonti - a redigere la Legge sul federalismo fiscale (quel pasticciaccio brutto tutto da vedere...). Agenzia delle Entrate, lotta (?) all'evasione fiscale, cicaleccio su "introduzione di un sistema premiale per il contribuente totale dei Comuni virtuosi" (boh): è tutta robetta che lo vedono darsi da fare. Gran paladino anche del marchingegno detto impropriamente scudo fiscale, spiega in una intervista al Sole 24Ore che «i soldi bisogna andare a prenderli dove ci sono»; altro che criticare «questa operazione per i suoi presunti risvolti etici» (il corsivo è nostro).
Prendi i soldi e scappa. Scappa a Brescia, dove lo scranno della Provincia lo attende, desolatamente vuoto senza di lui. Molto sicuro di sé, deciso. Non accetta che qualcuno abbia da ridire sui suoi tripli incarichi; strapazza il povero Diego Peli del Pd, ma insieme pure la solita Beccalossi del Pdl: « Forse voi pensavate che qui ci sarebbe stato un presidente con la testa più a Roma che a Brescia?». Errore, ancora una volta avete fatto la pipì fuori dal vaso, «perché il presidente è presente, con progettualità e iniziative». Il presidente c'è e il suo unico difetto è di essere troppo bravo; lo dice lui stesso di sé medesimo, con un'altra stoccata "amica": «E' che il Pdl si è sentito superato nell'immagine. E' come se in una squadra di calcio i compagni, invidiosi perché uno di loro segna troppo, preferissero passare la palla agli avversari. Ma è un peccato smontare la squadra» (l'avvertimento è per il Pdl...).
Il Daniele Molgora che non fa una piega e risponde picche anche a chi, in Parlamento e fuori, gli chiede conto delle tre poltrone e dei tre stipendi: che sfrugugliate? «La legge me lo consente».
Prendi i soldi e scappa. Scappa a Brescia, questa calda preda. Espugnata, conquistata; in Loggia oggi siede infatti il nuovo sindaco Adriano Paroli, eletto nel 2008 con un bel 51,4 per cento, (il candidato del centrosinistra fermato al 35). Scrive il Corriere : «L'assedio del centrodestra al secondo municipio della Lombardia è durato esattamente quattordici anni. Dal '94 ad oggi il sindaco di Brescia era stato espressione dell'Ulivo, che proprio a Palazzo Loggia ebbe il suo debutto nazionale. Nei prossimi cinque anni il timone sarà invece nelle mani di Adriano Paroli, espressione di una giunta che riunisce Pdl ma anche l'Udc». Il neo sindaco tappezza la città con manifesti di una sola parola, "Grazie", e lancia il proclama :«E' ora di cambiare. Brescia si è rialzata!».
Anche lui classe 1962, avvocato, ex dc, poi subito Forza Italia, sposato, una figlia; anche lui subito consigliere comunale, poi consigliere provinciale (capogruppo Forza Italia). Anche lui subito deputato a partire dal 1996, qui nessun dorme. Seggio parlamentare mai più mollato, e tuttora perdurante; e non importa se contemporanemente lui è anche sindaco di una città di duecentomila anime.
Molgora e Paroli, i nuovi "forchettoni" che avanzano, schietti esempi dell'ultimo Carroccio "ammastellato". Il Carroccio che "osa" fare la voce grossa coi berlusconiani medesimi. Che sente aria di sorpasso elettorale e va giù, perentorio, vuole nomi posti poltrone, poche balle.
Infatti, Castelli se ne infischia se è viceministro, lui corre a sindaco di Lecco e lo ha già detto: se sarà eletto mica si dimetterà, ci mancherebbe. E il delfino Renzo - Renzo Bossi, e chi se no - correrà per un posto da consigliere alle prossime regionali. Lo ha deciso il consiglio federale della Lega - leggi papà Umberto -, essendo che il ragazzo adesso «non è più tanto "trota"», anzi ha superato ben due esami, è pronto e «ha tanta voglia di fare politica». Renzo che è candidato non già a Varese dove abita, bensì a Brescia, dove gli lascia il posticino la consigliera Monica Rizzi, che il suo posticino ce l'ha già anche lei garantito, dentro il «listino bloccato» del governatore Formigoni. E Andrea Gibelli, deputato leghista di Lodi, è anche lui in pista per lo scranno di vicepresidente della Lombardia, di già che c'è.
Lega di lotta e di poltrona. Nordest con centrodestra rampante in salsa leghista.
Brescia e dintorni. La Leonessa d'Italia, capoluogo della quinta area metropolitana del paese, dopo Milano, Roma, Napoli e Torino, però non sta molto bene. Il Sole 24Ore la fa scendere al 95mo posto su 110 nella graduatoria nazionale delle città italiane. «A Brescia si respira un clima poco sereno, un'atmosfera di aggressività, una nebbia di egoismo», è una delle voci raccolte dal quotidiano, il senso di un malessere palpabile.
Brescia e dintorni. 21 agosto 2009, Abdallah, cittadino di origine tunisina, è preso a pugni e schiaffi da agenti di polizia mentre cerca di entrare nella moschea di via Corsica. 6 dicembre, cinquemila in corteo contro la Bossi-Fini, con sosta in piazza Rovetta, per ripristinare le panchine che il Comune ha tolto per impedire agli immigrati di usarle. 23 dicembre, operazione White Christmas a Coccaglio (7mila abitanti, 1500 stranieri): aperta la caccia al nero senza permesso di soggiorno, fraterna iniziativa dell'assessore leghista Claudio Abiendi. 15 gennaio 2010, Villa Carcina, ordinanza del sindaco per stabilire che comunitari ed extracomunitari possono avere la residenza in paese, ma solo se hanno un reddito di 5mila euro...E sui muri quei manifesti là, con Alberto da Giussano e slogan che dicono "NO all'immigrazione clandestina. NO al voto agli immigrati. NO alla concorrenza cinese. NO ai matrimoni omosessuali"...
La "Leonessa d'Italia" non sta molto bene.

Liberazione 05/02/2010, pag 12

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