mercoledì 3 marzo 2010

Daniel Ben Saïd, filosofo e militante instancabile

Un ritratto dell'intellettuale comunista scomparso lunedi a Parigi a 64 anni

Antonio Moscato
Molti l'hanno conosciuto anche in Italia non solo per quello che scriveva, ma per il suo tenace impegno militante. Anche se malato da anni (all'Aids si era aggiunto un tumore) Daniel Ben Saïd non aveva mai rinunciato a viaggiare per partecipare a convegni, seminari, riunioni politiche. Aveva un desiderio di conoscenza insaziabile, e sapeva che la conoscenza non si acquista solo sui libri. Marxista vero, e quindi mai dogmatico, era disposto a mettere in discussione ogni classico confrontandolo con la realtà. Alla rivista Lignes che gli chiedeva se la scelta di passare dalla Lcr al Nuovo Partito Anticapitalista (Npa) rappresentava da parte sua un "addio al trotskismo storico", aveva risposto che la questione era mal posta: «Non si tratta di sottoporre a un esame di ammissione i membri di un futuro partito, recitando il Manifesto comunista del 1848 o il Programma di transizione del 1938, ma di raccogliersi intorno a un'intesa sul modo di affrontare i grandi eventi in corso... Le definizioni strategiche interverranno strada facendo, nel vivo dell'esperienza, nel modo in cui hanno preso forma i dibattiti strategici del movimento operaio nel corso del XIX e XX secolo alla prova delle rivoluzioni del 1848, della Comune di Parigi, delle guerre mondiali, della rivoluzioni russa e cinese, della guerra civile spagnola, del Fronte popolare o della Liberazione».
Ma aggiungeva che «la nostra specifica eredità, quella di una lunga lotta contro lo stalinismo e il dispotismo burocratico, malgrado la parte enorme di novità che contraddistinguono la situazione mondiale da una quindicina di anni, resta in larga misura funzionale», perché anche se assistiamo alla fine di un ciclo storico, «non si riparte dal nulla e non si ricomincia da zero. Il XX secolo c'è stato. Sarebbe incauto dimenticarne le lezioni». E precisava che «la nostra storia non si riduce a quella di un'opposizione di sinistra allo stalinismo, così che la scomparsa di quest'ultimo sarebbe sufficiente a renderli caduchi. Ad essere scomparsi sono l'Unione sovietica e i suoi satelliti. Per quanto riguarda il pericolo di cancrena burocratica è un'altra faccenda. Il problema, al fondo, è che lo stalinismo o il maoismo statuali non sono riducibili a una "deviazione" teorica o ideologica. Sono varianti storiche di un massiccio fenomeno burocratico presente in varie forme nelle società contemporanee. Noi giriamo una pagina, apriamo un nuovo capitolo, ma non cancelliamo quelli precedenti e non abbiamo cambiato libro». (Il testo integrale dell'intervista, insieme ad altri scritti di Ben Saïd, è sul sito http://antoniomoscato.altervista.org/ ).
Potremmo ricordarlo a partire dalla sua vastissima bibliografia, segnalando almeno qualche testo uscito in Italia, come Chi sono questi trotskisti? e Marx l'intempestivo (entrambi Alegre 2007) o i saggi apparsi nei volumi del Centro Studi Livio Maitan, Pensare con Marx, ripensare Marx e Cosa vogliamo? Vogliamo tutto dedicato al '68 quarant'anni dopo, usciti sempre presso Alegre nel 2008. E ancora Gli spossessati , (Ombre corte), Gli irriducibili teoremi della resistenza allo spirito del tempo (Asterios). E' poi in corso di traduzione presso Ponte alle Grazie il bellissimo Elogio della politica profana . Va segnalato anche il rispetto con cui la grande stampa francese (non solo le Monde o Liberation ) lo ha ricordato per il suo contributo al pensiero filosofico, rendendo omaggio al tempo stesso alla coerenza di una vita in cui studio e impegno militante sono apparsi sempre inseparabili. Ma vorrei sottolineare un'altra caratteristica di Daniel Ben Saïd, che appare insolita in Italia, in cui almeno una parte della crisi della sinistra si deve all'inamovibilità di tanti dirigenti. Come Alain Krivine, e alcuni altri della loro generazione di protagonisti "non pentiti" del maggio francese, Daniel Ben Saïd ha invece seguito e accompagnato il processo di costruzione della nuova organizzazione, il Npa, cedendo il passo volentieri a una nuova generazione, rappresentata efficacemente da Olivier Besancenot. E' la stessa lezione di vita che ci aveva dato Livio Maitan, che l'ha espressa lucidamente nelle ultime pagine de La strada percorsa , in cui spiegava perché al Congresso di Rimini aveva lasciato il suo posto nella Direzione del Prc alla giovanissima Flavia D'Angeli.
Per molti di coloro che hanno conosciuto Daniel Ben Saïd, la sua morte, pur preannunciata, appare sconvolgente. Ma ci si rende conto che anche se nulla può colmare il vuoto che lascia, che non è dovuto solo al suo eccezionale contributo intellettuale, frutto di una cultura veramente enciclopedica, si può fare qualcosa per farlo conoscere: in primo luogo un numero speciale monografico di Erre , e poi forse la traduzione del suo ultimo libro, firmato a due mani con Olivier Besancenot, sul "socialismo del XXI secolo". Del pensiero e dell'esempio di Daniel abbiamo molto bisogno, in questo deserto teorico della sinistra italiana...

Liberazione 14/01/2010, pag 9

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