giovedì 9 dicembre 2010

Il giro del mondo in 250mila bugie. Quel che i governanti non dicono

Dalle Nazioni Unite allo Yemen, i file più imbarazzanti pubblicati in rete

Duecentocinquantunomiladuecentottantasette documenti spediti dalle ambasciate statunitensi di mezzo mondo al Dipartimento di stato a Washington. Dispacci in gran parte confidenziali, 15652 dei quali classificati come «segreti», elaborati in un periodo di tempo che va dal 1966 al febbraio di quest'anno - la maggior parte sono concentrati negli ultimi dieci anni. La mole di documenti che il sito di Wikileaks ha iniziato a pubblicare domenica sul suo sito è enorme. Molti dei contenuti finora rivelati - e c'è da credere che siano i più scottanti, considerata l'uscita contemporanea su New York Times, El Pais, Guardian, Le Monde e der Spiegel - sono poco rilevanti per le sorti della politica e della diplomazia internazionale. Ma c'è qualcosa che fa eccezione.

Nazioni Unite
Il Dipartimento di stato Usa, a firma di Hillary Clinton, ha chiesto nel 2009 ai suoi diplomatici e consoli all'Onu e in 38 paesi di attuare uno «spionaggio di tipo debole» nei confronti dei loro colleghi accreditati presso l'Onu. Sotto la lente speciale degli uomini Usa anche il segretario generale Ban ki-moon e il suo segretario. Gli Usa erano interessati in particolare agli altri quattro membri permanenti del Consiglio di sicurezza, oltreché all'Afghanistan, la Somalia e il Sudan in Africa e la Corea del Nord.

Guantanamo
Svuotare le gabbie riempite da Bush nella sua guerra infinita al terrore sarebbe costato agli Usa una cifra multimilionaria. Alcuni dispacci rivelano come al governo di Kiribati, nella Micronesia, siano stati offerti milioni di dollari di incentivi per agevolare il sì alla richiesta statunitense di accogliere prigionieri dall'isola cubana. Alla Slovenia e al Belgio sarebbero invece state prospettate ricompense simboliche che avrebbero però accresciuto in «maniera low-cost» il lustro politico dei due piccoli stati europei.

Cina
Che il presidente Hu Jintao volesse conquistare l'egemonia in Asia - e non solo - non era un mistero. Ma i dispacci confermano anche quel che si era detto a proposito degli attacchi dei cracker (gli hacker criminali) a Google. Fonti cinesi hanno rivelato all'ambasciata Usa di Pechino che sarebbe stato direttamente il politburo del comitato centrale del Partito comunista a mettere su una squadra in grado di violare i server della Big G e controllare le mail degli attivisti politici avversari del regime. Ma già dal 2002 i cracker cinesi erano riusciti a bucare i computer del governo Usa, degli alleati occidentali, del Dalai Lama e di alcune grandi aziende statunitensi.

Coree
Per restare in Asia, alcuni emissari Usa avrebbero incontrato più volte, in particolare dal febbraio 2010, membri del governo di Seul per discutere di una riunificazione sul modello tedesco (una specie di annessione) qualora il nord fosse crollato. Ma la cosa più rilevante è l'informativa secondo la quale Pyongyang avrebbe venduto 19 missili balistici intercontinentali all'Iran, che avrebbero dato la possibilità teorica a Tehran di colpire una capitale europea o Mosca.

Cancellerie europee,
Russia e Libia
Nei palazzi del potere di mezza Europa le informative riservate non hanno certamente creato molto di più di un incavolatura seguita da un alzata di spalle. Niente in grado di incrinare i solidi rapporti atlantici. La Merkel ostinata, ma poco creativa che ha nel governo un uomo molto vicino a Washington. Cameron e Clegg deboli al governo e che sbagliano strategia sull'Afghanistan. Sarkozy imperatore nudo, permaloso e a volte dispotico, molto duro con i ministri. Il turco Erdogan pericolosamente influenzato da un ministro fondamentalista islamico. E Berlusconi, inadeguato al ruolo di leader moderno, fiaccato dai festini e con grandi interessi a mantenere buoni rapporti con Gheddafi e Putin, di cui sarebbe «megafono» in Europa. Più duri ma poco politici i giudizi sul «maschio alpha» Putin alla guida di uno stato controllato dalla mafia e sul presidente libico Gheddafi, ipocondriaco e vanesio, col suo botulino.

Pakistan, Afghanistan, Yemen
Dal 2007 gli Usa si sono impegnati considerevolmente per fermare e rimuovere un reattore nucleare a uranio arricchito in Pakistan. I diplomatici Usa, che hanno incontrato grandi resistenze, sospettavano che Islamabad potesse trafficare illecitamente con stati «canaglia». Preoccupati per la corruzione dilagante i dispacci da Kabul. Uno su tutti quello sul vicepresidente Massoud, scoperto in visita negli Emirati arabi con 52 milioni di dollari in contanti. Il presidente yemenita Saleh, in un incontro con il generale Petraeus, avrebbe addirittura scherzato sul fatto che aveva mentito al parlamento sulle bombe sganciate sul nord del paese dagli Usa: «Continuremo a dire che le bombe sono nostre e non vostre».

Su Iran, Arabia Saudita, Israele e il Medio Oriente potete leggere il pezzo a destra.
Matteo Alviti

Liberazione 30/11/2010, pag 2

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