giovedì 9 dicembre 2010

Irlanda, 150mila in piazza contro le sforbiciate di Cowen

Mentre i delegati Ue e Fmi discutono i termini del prestito europeo col governo, a Dublino sfila la rabbia

Matteo Alviti
«L'Irlanda non è in vendita». C'erano 150mila persone - 50mila per la polizia - a gridarlo ieri dalle strade di Dublino al governo irlandese riunito con la delegazione dell'Ue e del Fondo monetario internazionale in un lussoso albergo della capitale per definire i particolari del prestito miliardario necessario a salvare il paese dagli speculatori.
E' stato un corteo importante, uno dei più partecipati della recente storia irlandese, concluso di fronte al General Post Office - dove nel 1916 fu firmata la dichiarazione d'indipendenza. Un luogo simbolico per protestare contro l'erosione della sovranità irlandese nei confronti dell'Unione europea, tema che ha sempre scaldato molto il cuore degli isolani. Delle temute violenze, evocate forse con un po' di colpevole leggerezza, nella manifestazione di ieri non c'è stata traccia e i 700 poliziotti impegnati per controllare l'ordine pubblico non hanno dovuto fare straordinari. Quel fiume umano arrabbiatissimo, che ha sfidato un freddo gelido, ha attraversato il centro del cuore politico della capitale per consegnare un messaggio chiaro: a pagare non possono essere sempre gli stessi, cioè i più deboli. «C'è una via migliore e più giusta», stava scritto su un cartello.
E invece nelle misure economiche che costituiscono il pacchetto di tagli da 15 miliardi di euro in quattro anni, il premier conservatore Brian Cowen - praticamente già dimissionario - ha deciso di disporre misure drastiche quanto impopolari. Con il taglio dei salari minimi, dei sussidi, delle pensioni dei dipendenti pubblici e di 25mila posti di lavoro sempre nel settore pubblico, il governo nero-verde ha scelto di colpire ancora i soliti noti.
Sono tutte precondizioni, si è giustificato l'esecutivo, per ottenere il prestito europeo da 85 miliardi di euro necessario a ridurre il debito pubblico dall'attuale 32% al 3%. Ieri, con l'ultima fase delle trattative sul prestito in corso, la questione più dibattuta era l'ammontare del tasso percentuale che gli irlandesi dovranno ripagare ai creditori. Alcune speculazioni dei media parlavano di un 6,7%, ben al di sopra di quel 5,2% che dovrà pagare la Grecia sui 110 miliardi concessi.
Secondo il ministro delle comunicazioni, Eamon Ryan, le indiscrezioni sarebbero infondate perché l'accordo non era ancora stato raggiunto. E comunque si starebbe definendo un protocollo con più prestiti a tassi differenti, complessivamente sotto il 6,7%.
Oggi i ministri delle finanze dell'eurozona si incontreranno a Bruxelles per fissare definitivamente i termini del credito, così da poter arrivare a un annuncio prima della riapertura dei mercati, lunedì.
I partiti di opposizione Fianna Gael e Labour, che andranno con tutta probabilità a formare il nuovo governo dopo le elezioni che saranno fissate per i primi mesi del 2011, hanno detto che un prestito con un tasso superiore al 6% sarebbe semplicemente inaccettabile. Il tasso al 6,7% «sarebbe una capitolazione per il governo e un tradimento dei principi fondativi dell'Ue», ha attaccato il leader del Labour Eamon Gilmore. Aggiungendo poi che il partito del premier non ha «né il mandato politico, né l'autorità morale per prendere le decisioni cruciali di cui il paese ha oggi bisogno». Sembrerebbe confermarlo l'elezione suppletiva per un seggio nel Donegal di venerdì, in cui il partito di opposizione Sinn Fein ha rifilato una sonora sconfitta al Fianna Fail di Cowen in una delle sue roccheforti. Se le attuali opposizioni andassero al governo, i nuovi leader del paese tenterebbero di rinegoziare i termini del debito, anche se sanno che comunque avrebbero le mani legate dagli accordi che saranno annunciati oggi pomeriggio.
«Perché dovremmo pagare noi per le banche? Tanto l'euro è sulla via del declino», diceva ieri Esther Hoad, dipendente pubblica 48enne che aveva macinato quasi 300 chilometri per arrivare alla manifestazione di Dublino. «Siamo qui per opporci all'arroganza del governo», ha dichiarato dal palco Jack O'Connor, leader della confederazione dei sindacati irlandesi, Ictu: «Vogliono firmare un assegno in bianco che poi dovranno onorare le future generazioni. Ma noi non siamo qui per pagare al posto degli speculatori, e insistiamo per un piano equo di rientro del debito».

Liberazione 28/11/2010, pag 7

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