mercoledì 8 dicembre 2010

Tante vertenze, un solo corteo. Assedio alla Regione Lazio

Diecimila in piazza a Roma, occupata la presidenza: sgomberati dalla polizia

Daniele Nalbone
Sgombero e chiusura di ogni possibilità di dialogo. Questa l'unica risposta della Regione Lazio al corteo che ieri ha attraversato le vie del quartiere Garbatella di Roma. Dopo cinque ore e mezza di occupazione, da parte di una delegazione dei manifestanti, della Sala Liri, dove si è tenuto per pochi minuti «un incontro-farsa» con i rappresentanti della segreteria e del gabinetto della presidente Polverini, è arrivato lo sgombero delle forze dell'ordine. Questa la conclusione della giornata di ieri nella quale la Regione Lazio non è stata solo assediata, come preannunciato, ma addirittura occupata.
Sono da poco passate le 13 quando, il corteo di oltre diecimila persone è arrivato sotto la sede della Regione. Sindacati di base in sciopero regionale intercategoriale, movimenti di lotta per l'abitare, per il reddito, per la difesa dei territori dalle speculazioni e dalle nocività ambientali, precari, cassaintegrati, donne in presidio sotto la Regione fin dalla mattina contro la legge Tarzia «che porterà alla privatizzazione dei consultori», si sono uniti in un'unica grande vertenza. Con loro, la Federazione della Sinistra, i Verdi e Sel. Un corteo simile, a livello regionale, non si era mai visto a riprova che la situazione è «giunta al limite» spiega Pierpaolo Leonardi, membro dell'esecutivo dell'Unione Sindacale di Base. Così, una volta giunto al cospetto di una Regione super-blindata, il corteo ha chiesto a gran voce la convocazione di un tavolo con la Giunta Regionale. I numeri e la rabbia «di chi non accetta di pagare questa crisi che, oltre che economica, è ormai politica ma soprattutto sociale» spiega Ivano Peduzzi, capogruppo della Federazione della Sinistra alla Regione Lazio, hanno costretto la maggioranza regionale a concedere un incontro con una delegazione dei manifestanti.
Alle 13, sedici "portavoce" delle decine di vertenze presenti in piazza sono saliti per incontrare la segreteria e il gabinetto della Presidenza e i direttori generali dei dipartimenti interessati dalle richieste poste dallo sciopero e dalla manifestazione regionale. Inseriti nella lista della delegazione "di movimento", saliamo con loro: dopo pochi minuti di incontro, però, «l'incapacità della delegazione regionale di fornire risposte concrete alle istanze del sindacato e dei movimenti - spiega Luca Fagiano dei movimenti di lotta per l'abitare - ci ha costretto ad abbandonare il tavolo e a richiedere la convocazione di un incontro con la presidente Polverini in persona e con la sua Giunta».
E' a quel punto che scatta l'occupazione: uno striscione viene calato dalla finestra al terzo piano del palazzo della Regione: «Uniamo le lotte, mettiamole in crisi». Dalla piazza sottostante, i manifestanti rispondono con cori e fumogeni. «Senza la data di un incontro con la presidente Polverini, da qui non usciamo» giura Paolo Di Vetta di Asia Usb. Ma dalla presidenza nessuna risposta se non minacce di sgombero. Che puntualmente arriva: senza tanti complimenti i delegati vengono "accompagnati fuori" dalla polizia in tenuta antisommossa. Una donna, invalida al 75%, attivista dei movimenti per il reddito minimo garantito, viene colta da malore mentre la portano giù dalle scale. A temi quali crisi, reddito minimo garantito, case popolari, difesa dei diritti delle donne, ripristino per l'integrazione regionale ai lavoratori socialmente utili, a un confronto sulla situazione dei cassaintegrati Alitalia, difesa della sanità pubblica, un piano rifiuti sostenibile e incentrato sulla raccolta differenziata e non sull'incenerimento, al ritiro delle nocività quali l'autostrada Roma-Latina, l'unica risposta della Giunta Polverini sembra essere quella della repressione del dissenso. Una Regione a porte chiuse, quindi: «Polverini ha deciso che le motivazioni delle diecimila persone in corteo non vadano nemmeno ascoltate. E' un triste concetto di democrazia» spiegano i consiglieri della Federazione della Sinistra, Ivano Peduzzi e Fabio Nobile.
Ma, nonostante la pioggia battente e la stanchezza per una estenuante giornata di lotta iniziata alle 9,30 di mattina, la manifestazione non si sciolgie: anzi, i manifestanti, almeno tremila, danno vita a un secondo corteo a ritroso, dalla Regione alla metro San Paolo. «Da una ex sindacalista - commentano dall'Unione sindacale di base - ci si sarebbe aspettato un atteggiamento di maggiore disponibilità. Evidentemente manca la volontà politica di risolvere i problemi».

Liberazione 26/11/2010, pag 4

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