mercoledì 8 dicembre 2010

Legge sugli stadi, norme “ad hoc” per le speculazioni

Nel provvedimento via libera agli abusi edilizi ma con la ”tessera del tifoso”

Daniele Nalbone
«Un luogo di gioia e non di separazione». Questo, secondo il ministro Maroni, dovrebbero essere gli stadi italiani. Perché accada, però, è necessario che veda luce a breve giro di posta la famosa "Legge per gli stadi". Una legge che, secondo l'inventore della "tessera del tifoso", unita al decreto per la sicurezza negli stadi, con la quale verranno conferiti poteri da pubblico ufficiale agli steward e reintrodotta la "flagranza differita" con la possibilità di arresto entro le 48 ore dalla manifestazione sportiva, «potrebbe portare all'eliminazione delle barriere tra tribune e campo entro il 2013». Ma andando a leggere quanto viene stabilito dalla proposta n.2800 del 7 ottobre 2009, scopriamo perché, in Italia, non si possono costruire stadi di proprietà delle società calcistiche senza questa legge. Con questo provvedimento, infatti, si avrà una drastica riduzione della burocrazia in materia, con addirittura la possibilità per le istituzioni di rilascio delle autorizzazioni in appena 60 giorni e si otterrebbe un incentivo statale (di circa 20 milioni di euro) come ammortamento per coprire gli interessi derivanti dai mutui. Unendo ciò alla possibilità di ottenere terreni gratuitamente da costruttori (ripagabili con cubature nelle aree dello stadio) se non addirittura dai Comuni, i presidenti delle società di calcio avranno la possibilità di investire senza alcun rischio d'affari. E al fianco degli stadi, ecco spuntare centri commerciali e nuovi quartieri. L'art.2 delle legge, attualmente al vaglio della settima Commissione permanente addirittura dal 15 ottobre 2009, prevede che all'interno della dicitura «complesso multifunzionale» siano previsti «eventuali insediamenti residenziali o direzionali tali da valorizzare ulteriormente il complesso». E' proprio per questo motivo, ad esempio, che tra i «soggetti proponenti» per la costruzione di nuovi stadi non sono previste solo le società di calcio ma addirittura «i soggetti privati o pubblici che, al fine di effettuare investimenti sullo stadio o sul complesso multifunzionale, stipulino un accordo con la medesima società sportiva per la cessione stessa del complesso multifunzionale o dello stadio». In poche parole, qualsiasi costruttore può proporre la costruzione di uno stadio, in accordo con la società di calcio della città, e usufruire così dei finanziamenti e dei vantaggi della legge sugli stadi. Finanziamenti che verranno erogati, grazie a un Piano triennale del Governo, e per accedere ai quali basterà presentare un qualsiasi progetto entro 6 mesi dal varo della legge. Ma i vantaggi per i costruttori non finiscono qui: il sindaco del Comune su cui verrà costruito lo stadio, infatti, dovrà promuovere un accordo di programma, da chiudersi entro 6 mesi, «anche al fine di approvare le necessarie varianti urbanistiche e commerciali per conseguire l'effetto di dichiarazione di pubblica utilità» entro 60 giorni dalla presentazione dello studio di fattibilità da parte del soggetto proponente. Non solo. Oltre a questa "cuccagna" in relazione ai tempi burocratici, a venir attaccato sarà anche un elementare principio di democraticità: la valutazione da parte dei consiglieri comunali. Infatti «nel caso in cui l'accordo di programma comporti variazioni degli strumenti urbanistici» come il piano regolatore, «l'adesione del sindaco deve essere ratificata dalla giunta comunale entro 30 giorni». In pratica, si stabilisce ex lege "per gli stadi" perfino l'agenda dei Consigli. Ed ancora: per ristrutturare gli stadi esistenti o procedere alla loro trasformazione in complessi multifunzionali si scopre che, oltre a poter-dover cedere l'area dello stadio con affidamento diretto per non meno di 50 anni alle società sportive, il Comune può prevedere addirittura la possibilità «di un ampliamento edificatorio delle cubature». In queste poche parole viene dimostrato come il vero obiettivo di questa legge altro non è che quello di "giustificare" nuove costruzioni commerciali o abitative con la passione per il calcio, un business che non tira più e che per sopravvivere, deve fare affidamento sul mattone. Mattone per il quale, se venissero approvate anche le leggi abbinate (come la proposta n.1881, art.8) prevede addirittura la possibilità per i Comuni di esentare, per almeno 10 anni (!) «le superfici degli impianti sportivi nuovi o ristrutturati dall'Ici, dalla Tarsu, dagli oneri di urbanizzazione e di costo di costruzione». Non male. Peccato che così facendo più che un luogo «di gioia», come ritiene Maroni, gli stadi finiranno per essere luogo di speculazioni. Speculazioni da frequentare solo con la tessera del tifoso.

Liberazione 24/11/2010, pag 5

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