mercoledì 27 ottobre 2010

Licenziato via fax il cronista che scrive di 'ndrangheta

Ha denunciato le "relazioni pericolose" dei politici locali, cacciato da "CalabriaOra"

Alessia Candito
Le minacce, le intimidazioni sono un rischio calcolato per chi scrive a certe latitudini. Querele e diffide, per chi è uso ad attenersi ai fatti, anche. I licenziamenti via fax, no. Eppure, oggi in Calabria, capita che scrivere di ‘ndrangheta, rivelare particolari scottanti sulle "relazioni pericolose" dei politici locali possa diventare motivo di scontro con l'asse direttivo-editoriale di un giornale.
Lucio Musolino non è un eroe. E' solo un giornalista che sa fare - e bene, come dimostrano i numerosi scoop collezionati nel corso degli anni - il suo mestiere. Si occupa di giudiziaria e di nera, ma scrivere di certi argomenti a Reggio Calabria può essere pericoloso, non solo per le minacce che lui, come altri cronisti calabresi, nel tempo ha ricevuto. Ma anche perché si rischia di pestare i piedi agli uomini di quella "zona grigia" che dalle istituzioni tracima nella politica, e che oggi inizia a far capolino in numerose inchieste. E proprio di queste "relazioni pericolose" Musolino stava scrivendo quest'estate - mentre Reggio Calabria tremava sotto i colpi di Meta, la prima operazione che ha messo a nudo i rapporti organici fra cosche e personaggi, noti e meno noti, degli enti locali - quando è arrivata l'ultima intimidazione.
«La notte del primo agosto tornando a casa, verso le quattro del mattino, ho trovato ad aspettarmi una bottiglia di benzina accompagnata da una lettera minatoria che mi intimava di "smetterla con la ‘ndrangheta" e mi invitava a seguire il mio ex direttore Paolo Pollichieni», racconta il giovane cronista calabrese. Qualche giorno prima, CalabriaOra, il quotidiano per il quale Musolino scriveva e che nei giorni tormentati dell'inchiesta Meta aveva svelato particolari scottanti sulle indagini in corso, era stato investito da un uragano. Tutto interno.
In risposta alla pretesa degli editori di «avere maggior peso nella fattura del giornale», l'allora direttore Pollichieni aveva preferito dare le dimissioni. Insieme con lui, avevano fatto le valigie altri otto giornalisti. A sostituirlo, gli editori avevano chiamato Piero Sansonetti. Un inizio burrascoso ma rassicurante quello dell'ex direttore di Liberazione, che al suo arrivo aveva dichiarato che nulla sarebbe cambiato nella linea editoriale. «Io ho continuato a scrivere come ho sempre fatto, ma in questi mesi molti articoli sui rapporti fra ‘ndrangheta e politica sono stati censurati o tagliati», ricorda con rammarico Musolino. «Quando ne ho avuto la possibilità, sono stato costretto mio malgrado a ritirare la firma, ma a volte non ho potuto neanche avvalermi del diritto a manifestare il mio dissenso perché i miei pezzi sono stati modificati senza che venissi avvertito».
Dinamiche di redazione, si dirà, normali contrasti fra direttore e redattori. O forse no. «Hanno anche tentato più di una volta di allontanarmi dalla redazione di Reggio. Il primo tentativo di trasferimento a Lamezia Terme, spostamento a cui io ero assolutamente contrario e sul quale il comitato di redazione aveva espresso parere negativo, era stato scongiurato dopo un colloquio diretto con Sansonetti. Il secondo è arrivato dopo la mia partecipazione ad AnnoZero».
Proprio la partecipazione di Musolino alla trasmissione di Michele Santoro sembra aver fatto deflagrare il conflitto. Quella sera, in diretta da una delle piazze centrali di Reggio Calabria, il giovane cronista calabrese aveva ricordato alcuni dei casi scottanti di cui si era occupato nel corso degli ultimi mesi, fra i quali la partecipazione del governatore calabrese Scopelliti a un ricevimento organizzato da Domenico Barbieri, imprenditore in odor di ‘ndrangheta, arrestato nell'ambito dell'operazione Meta. Nella lista degli ospiti, come riporta una dettagliata informativa dei Ros, oltre al governatore e ad alcuni consiglieri comunali di Reggio Calabria, c'era anche il noto boss mafioso Cosimo Alvaro.
Un intervento che non è piaciuto a Scopelliti, che ha minacciato querele e azioni legali contro il cronista, reo di aver riferito un episodio che lo stesso governatore aveva ammesso candidamente solo qualche settimana prima. Ma neanche CalabriaOra sembra aver gradito. «Il giorno dopo la puntata di AnnoZero, casualmente viene fatta circolare la nuova piattaforma redazionale, firmata dal direttore Sansonetti, che prevedeva il mio trasferimento a Catanzaro», ricorda Musolino. L'ennesimo tentativo di allontanamento mai andato in porto: il licenziamento è arrivato prima. Via fax. «Sabato scorso, nel pomeriggio è arrivato un fax in redazione. Io non c'ero, avevo preferito prendere qualche giorno di ferie». Censure, richiami e contrasti con la direzione stavano superando il livello di guardia. Lo stesso Sansonetti aveva minacciato querela contro Musolino, colpevole di aver notato che l'ennesimo tentativo di trasferimento sarebbe stato come esaudire il desiderio delle 'ndrine.
«Quel pomeriggio è stato un collega ad avvertirmi. In quella comunicazione di poche righe, dopo anni di lavoro alla testata che ho visto praticamente nascere, mi viene comunicato che CalabriaOra mi licenzia perché sarebbe venuto meno il rapporto di fiducia con il direttore». Strano perché nei giorni successivi Sansonetti ha affermato di conoscere «solo superficialmente» il giornalista licenziato e la decisione di allontanarlo - ha precisato - è tutta degli editori.
«Per adesso ho impugnato il licenziamento perché lo ritengo ingiustificato e illegittimo, ma anche se non potrò più lavorare per CalabriaOra continuerò a fare il mio lavoro nell'unico modo che conosco: scrivere attenendomi ai fatti, perché è la verità che fa paura. Sempre».

Liberazione 22/10/2010, pag 5

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