Luisa Morgantini
Quando Fiamma Nirenstein venne eletta nelle liste del Pdl al parlamento italiano, il prestigioso giornale israeliano Haaretz, titolò "Una colona eletta al Parlamento Italiano", ironizzando sia sulle posizioni della Nirenstein che del nostro paese. Per il 7 ottobre questa "colona" ha promosso una manifestazione dal titolo "Per la verità, per Israele", una maratona di interventi tutti a sostegno della Stato ebraico e della sua politica.
Prima di entrare nel merito della questione voglio esplicitare fin dall'inizio - in modo da evitare, anche se per lunga esperienza so che non sarà possibile, le solite accuse di voler distruggere lo stato d'Israele o di essere antisemita - che sono con Israele, riconosco il suo Stato, così come fa la Dichiarazione d'Indipendenza dell'Olp del novembre del 1988 che definisce i confini dello Stato Palestinese, e quindi quelli israeliani, sul territorio dell'occupazione militare del 1967, ovvero il 22% della Palestina storica, rinunciando ai territori della conquista israeliana della guerra del '48 (la spartizione dell'Onu del 1947 dava il 54% agli israeliani, il 44% ai palestinesi con l'aerea di Gerusalemme internazionalizzata).
Ancora: sono contraria e considero una tragedia gli attentati suicidi-omicidi (finalmente sospesi dal 2005) compiuti contro la popolazione civile israeliana o sparare rockets sulla popolazione israeliana ai confini con Gaza. Così come le operazioni militari israeliane condotte da un esercito occupante contro la popolazione civile palestinese, con tutte le migliaia di persone uccise, di demolizione di case, assassinii extraterritoriali, furti di terra, sradicamento di alberi, torture e imprigionamento di migliaia di palestinesi in detenzione amministrativa. Senza parlare dell'operazione Piombo Fuso a Gaza, con uso di fosforo e altre armi proibite, dove sono state uccise 1.400 persone e ferite 5.000 e dell'embargo ancora in vigore malgrado le reiterate proteste della comunità internazionale, così come la presenza in Cisgiordania di più di 600 check point, del muro e della continua crescita delle colonie.
Quando dico che sto con Israele, è con chi fa questa politica che mi identifico e difendo? No di certo, la mia Israele è rappresentata da quegli israeliani che dagli oltranzisti vengono chiamati "ebrei che odiano gli ebrei", e ne cito solo alcuni: Martin Buber, Matti Peled, Hagar Roublev, ormai defunti, ed altri ben vivi come Nurit Peled e Rami El Hanan con i loro figli Elik, Guy, Igal, che hanno visto la loro figlia e sorella Smadar uccisa da un attentore palestinese, o Ury Avnery con Gush Shalom. Lea Tsemel, Gaby Lasky avvocatesse; Michael Warshasky con l'Alternative Information Center; Avraham Burg, già presidente della Knesset oggi fortemente critico della politica israeliana e che manifesta insieme ai palestinesi contro l'espulsione dalle lore case a Sheik Jarrah. O ancora David Grosmann; il rabbino Arik Ashermann con i Rabbini per la Pace; i soldati di Breaking the silence, che documentano le violazioni dei diritti umani commessi dai soldati israeliani; i "Combattenti per la pace", tra loro Jonatan Shapira, il primo elicotterista che nel 2002 non volle essere complice dei bombardamenti. E ancora le Donne in Nero che sono diventate una rete internazionale; Machsom Wacht donne che fanno monitoraggio ai check point fin dal 2002. Ed insieme a tutti loro il lavoro prezioso delle organizzazioni per i diritti umani come Bet'Selem, Hamoked, Ir Amin, Yeshdin, Phisician for human rights, Adalah, Mossawa, Peace Now per la denuncia e il monitoraggio degli insediamenti e la loro crescita. E tanti tanti altri, nella società civile come anche nei partiti politici che non mi è possibile citare qui. Loro tutti sono la speranza che Israele possa essere uno stato "normale" con confini definiti e che abbandoni il piano di Eretz Israel dal Nilo all'Eufrate, affinché i palestinesi possano vivere nella loro terra in modo libero e sovrano.
Ma torno all'inizio: Nirenstein è stata chiamata colona dal giornale Haaretz perché ha (o aveva) una casa in una delle colonie costruite da Israele dopo l'occupazione militare israeliana del 1967. Colonie considerate illegali dalle convenzioni internazionali firmate dopo la fine della Seconda guerra mondiale, quando l'orrore per l'Olocausto e la guerra faceva dire al mondo e all'Europa, "mai più a nessuno". Colonie che dopo l'accordo di Oslo sono cresciute a dismisura, i coloni sono passati da 140.000 a più di 500.000, togliendo terra, acqua, vita ai palestinesi e ai loro villaggi. Coloni armati, difesi da migliaia di soldati israeliani, e che per ampliare le loro colonie non esitano ad attaccare bambini, uccidere animali, dar fuoco e sradicare alberi da frutta e olivi.
Ed il muro - legittimo, anche se osceno, se fosse costruito sulla linea verde del 1967 - ingloba invece, calcolando la Valle del Giordano, il 60% del 22% del territorio dove, secondo la legalità internazionale, dovrebbe essere dichiarato lo Stato Palestinese. Muro, barriere e recinzioni, tutto definito illegale nel luglio del 2004 dalla Corte Internazionale di Giustizia dell'Aja che ne ha chiesto lo smantellamento.
E a proposito di colonie queste non sono frutto di un'invenzione o della propaganda Onu come farebbe pensare l'appello della manifestazione del 7 ottobre. Sono invece una realtà brutale su di un territorio che oltre che rubare terra palestinese viene martoriato da una distruzione ambientale come succede a Har Homa, dove i coloni hanno distrutto la collina verde intorno a Betlemme, Beit Sahour, Beit Jala. L'appello a manifestare chiede che l'Onu non pratichi due pesi e due misure e la smetta di sanzionare (si intende verbalmente, visto che nessuna sanzione è stata mai introdotta per le violazioni israeliane) ingiustamente Israele, e dice che «l'Onu ha dedicato l'80% delle sue condanne soltanto a Israele, mentre dimentica l'Iran che impicca gli omosessuali e lapida le donne, il Darfur, dove si compie in silenzio una strage, la Cina che giustizia col colpo alla nuca». Naturalmente a proposito di doppia verità si sono dimenticati di citare gli Stati Uniti che continua con le esecuzioni: l'ultima Teresa, una donna disabile.
Ma soprattutto non è vero che l'Onu abbia dedicato l'80% delle sue condanne ad Israele. In ogni documento in cui si parla di Israele c'è sempre la condanna (di solito nei confronti di Israele la parola invece è preoccupazione o deplorazione) della violenza o terrorismo palestinese. Così come non mi sembra risponda a verità sostenere che l'Onu si dimentichi di condannare Iran, Sudan o Cina, viste le continue condanne ed anche sanzioni imposte a Khartoum e a Teheran.
Così non andrò in piazza il 7, anche se l'invito a combattere l'antisemitismo mi trova totalmente d'accordo. L'antisemitismo, come il razzismo, l'omofobia, l'islamofobia vanno cancellate dalle menti e dalle azioni di tutti. Rabbrividisco quando sento le barzellette raccontate dal nostro Presidente del Consiglio. Ma nel suo blog, Fiamma soprassiede e dice che Berlusconi in aula parlamentare ha ribadito la sua eterna amicizia con Israele.
Ed è proprio per combattere l'antisemitismo che bisogna separare nettamente gli ebrei ed Israele.
Per questo quando ho detto dell'Israele che amo non ho parlato degli ebrei che vivono nel mondo e che non si identificano con la politiche dello Stato israeliano. Sono gli ebrei contro l'occupazione, il gruppo Shalom, Tikkun, Jstreet; sono i Chomsky, i Goldstone, i Levy, i Baremboim, gli Ovadia, difensori della cultura ebraica, quella democratica e multiculturale. Voglio ricordare che è anche per difendere quella cultura e quelle donne e uomini in carne ed ossa, deportati dal nazifascismo, che mio padre ha combattuto nella resistenza sulle montagne della Val d'Ossola.
Ho visto nelle adesioni al 7 ottobre i nomi di Veltroni e di Melandri. Forse la loro adesione è dovuta al timore di essere tacciati di antisemitismo. Un ricatto che ancora funziona o forse è opportunismo o forse è ignoranza o forse semplicemente credono che un paese che colonizza e confisca case e terra sia nel giusto. Mi auguro che almeno le forze di quella che si chiama ancora sinistra sappiano uscire dalla ragnatela della politica interna e riescano di nuovo a pensare in grande cercando di praticare una politica internazionale giusta ed equa dove i diritti e la libertà non valgano solo per alcuni ma per tutti e tutte.
Non bisogna schierarsi per gli israeliani o i palestinesi, ma per la pace, con giustizia, e allora è indispensabile la fine dell'occupazione militare israeliana. Spero che Fiamma Nirenstein si ravveda e venga a far parte di chi pensa che il bene per Israele è la fine della sua politica coloniale. Le auguro di cuore di ritrovare la sua umanità infranta visto che non riconosce ad altri i suoi stessi diritti. Infranta come lo sono la sua verità e il suo senso della giustizia.
*Già Vice Presidente del Parlamento Europeo Associazione per la Pace
Liberazione 06/10/2010, pag 2
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