mercoledì 20 ottobre 2010

«Sui rifugiati tanta polemica poco approfondimento»

Christopher Hein direttore del Consiglio italiano per i rifugiati

Stefano Galieni
Christopher Hein dirige da molto tempo in Italia il Cir (Consiglio italiano per i rifugiati), di certo la principale Onlus che opera, attraverso azioni dirette verso i richiedenti asilo e i rifugiati, per la sensibilizzazione, informazione e promozione tra gli italiani di una migliore comprensione della condizione di chi arriva nel nostro paese. Una realtà tanto complessa quanto spesso trattata con estrema superficialità dai media.
«Nel nostro ambito i diritti umani in generale e il diritto di asilo in particolare non trovano una grande eco mediatica se non in particolari momenti, quando capitano eventi rilevanti che però poi non lasciano spazio per un approfondimento e spesso sono trattati in maniera scandalistica. In 20 anni di attività come Cir abbiamo invece sperimentato il grande valore sia della stampa più specializzata nel settore sociale e nei diritti delle persone sia di giornali come il vostro che, pur non avendo una grande diffusione, riescono a dedicare spazio per un approfondimento, un dibattito serio e non fazioso. Parliamo di una materia che si trova in una zona complessa fra politica ed extrapolitica, ovvero che riguarda valori della società che dovrebbero essere condivisi da tutti, indipendentemente dagli orientamenti politici o partitici. C'è una grande varietà di temi, nel campo del diritto d'asilo, dei rifugiati nonché delle politiche sull'immigrazione, che meritano di essere approfonditi seriamente, a partire dai paesi di origine e di transito, dalle modalità di viaggio, di accoglienza e di inclusione. Ritengo inoltre necessario mettere in rilievo gli aspetti umani, della persona e del suo percorso, al di là e oltre gli eventi ai quali di regola presta attenzione la grande stampa».

Eppure sembra che anche su questi temi in Italia ci siano divisioni politiche molto forti, che oscillano tra la volontà di capire e l'agitare la paura del diverso.
E' inevitabile, questi sono temi che dovrebbero essere alla base di un discorso condiviso. Io ho lavorato molti anni all'Alto commissariato Onu per i rifugiati, anche quello è un organismo non politico ma che è immerso nella politica e deve trovare modo di rapportasi ad essa. Comunque non dobbiamo pensare solo in un ottica italiana quando si parla di materie che ormai sono ad appannaggio dell'intera Comunità europea. Non a caso c'è un vento gelido che soffia in tutto il continente, basti pensare a quanto accade in Francia, Olanda, Svezia. Il rifugiato poi è una persona che si muove, tant'è che abbiamo aperto un ufficio a Tripoli e ne stiamo per aprire un altro in Algeria per incontrare prima i richiedenti asilo. Da noi tre sono gli aspetti più preoccupanti: come si arriva alla protezione e quanto si rischia di essere respinti (il 90% dei richiedenti asilo entra irregolarmente); il sistema di accoglienza che anche se è migliorato negli ultimi 10 anni non ha ancora una cabina di regia; e la mancanza di una programmazione su base nazionale.

Quanto è peggiorata la situazione dopo i respingimenti?
Quello di rispedire le persone da dove sono venute già in alto mare è un segnale molto grave che preoccupa noi, l'Onu, Amnesty International e chiunque si occupi di diritti umani. Stanno diminuendo le richieste di asilo e questo è un dato che deve far riflettere anche perché non è che sono diminuite le ragioni per cui si fugge dal proprio paese. Con i respingimenti sono state violate norme internazionali, comunitarie e nazionali a partire dalla Convenzione europea per i Diritti Umani. Aspettiamo una sentenza in merito dalla Corte europea di Strasburgo.

Su questi temi, "Liberazione" nel suo piccolo ha tentato di fare informazione diversa, anche mettendo in prima pagina alcuni eventi che comprovano tali violazioni. Un tentativo utile?
Parlo con sincerità. In Italia solo il 20% delle persone si informa attraverso i giornali, il resto ha come fonte di informazione la tv che, a parte programmi di nicchia, spesso trasmessi in orari impossibili, non si presta ad un dibattito serio su questo argomento. Di questo 20% sono pochi coloro che vogliono approfondire il tema e il risultato è che qualsiasi iniziativa di Liberazione, e non solo, diventa limitata. Questo non vuol dire che non sia valida e necessaria ma purtroppo arriva a chi è già informato, interessato, o sensibilizzato. Si comunica insomma all'interno di un cerchio ristretto e privilegiato di persone. Quello che occorrerebbe è un intervento che porti a parlare di certi temi anche nelle scuole, nelle università, nelle parrocchie e nei luoghi di lavoro. Dovremmo tutti considerare le varie reti in cui è possibile far circolare una corretta informazione e in cui si potrebbero anche intraprendere percorsi formativi. Come dicevo alla conferenza stampa relativa al progetto che stiamo facendo partire e come voi di Liberazione sapete bene, la questione del diritto di asilo è complessa e può essere affrontata solo se c'è il concorso di una molteplicità di soggetti.

Liberazione 14/10/2010, pag 12

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