lunedì 14 marzo 2011

Anche l'Iraq è sceso in piazza (ma non lo si deve far sapere)

In quasi tutto il paese proteste che imbarazzano l'Occidente «esportatore di democrazia»
In tutto l'Iraq è esplosa nei giorni scorsi la protesta dei cittadini, che chiedono al governo servizi, trasparenza e dimissioni dei politici corrotti. Abbiamo raccolto le testimonianze degli attivisti iracheni e dei manifestanti scesi in piazza. Tra loro molte associazioni della società civile che hanno voluto protestare, pacificamente, per diritti e democrazia.
Baghdad è stata blindata per ostacolare le manifestazioni e con leggi da stato d'emergenza è stata vietata la circolazione di auto e bici in una città che si estende per 60 kmq. Ciononostante, circa 5000 persone sono riuscite a entrare nella piazza Tahrir, e molte altre hanno organizzato piccoli presidi in altri quartieri. Zeinab, una docente universitaria e attivista per i diritti umani, racconta: «E' stato esaltante, per la prima volta vedevo gli iracheni rivendicare con forza i propri diritti. La polizia usa violenza contro i manifestanti e cerca di innervosirci volando sopra di noi a bassissima quota con elicotteri, che sollevano polvere rendendo l'aria irrespirabile, ma la popolazione ha mantenuto la calma e ha scelto la nonviolenza. Le autorità hanno chiuso con blocchi di cemento il ponte che conduce da Piazza Tahrir alla Green Zone, e quando uno dei blocchi è stato rimosso dai manifestanti la polizia li ha ricacciati indietro con idranti e bombe sonore. La polizia impedisce l'entrata in piazza a tutti i giornalisti e persino a coloro che hanno un cellulare con fotocamera». Quattro giornalisti che avevano partecipato agli eventi sono stati picchiati e sequestrati dalla polizia in un ristorante, e non si sa dove siano detenuti. Le violenze contro i giornalisti continuano da anni, soprattutto contro coloro che coraggiosamente denunciano la corruzione ed il malgoverno. Alcuni giorni fa un giornalista indipendente di Mosul è stato barbaramente ucciso.
A Bassora le proteste hanno portato alle dimissioni del governatore Shaltagh Abboud. Quattro mila manifestanti in piazza, con un bilancio di 14 manifestanti feriti durante le proteste. Un attivista locale racconta: «La protesta popolare è stata pacifica, ma nel pomeriggio sono iniziati scontri tra la polizia e piccoli gruppi di manifestanti, e in questi episodi anche la polizia ha riportato feriti, per cui l'intera città è stata messa sotto coprifuoco».
Il peggior bilancio viene da Hawija, vicino a Kirkuk, dove sulla base delle testimonianze raccolte sembra che la polizia abbia sparato sui manifestanti uccidendo due persone. In molti hanno quindi attaccato gli edifici del governo locale e la centrale di polizia. Anche a Falluja i manifestanti hanno attaccato gli edifici istituzionali, e le forze di polizia hanno sparato sulla folla causando 16 feriti. Nei pressi di Tikrit, altri 5 manifestanti sono stati feriti mentre veniva attaccata una sede del municipio. Nelle città di Kut, Diwanyia, Samawa, Kerbala e Amara centinaia di manifestanti hanno marciato verso le sedi istituzionali con striscioni contro la corruzione, e a Nassiriya i manifestanti hanno lanciato pietre contro l'edificio del governo provinciale. Sembra paradossale che in questo scenario il Ministro degli Esteri italiano abbia detto, commentando le vicende libiche, che «l'Italia non esporta democrazia»; quindi abbiamo avuto tristemente ragione nel protestare contro la guerra in Serbia, Afghanistan ed Iraq.
Ed anche l'Iraq ora è in piazza con le stesse rivendicazioni che infuocano tutto il mondo arabo. Ma la loro protesta è imbarazzante, e poco mediatizzata, perché gli iracheni non stanno combattendo contro un feroce dittatore ma contro il sistema esportato a suon di bombe e di miliardi di dollari dalle democrazie occidentali.
Un Ponte per…


Liberazione 12/03/2011, pag 5

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