martedì 29 marzo 2011

Croce uncinata in salsa verde. Così t'invento i nemici della Padania

In libreria "Svastica verde", un lavoro di Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci sul vocabolario leghista

Tonino Bucci
Sulla Lega esiste ormai un'ampia letteratura. Il partito di Bossi non è più un oggetto politico sconosciuto, come quando alle sue origini sembrava saltato fuori da chissà dove nell'opulento nord. Non è un fenomeno effimero, come ancora si poteva pensare agli inizi degli anni Novanta. I suoi esponenti, da capi di un movimento di protesta sono diventati classe di governo. Quella della Lega è, per così dire, una storia "interna" alla crisi della società italiana e le risposte politiche avanzate in questi anni continuano a essere parte della medesima crisi. La Lega si alimenta della crisi tanto quanto cerca di riprodurne indefinitamente le dinamiche dalle quali, in una sorta di circolo vizioso, dipende la sua esistenza di soggetto politico. Persino i temi della sicurezza e della difesa dell'identità etnica della Padania che pure stanno a cuore al movimento leghista, vengono affrontati con proposte che hanno l'obiettivo non di risolverli, ma di potenziarli a dismisura. Se per assurdo le ricette politiche della Lega in tema di sicurezza, come su altri versanti, dovessero avere successo e, come d'incanto, svanisse il disagio dei ceti medi (e operai) del nord, verrebbe meno il serbatoio di voti da cui dipendono le sue fortune politiche.
Va segnalata l'uscita nelle librerie del lavoro di Walter Peruzzi e Gianluca Paciucci, Svastica verde, sottotitolo Il lato oscuro del Va' pensiero leghista (Editori Riuniti, prefazione di Annamaria Rivera, pp. 438, euro 15), un'antologia in presa diretta che segue di poco un altro studio dedicato al Carroccio, La rivincita del nord, del sociologo Roberto Biorcio (di cui s'è già parlato su Liberazione). Nel giro di vent'anni i dirigenti leghisti si sono accreditati come personaggi pubblici, a dispetto di un repertorio politico e di un orizzonte culturale criptonazisti. «Vengono declassati a innocue e risibile sparate folcloristiche - scrivono i due autori, Peruzzi Paciucci - linguaggio, gesti triviali, gesti e comportamenti violenti, che ricordano le camicie nere e i cappucci bianchi del Ku Klux Klan, o altre camicie verdi di estrema destra, come le Croci frecciate ungheresi e la Guardia di ferro rumena». «Lo strumento più semplice e più diretto per contestare il quadretto idilliaco cui è ridotta la Lega Nord ci è parsa un'antologia. Ecco quindi "la Lega raccontata dalla Lega", attraverso una raccolta sistematica e ampia, anche se ovviamente incompleta, di opinioni e dichiarazioni dei dirigenti leghisti, degli articoli de "la Padania" e delle proposte legislative, di iniziative nazionali e locali tratte dalla nuda cronaca, aggiornate ai primi giorni del dicembre 2010». Il risultato, neanche a dirlo, è inconfondibile. Sotto la patina di un partito dell'ordine e della legalità si cela «un movimento eversivo, razzista e tendenzialmente totalitario», fondato su una doppia occupazione, dell'immaginario e del territorio - non da ultimo, «mediante alleanze e intese con lobby e centri di potere politico, economico e bancario».
È sorprendente che sia diventato partito di governo un partito che nel primo articolo del proprio statuto recita: «il movimento politico denominato "Lega Nord per l'indipendenza della Padania" ha per finalità il conseguimento dell'indipendenza della Padania attraverso metodi democratici e il suo riconoscimento internazionale quale Repubblica federale indipendente e sovrana». Del resto anche la versione più soft del federalismo contiene indizi di autoritarismo e di destabilizzazione dello Stato. Il primo a fornire una spiegazione teorica del federalismo leghista fu l'ideologo delle origini, quel Gianfranco Miglio al cui nome il sindaco di Adro aveva di recente proposto di intitolare una scuola elementare. «Non ha niente a che vedere con Cattaneo e Gioberti. Io immagino un federalismo autoritario... Non si può dare lo stesso diritto civile e penale a tutte le regioni... Io sono anche per il mantenimento della mafia e della 'ndrangheta». «Il destino dell'Europa è rivivere le invasioni barbariche. Dovremo incorporare alcuni milioni di immigrati che svolgeranno i lavori rifiutati da noi europei. Ma bisogna evitare i mescolamenti, se vogliamo far sopravvivere l'Occidente». Nel tempo la Lega non ha mantenuto le stesse posizioni ideologiche. La coerenza non è una virtù del partito di Bossi, che ha fatto della disinvoltura teorica la propria forza. «Bossi? L'ho chiamato io nel 1989 - parole sempre di Miglio - perché volevo conoscerlo... Mi rendevo ben conto di che cos'era: un politico, quindi un ignorante. E da ignorante l'ho sempre trattato».
In origine la Lega ha provato a legittimarsi come uno dei tanti movimenti autonomisti e indipendentisti esistenti in Europa. «Ma si tratta di un falso - scrivono gli autori - poiché a differenza dei Paesi baschi, della Catalogna, della Corsica, dell'Irlanda, entità realmente esistenti e con un'identità, una cultura, una lingua e anche una storia comune d'oppressione, di rivendicazioni e lotte, la Padania non è mai esistita». A volerla dire tutta, la Padania esiste perché esiste la Lega. Ma si tratta di un'invenzione che per poter vivere ha bisogno di un territorio, di una comunità e di una identità etnica da definirsi in una relazione di ostilità amico-nemico. «L'altra faccia del ripiegamento ossessivo e celebrativo su una propria patria inventata, ha come risvolto l'odio verso le patrie degli altri e le loro identità: da Roma a un Sud indefinito e generico, dai migranti agli omosessuali. Sembra quasi che l'inconsistenza del concetto di "Padania" possa acquisire concretezza solo attraverso il rifiuto e il disprezzo dell'altro». La variante economica dell'antimeridionalismo è la proposta delle gabbie salariali. Poco più di un anno il ministro Calderoli ha rilanciato l'idea di buste paga parametrate sul reale costo della vita nelle diverse aree del paese. L'altro campo è la scuola, vecchio cavallo di battaglia. «Vogliamo professori che parlino come noi... che abbiano la nostra mentalità, che ci spieghino le nostre tradizioni e le nostre usanze. Perché anche il Manzoni, spiegato da un meridionale, può avere un significato diverso», diceva nel 1996 il responsabile del Movimento giovani della Lega. E ancora: «Mai più professori meridionali nelle nostre scuole... No al colonialismo romano che tenta di eliminare l'identità padana». Persino la spazzatura diventa un demarcatore etnico. «Non li vogliamo, perché i nostri rifiuti sono diversi da quelli napoletani», ha detto pochi mesi fa il leghista Luca Zaia, governatore del Veneto.
Tutti gli ingredienti del discorso leghista servono da demarcatori di una comunità fittizia e inventata da zero. L'antimeridionalismo, certo, ma anche il sessismo, l'omofobia ("questo non è un paese per culattoni" e anche le donne "devono avere le palle", parole di Gentilini) e il cattolicesimo (arrivederci e grazie al paganesimo delle origini). «Siam venuti giù in Emilia e ve le abbiam trombate tutte. E da come ci han votato, si vede che gli è anche piaciuto», firmato Bossi, aprile 2008. «Essere culattoni è un peccato capitale e chi vota una legge a favore dei Dico finirà nelle fiamme del più profondo dell'Inferno», Calderoli, 31 marzo 2007. «Non vogliamo vedere film dove gli omosessuali si slinguano tra di loro: la depravazione morale sta raggiungendo il suo limite estremo, arrivando a superare la cattiveria con la quale Hitler ha mandato sei milioni di ebrei a morire» (Andrea Rognoni, conduttore di "Radio Padania"). «Il leghismo - annotano gli autori - è riuscito a fare del razzismo un senso comune». La punta di diamante, se così si può dire, è Borghezio, "nazista identitario" cresciuto in gioventù nel movimento di estrema destra "Giovane Europa". Un tempo ferocemente antigiudaico, oggi Borghezio è in prima fila nella propaganda antiislamica: «queste brutte barbe, questi pupazzi con la palandrana, un giorno o l'altro li prendiamo per la barba e li cacciamo via a calci in culo», dice nel 2002, anno in cui è condannato per aver appiccato con le sue camicie verdi un incendio alle baracche di alcuni stranieri. Calderoli non è da meno: «che gli immigrati tornino nel deserto a parlare con i cammelli o nella giungla con le scimmie, ma a casa nostra si fa come si dice a casa nostra» (18 settembre 2005).
«Lega ed estrema destra tradizionale certamente non coincidono, ma vi sono indubbi elementi ideologici comuni che rendono possibile una convergenza-concorrenza, come il tradizionalismo, la xenofobia, il razzismo e la tendenza totalitaria». Nulla di sproporzionato in questa tesi. «Vi è un filone di pensiero - scrive nella postfazione Annamaria Rivera - occultato anche da alcuni critici della Lega Nord che può essere fatto risalire direttamente all'ideologia nazionalsocialista, come peraltro ammettono alcuni ideologi leghisti. Per accertarsene basterebbe visitare di tanto in tanto il sito ufficiale del Movimento giovani padani».


Liberazione 22/03/2011, pag 9

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Libro: Svastica verde

Titolo Svastica verde
Autore Peruzzi Walter; Paciucci Gianluca
Prezzo
Sconto 5% € 14,25
(Prezzo di copertina € 15,00 Risparmio € 0,75)
Prezzi in altre valute

Dati 2011, 437 p., brossura
Editore Editori Riuniti


http://www.ibs.it/code/9788835990055/peruzzi-walter-paciucci-gianluca/svastica-verde.html

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