mercoledì 9 marzo 2011

Pechino approva il dodicesimo piano quinquennale

Crescita sostenibile. Ma niente odore di gelsonimi
Matteo Alviti
Si è aperto ieri a Pechino il primo dei dieci giorni di Congresso nazionale del popolo, l'evento politico più importante dell'anno nella Cina comunista. L'assemblea dei delegati si è riunita quest'anno soprattutto per approvare il prossimo piano quinquennale, il dodicesimo dal 1949, che regolerà la vita produttiva del paese tra il 2011 e il 2015. Anni in cui la Cina diventerà stabilmente la prima potenza economica mondiale.
E' stato il premier Wen Jiabao, ieri, a chiarire in che direzione intende andare il partito: una crescita più sostenibile e una riduzione delle disparità sociali tra ricchi e poveri. Al programma per i prossimi cinque anni non manca insomma quasi niente (a parte un richiamo, che nessuno si aspettava, alle libertà politiche e civili): dal necessario contenimento della crescita e dell'inflazione, alla riduzione della corruzione fino al sostengo della stabilità sociale. Un perfetto catalogo di buone intenzioni.
Nel discorso più importante dell'anno, di fronte ai circa tremila delegati riuniti nel parlamento nazionale, Wen ha spiegato che Pechino intende tenere l'inflazione sotto il 4%, nonostante si preveda una crescita dell'8%. Il premier ha riconosciuto che una crescita esagerata, come quella degli anni passati, sarebbe di nuovo un «problema serio» per il paese: «Recentemente i prezzi sono saliti piuttosto velocemente e le previsioni danno l'inflazione in aumento», ha spiegato Wen. In Cina oggi i prezzi crescono del 4,9% su base annua. E sembrano continuare a salire, nonostante la Banca centrale nazionale abbia rialzato i tassi per tre volte di fila. E' un problema serio soprattutto per le famiglie più povere, che spendono la metà dei loro introiti per comprare cibo. Il governo intende anche calmierare «fermamente» la crescita dei prezzi degli affitti e delle case in alcune città.
La domanda interna sarà invece stimolata con sussidi all'agricoltura e ai ceti urbani più poveri, «un principio strategico di lungo termine» per il paese, ha spiegato Wen. Dopo essere cresciuta per anni a ritmi vertiginosi, con percentuali a due cifre, soprattutto grazie all'export e alle grandi infrastrutture, il partito è consapevole che il sistema economico deve cambiare per diventare sostenibile, non solo dal punto di vista ambientale. «Dobbiamo far sì che il miglioramento della vita delle persone diventi il fulcro che tenga insieme le riforme, lo sviluppo e la stabilità», ha detto Wen.
A mettere l'accento sulla stabilità sociale, e a scoraggiare qualsiasi velleita profumata di gelsomino nordafricano, ci ha pensato un editoriale pubblicato proprio ieri sul Quotidiano di Pechino, l'organo del partito. Ieri il premier non ha fatto alcun riferimento alle rivoluzioni arabe, ma dalle pagine del Quotidiano il riferimento è inequivocabile: «la stabilità è una benedizione, mentre il caos è una calamità».
Anche dal punto di vista ambientale - la Cina è il più grande produttore di CO2 al mondo - Wen ha promesso grandi miglioramenti. Risparmio energetico, contenimento delle emissioni: «Risponderemo attivamente ai cambiamenti climatici». Pechino intende tagliare le emissioni del 17% per unità di pil tra il 2011 e il 2015, il primo step per ridurre, come annunciato, del 40%le emissioni entro il 2020. Il consumo di energia sarà invece contenuto, sempre stando agli annunci ufficiali, del 16% per unità di pil entro il 2015. Mentre la percentuale di energia da combustibili non fossili dovrebbe crescere dall'attuale 8,3% all'11,4% del totale.


Liberazione 06/03/2011, pag 7

Nessun commento: