lunedì 21 marzo 2011

Bandiera rossa a Parigi. E' nata la Comune

La sua breve e immortale storia iniziava centoquarant'anni fa

Maria R. Calderoni
Ha vissuto solo due mesi, ma è immortale. Centoquarant'anni fa, il 18 marzo 1871, a Parigi una bandiera rossa si alza sull'Hotel de Ville; l'alba della Comune è nata senza spargimento di sangue, i soldati che Thiers ha mandato per schiacciare il Comitato dei venti arrondissements (poi meglio noti come la Commune) si rifiutano di sparare sulla folla. E' il sergente Verdaguer, che comanda l'88° reggimento, a dare l'ordine di abbassare le armi e il generale Lecomte, che pretende a tutti i costi una strage, è arrestato dai suoi stessi uomini. La Guardia nazionale, organo della Commune occupa le caserme governative, la prefettura, il ministero della giustizia e l'Hotel de Ville, che diventa la sede centrale del nuovo governo. La folla è nelle strade, tra «i dimostranti molte donne e anche tanti bambini». Il primo atto è quello: giù il tricolore napoleonico, su la bandiera rossa.
Alacre e decisa. Già il giorno dopo, 19 marzo, il Comitato rivoluzionario, che si è insediato appunto nell'Hotel de Ville, si dichiara «nuovo governo della Repubblica», indice le elezioni a tutta velocità per il 22 marzo e vara subito i primi provvedimenti «d'urgenza». E' il primo governo proletario della storia e si vede. Ecco i suoi «provvedimenti d'urgenza»: libertà di stampa, scarcerazione immediata di tutti i detenuti politici, abolizione dei tribunali militari, proroga di un mese per le scadenze dei pagamenti, divieto di sfratto.
Provvedimenti d'urgenza per il popolo parigino stremato dalla disastrosa guerra prussiana; odiosamente vessato dalla repressione di Napoleone III e del suo degno successore Adolphe Thiers. Quell'uomo reazionario e feroce, che Marx descrive così: «Maestro di piccole truffe di stato, virtuoso dello spergiuro e del tradimento, artista in tutti i bassi stratagemmi, nelle astuzie furbesche e nelle vili perfidie delle lotte di partito, con pregiudizi di classe al posto delle idee e con la vanità al posto del cuore». Adolphe Thiers, il ministro dell'interno boia di Lione, che nel 1834 ha fatto massacrare 600 operai rei di scioperare contro i bassi salari: è lui l'uomo che ha l'incarico di distruggere i comunardi. E ancora una volta lui sarà feroce.
Le elezioni indette per il 22 marzo slittano al 26 e si svolgono regolarmente; il 28 marzo, il tuono del cannone e la Marsigliese annunciano ai parigini che «la Comune è proclamata in nome del popolo». Dei 93 eletti, in gran parte impiegati, maestri, medici (anche Victor Hugo e Giuseppe Garibaldi), 25 sono operai, una assoluta novità, sino a lì - sino a quel 28 marzo 1871 - assolutamente impensabile.
Quella Comune fa subito paura. Deve essere schiacciata immediatamente. Da Versailles, dove il suo governo si è trasferito, Thiers già sta organizzando l'esercito con artiglieria pesante e mitragliatrici.
Dall'Hotel de Ville, intanto, la Comune - questo governo di socialisti, radicali, blanquisti, anarchici, rivoluzionari, operai - fa cose inaudite. Poiché la situazione degli alloggi è drammatica in una città che ha patito un lungo assedio durante la guerra prussiana, per tre mesi gli affitti non saranno dovuti, in quanto è giusto che «anche la proprietà sopporti la sua parte di sacrifici». Le cambiali sono aggiornate, possono essere pagate «in tre anni e senza interessi». Gli oggetti di prima necessità, «di valore inferiore o pari a 20 franchi» - vennero impegnati persino gli attrezzi di lavoro - che la popolazione più povera e disperata aveva dovuto portare al Monte di Pietà devono usufruire di «restituzione gratuita» (e la onesta Comune si assume l'onere di rimborsare il Monte medesimo, con una spesa di oltre 300.000 franchi).
C'è poi la disoccupazione, che è diventata enorme, anche perché i proprietari di molte piccole e grandi aziende si sono dati alla fuga: la commissione lavoro provvede a requisire le fabbriche abbandonate, «costituendole in cooperative di lavoratori» legittimati a prenderne possesso. Si aboliscono le multe sui salari operai e un decreto stabilisce che nelle gare d'appalto si «privilegino le corporazioni operaie»; e anche i prezzi devono essere concordati.
Simbolo della Comune è la bandiera rossa, definita «la bandiera della repubblica universale»; di conseguenza, si stabilisce che anche i cittadini non-francesi hanno piena cittadinanza nella Comune, dal momento che in una repubblica universale «tutte le città hanno il diritto di considerare propri cittadini gli stranieri che la servono» (udite udite, italici persecutori di immigrati 140 anni dopo…).
Lo scandalo di quella bandiera rossa nel cuore di Parigi. Ma non è l'unico. Dieci giorni dopo il suo insediamento, precisamente il 29 marzo, l'esercito permanente viene abolito: esso infatti è sempre stato utilizzato non solo per aggredire i popoli stranieri ma anche per opprimeri gli stessi concittadini (vero Bava Beccaris?). Esercito abolito, niente più coscrizione obbligatoria, aboliti anche i gradi, niente più generali; nasce al suo posto la Guardia nazionale, che rappresenta «il popolo armato». Anche la polizia cambia radicalmente: deve pensare solo a reprimere i reati senza più alcuna funzione in materia di ordine pubblico e politico (do you remember Scelba?). E come se non bastasse, i funzionari amministrativi da ora in poi saranno solo elettivi, e cioè revocabili in qualsiasi momento, e per di più i loro stipendi saranno ufficialmente fissati. La pensione viene garantita alle compagne, sposate o meno, dei membri della Guardia uccisi in servizio. E la ghigliottina è abolita.
Ancora. Riaprono i teatri e i musei rimasti chiusi durante l'assedio; Courbet è eletto presidente della Federazione degli artisti di Parigi (è lui che l'8 maggio farà abbattere la colonna Vendome, simbolo delle «idee di guerra e conquista»: dopo la caduta della Comune il governo gli chiederà 350.000 franchi di indennizzo, ma il pittore, già in carcere, non farà in tempo a pagare nemmeno la prima rata, morirà di lì a poco).
Comune scandalosa. Con decreto in data 2 aprile alla Chiesa è tolto il monopolio dell'istruzione (che Napoleone III aveva graziosamente concesso nel 1850). Semplice e grandioso. Il Consiglio della Comune afferma che «la libertà è il principio basilare della Repubblica francese» e che «la libertà di coscienza è la prima delle libertà»; rileva come «il clero è stato complice dei crimini della monarchia contro la libertà» e quindi proclama «la separazione dello Stato dalla Chiesa, la soppressione dei finanziamenti statali e la confisca dei beni di manomorta - mobili e immobili - appartenenti alle congregazioni religiose» (al tempo della Comune è Papa l'inviso Pio IX, l'autore del "Sillabo", tra l'altro). Scuola sottratta ai preti ma anche completamente riformata, con l'istruzione superiore e l'addestramento tecnico resi disponibili per tutti.
Peggio, e incredibile. All'ordine del giorno è una cosa mai vista detta emancipazione femminile; viene creata la prima scuola professionale per donne, si istituiscono gli asili nido, si abolisce la distinzione tra figli legittimi e illegittimi. E nasce "l'Unione delle donne": le aderenti portano sciarpa e bracciale rosso, attive quartiere per quartiere sono mobilitate sui problemi sociali, sull'infanzia, e soprattutto sul diritto al lavoro (non facile, nemmeno oggi…).
La Comune, per tutto questo, deve morire. Thiers ha pronte le armi e prepara l'offensiva. Il 21 maggio già canta vittoria vantandosi con Bismarck: «Ristabilirò l'ordine in una settimana»; e davanti all'Assemblea promette: «Signori, l'espiazione sarà completa».
Manterrà la parola. Quella "sua" settimana passerà alla storia come "La Semaine sanglante", la settimana di sangue. Il 28 maggio la Comune è finita, le truppe di Thiers sono ormai entrate a Vendome, tutto il quartiere latino è nelle loro mani, incendi e battaglie sanguinose ovunque. Cominciano subito le fucilazioni di massa; all'uopo si adoperano le mitragliatrici e non si rispamia nessuno, nemmeno i feriti negli ospedali e i prigionieri dentro le carceri. L'ultimo assalto - all'arma bianca - è al Cimitero di Père-Lachaise; e qui centinaia di sopravvissuti vengono fucilati contro la cinta di quel «muro dei comunardi», dove ancora oggi ogni anno si celebra la memoria della Comune. Per tutta una notte, il centro di Parigi è colpito dai proiettili incendiari del generale Mc Mahon. E' qui, nell'assalto alla Comune, che i fucilieri di marina ricevono da Thiers «l'ordine di non fare prigionieri». E «l'ordine è tassativo». Scrupolosamente ottemperato. Più di 30mila i morti e quasi 40mila gli arrestati (in migliaia verranno poi deportati nelle isole atlantiche, circa 8 mila nella sola Nuova Caledonia).
«Parigi operaia, con la sua Comune, sarà celebrata in eterno come l'araldo glorioso di una nuova società. I suoi martiri hanno per urna il grande cuore della classe operaia. I suoi sterminatori, la storia li ha già inchiodati a quella gogna eterna dalla quale non riusciranno a riscattarli tutte le preghiere dei loro preti». Lo scriveva Karl Marx, 30 maggio 1871.


Liberazione 18/03/2011, pag 6

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Il programma dei comunardi punto per punto

1) Sostituzione dell'esercito permanente con l'organizzazione degli operai armati
2) Soppressione del parlamentarismo, della delega dell'esercizio del potere a un apparato politico specializzato e sostituzione di esso con delegati eletti a suffragio universale, direttamente responsabili del loro operato, revocabili in ogni momento e retribuiti con salari corrispondenti a un normale salario operaio
3) Soppressione del privilegio burocratico per tutta l'amministrazione pubblica
4) Eliminazione di tutte le funzioni repressive e parassitarie dello stato borghese e riduzione delle funzioni utili a funzioni di "lavoro"
5) La Comune diviene la forma politica anche del più piccolo borgo. Le comuni rurali in ogni distretto amministrano i loro affari comuni mediante un'assemblea di delegati con sede nel capouogo e queste assemblee distrettuali dovrebbero a loro volta mandare dei rappresentanti alla delegazione nazionale di Parigi, ogni delegato essendo revocabile in qualsiasi momento e legato al mandato imperativo dei suoi elettori.


Liberazione 18/03/2011, pag 6

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Il tempo delle ciliegie

Paolo Ferrero
Centoquarant'anni fa nasceva la Comune di Parigi. La prima esperienza in età moderna di rivoluzione e di autogoverno dei proletari. «I proletari di Parigi - diceva il Comitato centrale nel suo manifesto del 18 marzo - in mezzo alle disfatte e ai tradimenti delle classi dominanti hanno compreso che è suonata l'ora per essi di salvare la situazione prendendo nelle loro mani la direzione degli affari pubblici... Il proletariato... ha capito che era suo dovere imperioso e suo diritto assoluto prendere nelle sue mani il proprio destino, e di assicurarsene il trionfo impadronendosi del potere».
L'esperienza della Comune durò poco - fu sconfitta con un bagno di sangue di oltre 30.000 morti dopo poco più di due mesi di vita - ma divenne il punto di riferimento per generazioni di rivoluzionari, basti pensare oltre agli scritti di Marx e a quelli di Lenin.
A me pare che l'esperienza della Comune di Parigi ci parli ancora oggi e che i suoi insegnamenti vadano pienamente recuperati dopo le tragiche esperienze dei socialismi reali.
Innanzitutto per la consapevolezza che fare la rivoluzione non consiste nel prendere in mano lo Stato - come se fosse uno strumento neutro utilizzabile a seconda della bisogna - ma piuttosto nell'abbattere lo Stato borghese per costruire un'altra forma di organizzazione della vita sociale su basi radicalmente nuove.
Per dirla con Marx: «La classe operaia non può accontentarsi semplicemente di prendere nelle proprie mani la macchina statale bella e pronta, e di farla funzionare per i propri fini».
Riguardo alla Comune Marx infatti ci descrive una situazione in cui: «Invece di continuare ad essere lo strumento del governo centrale, la polizia fu immediatamente spogliata delle sue attribuzioni politiche e trasformata in strumento della Comune, responsabile dinanzi ad essa e revocabile in qualunque momento. Lo stesso venne fatto per i funzionari di tutte le branche della amministrazione. Dai membri della Comune fino ai gradi subalterni, le pubbliche funzioni venivano retribuite con salari da operai. I diritti acquisiti e le indennità di rappresentanza degli alti funzionari dello Stato scomparvero con i funzionari stessi. (…) Una volta abolito l'esercito permanente e la polizia, strumenti di potere del vecchio governo, la Comune si preoccupò di spezzare la forza di repressione spirituale, il potere dei preti».
Ecco l'insegnamento che Marx trae dalla Comune: il compito dei rivoluzionari non è quello di gestire lo Stato al posto della borghesia, ma di dar vita ad una forma di organizzazione sociale diversa, che metta in discussione le gerarchie e la concentrazione di potere all'interno dello Stato, operando per il suo superamento. L'esatto contrario dello stalinismo.


Liberazione 18/03/2011, pag 6

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