martedì 29 marzo 2011

Federalismo, così il Pd si illude di abbattere il governo

L'esasperante tatticismo per riavvicinarsi alla Lega dietro la scelta dell'astensione

Gianluigi Pegolo
All'indecoroso spettacolo che sta dando di sé in questi giorni l'opposizione parlamentare nella vicenda libica, con il tentativo di accreditarsi come la forza più convintamente interventista, si aggiunge ora un altro fatto altrettanto inquietante. Mi riferisco al voto di astensione del Pd, nella commissione bicamerale sul federalismo fiscale, sul provvedimento riguardante il federalismo regionale. Stefano Folli ha giustamente rilevato su Il sole 24ore che la scelta del Pd è stata condizionata dalle posizioni dei suoi amministratori. La trattativa serrata avviata con Calderoli ha, infatti, puntato a smussare le parti più indigeste del provvedimento, per recuperare risorse per i trasporti pubblici locali, introdurre norme di salvaguardia per far fronte ai tagli dei trasferimenti, posticipare le addizionali Irpef aggiuntive e modificare la tempistica dell'introduzione del fondo perequativo. Modifiche sollecitate, per l'appunto, dagli stessi governi regionali.
E, tuttavia, a me pare che il voto di astensione abbia anche altre spiegazioni, ben più rilevanti. Nel merito, infatti, la scelta resta in sé politicamente azzardata e poco giustificabile. In primo luogo, essa rompe il fronte dell'opposizione. Si consideri, infatti, che in contemporanea il terzo polo e l'Idv hanno votato contro. In secondo luogo, il voto di astensione è poco comprensibile dopo che lo stesso Pd si era pronunciato contro le norme sul federalismo municipale. In terzo luogo, nonostante i miglioramenti introdotti, l'impostazione del provvedimento resta inaccettabile. La compartecipazione all'Iva e all'Irpef delle regioni, congiunta con gli effetti derivanti dal provvedimento sul federalismo municipale, determinano - come hanno documentato diverse strutture di ricerca, non ultima la Cgia di Mestre - un considerevole squilibrio fra le regioni in intermini di disponibilità di risorse. Non solo, il fondo perequativo annunciato non offre alcuna garanzia di un effettivo riequilibrio (data, oltretutto, l'assenza di riferimenti chiari relativamente ai livelli di assistenza garantiti e ai costi standard considerati). Infine, i nuovi balzelli (dalle addizionali Irpef aggiuntive previste dal 2013, alle tasse di scopo che potranno essere introdotte) scaricheranno sui cittadini una parte rilevante degli oneri.
Cosa dunque ha motivato il Pd ad astenersi, oltre all'appoggio dato alle rivendicazioni dei suoi amministratori nelle regioni? A me pare che questa scelta abbia una valenza fortemente politica e che rappresenti l'ennesima prova di riavvicinamento alla Lega Nord, nel tentativo (improbabile) di disarticolare la maggioranza di governo. La stessa vicenda del dibattito parlamentare sulla Libia è in questo senso assai significativa, con la convergenza della maggioranza sulla mozione dell'opposizione, a seguito dell'iniziativa della Lega.
Che fra i due fatti vi sia una forte connessione è più che evidente. Così come è indicativo che dopo l'intesa in bicamerale il Pd e la stessa Lega Nord plaudano al nuovo clima di collaborazione. Ancora una volta la merce di scambio di questo riavvicinamento è il federalismo fiscale e cioè un disegno di trasformazione del sistema istituzionale che lede i diritti e crea le condizioni per la disarticolazione del paese. Ancora una volta rientra in campo l'esasperante tatticismo che ha ragione dei contenuti. E ancora una volta il pezzo più significativo dell'opposizione parlamentare abdica al proprio ruolo, creando ancora più confusione in un elettorato già frastornato da segnali contraddittori e inutili macchiavellismi.


Liberazione 26/03/2011, pag 8

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