lunedì 21 marzo 2011

Wen invoca le riforme «ma non siamo il Maghreb»

Chiude l'Assemblea del popolo. Pechino torna primo produttore mondiale di beni

Matteo Alviti
Andare avanti così potrebbe essere controproducente. E se lo lascia intendere persino il premier Wen Jiabao vuol dire che qualcosa, dentro il moloch del politburo cinese, si sta muovendo.
In occasione della conferenza stampa per la chiusura dell'annuale Assemblea nazionale del popolo, Wen ha ripetuto che la Cina ha bisogno di riforme politiche. Il premier non ha espresso chiaramente il tipo di cambiamenti di cui il paese abbia necessità, e ha specificato che qualunque riforma dovrà essere introdotta gradualmente. E però, «senza una ristrutturazione politica», ha chiarito Wen, «la ristrutturazione economica non avrà successo e le conquiste che abbiamo ottenuto in campo economico potrebbero andare perse». Una considerazione che suona come un monito.
Pechino, anche solo dal punto di vista economico, ha moltissimo da perdere. Solo qualche giorno fa è stato reso noto l'ultimo record fatto segnare dalla Cina, tornata a riprendersi il primato che aveva mantenuto quasi ininterrottamente fino al 1850. Il dragone è risalito al primo posto della classifica mondiale dei produttori di beni al mondo, scalzando gli Stati Uniti dopo centodieci anni di primato incontrastato. Il dato è stato rivelato dallo studio di un istituto statunitense, l'Ihs Global Insight, che ha certificato come nel 2010 la Cina abbia prodotto il 19,8% dei beni mondiali, contro il 19,4% degli Usa.
La mossa di Wen, a un anno dal passaggio di consegne al suo vice e successore Li Keqiang, potrebbe metterlo in contrasto con l'anima più conservatrice del partito e aprire nel potere un conflitto a bassa intensità comunque più evidente di quello già in corso. Tra i rivali dell'attuale premier c'è sicuramente Wu Bangguo, altro leader anziano del partito che solo la settimana scorsa aveva escluso categoricamente la possibilità di cambiamenti politici significativi. Wu sostiene una tesi completamente opposta a quella del premier: sarebbe proprio un eventuale cambiamento significativo del sistema politico, ha spiegato di fronte al parlamento cinese, a mettere in pericolo i successi ottenuti negli ultimi trent'anni dal sistema. Ma in fondo le posizioni espresse dai due politici potrebbero non essere così contrastanti come sembra. Lo stesso Wen - che aveva parlato di riforme già nel recente passato, la scorsa estate a Shenzen e in una successiva intervista alla Cnn - ha ricordato che i cambiamenti devono avvenire passo dopo passo, e sotto la leadership del partito comunista cinese.
Wen ha escluso ancora una volta che in Cina si possa sviluppare un movimento di protesta come quelli che hanno portato alle rivolte dei paesi arabi. «Abbiamo seguito da vicino le turbolenze nei paesi nordafricani e mediorientali e riteniamo che non sia giusto fare analogie con la Cina». Dall'Assemblea nazionale del popolo è arrivato anche un segnale molto chiaro dell'orientamento di Pechino in materia: per la prima volta da anni il budget dedicato alla sicurezza interna supererà quello della difesa.
La leadership cinese è perfettamente consapevole che i problemi del paese sono tanti e vanno affrontati, se si vuole evitare che sfuggano al controllo del partito. Il caro vita, l'inflazione, la forbice tra ricchi e poveri, la troppa burocrazia e soprattutto la corruzione, una vera piaga per il paese. Wen ha avvertito che «la corruzione costituisce un enorme pericolo per la Cina e riuscire a sradicarla dipende da una complessa ristrutturazione sociale». Sul fronte dei costi, invece, gli ultimi dati mostrano che a febbraio l'indice dei prezzi al consumo si è mantenuto alto, segnando un +4,9% rispetto allo stesso periodo del 2009, senza mostrare alcuna flessione rispetto al mese precedente nonostante le misure messe in campo dal governo, e mantenendosi ben al di là della soglia del 4% entro la quale Pechino intende contenerla per il 2011.
Ma sarà soprattutto il prossimo ticket previsto al potere del paese, quello composto dall'attuale vicepresidente Xi Jinping e dall'attuale vicepremier Li Keqiang, nominati nel 2007, a dover fronteggiare quelle questioni.


Liberazione 15/03/2011, pag 5

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