lunedì 14 marzo 2011

Il business mafioso pesa 118 miliardi di euro l'anno

Dati e rischi nella relazione annuale del procuratore antimafia Pietro Grasso
Gemma Contin
Millecento pagine e più, conta la corposa «Relazione annuale» del procuratore generale della Direzione nazionale antimafia Pietro Grasso «sulle attività svolte dalla Dna e sulle dinamiche e strategie della criminalità organizzata di tipo mafioso».
Mentre la seconda parte riporta, in poco più delle ultime cento pagine, la «sintesi di alcune delle principali attività svolte», nella prima parte, composta da oltre mille pagine dense di analisi e tabelle riepilogative, si evidenziano le «valutazioni generali» sulle diverse attività d'indagine portate avanti tra luglio 2009 e giugno 2010, nonché la ripartizione del lavoro dei magistrati di Via Arenula.
Divisione del lavoro per gruppi e comitati impegnati sulle singole materie di interesse tradizionali, territorialmente definite: mafia siciliana, 'ndrangheta calabrese, camorra napoletana, criminalità organizzata pugliese, mafie allogene, eccetera; ma anche, e soprattutto, sulle nuove vie del crimine: dalla «infiltrazione nel traffico di opere d'arte» alle ecomafie; dal «finanziamento e trasporto di stranieri in Italia atto a favorire l'ingresso e la permanenza illegale sul territorio dello Stato» alle «attività organizzate per il traffico illecito dei rifiuti»; dai pubblici appalti cui è rivolta l'«alta sorveglianza delle Grandi Opere», con una «sezione specializzata nel monitoraggio sulla realizzazione dell'Expo 2015», fino all'istituzione di un «comitato di sicurezza finanziaria, operante in materia di contrasto al finanziamento del terrorismo internazionale».
Emerge così, nelle righe della relazione di Pietro Grasso, la stretta connessione dell'attività di indagine e di contrasto dei magistrati antimafia, con l'evoluzione delle organizzazioni criminali e del loro assetto, sia entro i confini nazionali - non più circoscritti ad àmbiti regionali delimitati - sia a livello globale. Ovvero in stretto rapporto con le capacità di infiltrazione e di interconnessione delle mafie su scala planetaria, soprattutto riferite ai crimini finanziari di riciclaggio e di finanziamento del terrorismo internazionale. Terrorismo finanziario, più e prima dello stesso terrorismo armato, e più grave per il possibile impatto e per la capacità di deflagrazione sulle economie nazionali, «tanto più alla luce della recessione finanziaria e della depressione economica che hanno colpito profondamente a livello globale».
Su questo punto specifico si concentra, ad esempio, la relazione del consigliere Pier Luigi Maria Dell'Osso, che in un passaggio esemplificativo afferma: «Con riferimento al tema del finanziamento di organizzazioni internazionali, il quadro di conoscenze delineatosi, alla luce delle concrete evidenze investigative, induce a ipotizzare che i cosiddetti "circuiti bancari informali" potrebbero essere utilizzati dalle predette organizzazioni al fine di reperire le indispensabili disponibilità finanziarie».
Seguono le considerazioni generali dei magistrati investiti dell'analisi sui singoli fenomeni mafiosi. Scrivono ad esempio, a proposito della mafia siciliana, Alberto Cisterna e Maurizio De Lucia: «Dalla cattura di Provenzano in poi, Cosa Nostra, superata la fase caratterizzata dall cosiddetta strategia della sommersione, vive una fase di transizione non soltanto sotto il profilo della scelta di una nuova leadership ma anche sotto il profilo della ricerca di nuovi schemi organizzativi e di nuove strategie operative... Ciò non significa che Cosa Nostra non riesca a mantenere il controllo sulle attività economiche, sociali e politiche del territorio, continuando a utilizzare una vasta rete di fiancheggiatori, il sistema dell'estorsione, l'inserimento nel settore dei pubblici appalti e, più recentemente, nei settori della grande distribuzione, dei mercati ortofrutticoli e nelle sale da gioco "lecite"». Inoltre: «E' emersa in Emilia Romagna ed in particolare nella provincia di Modena la presenza di esponenti di alcune famiglie mafiose siciliane interessati all'aggiudicazione di alcune gare di appalto di lavori pubblici».
Allo stesso modo: «Nel capoluogo del distretto di Milano e nel suo hinterland è certa la presenza di gruppi criminali riconducibili a Cosa Nostra che operano in stretto contatto con le cosche calabresi anch'esse presenti in maniera massiccia nel territorio lombardo, operanti con specifico riferimento al settore degli appalti e al traffico di stupefacenti».
Si arriva così alla nota del consigliere Carlo Caponcello sulla criminalità organizzata calabrese: «Gli anni 2009-2010 assumono un significato particolare in relazione all'ampiezza delle vicende criminali di cui la 'ndrangheta è protagonista, della centralità del ruolo da essa ricoperto in Italia e nel mondo, come documentato dalle numerose indagini» e dal «contrasto alle organizzazioni 'ndranghetistiche evidenziato dalle direzioni distrettuali di Reggio Calabria, Catanzaro, Milano, Brescia, Roma, Bologna, Venezia e Torino».
«Può affermarsi - precisa Caponcello - che la 'ndrangheta ha caratteristiche di organizzazione mafiosa presente su tutto il territorio nazionale, globalizzata ed estremamente potente sul piano economico e militare, tanto da poter essere definita "presenza istituzionale strutturale" nella società calabrese, "interlocutore indefettibile di ogni potere politico ed amministrativo", "partner necessario" di ogni impresa nazionale o multinazionale che abbia ottenuto l'aggiudicazione di lavori pubblici sul territorio nazionale».
Ancora: «Secondo il Fondo monetario internazionale ammonterebbe a 118 miliardi di euro il riciclaggio complessivo riferibile alle mafie, mentre il denaro "pulito", al netto del riciclaggio, è stimato attorno ai 90 miliardi di euro l'anno, di cui 44 di spettanza della 'ndrangheta, la più potente e ricca delle organizzazioni criminali italiane».
E arriviamo al capitolo che abbiamo trascelto e che riguarda i «Pubblici appalti», messi sotto speciale attenzione per i due eventi ad alto rischio di infiltrazione mafiosa: la ricostruzione dell'Abruzzo e i lavori di Expo 2015 a Milano e dintorni (ma ci sono anche i lavori di realizzazione delle metropolitane di Roma e Milano e di tratti di viabilità autostradale e ferroviaria) per i quali si è resa necessaria la creazione del «Comitato di Alta Sorveglianza sulle Grandi Opere» con compiti di monitoraggio dei cantieri; delle attività legate al ciclo del cemento e mappatura delle cave; dello stoccaggio, trasporto e smaltimento dei materiali; del trasferimento di proprietà di immobili e beni aziendali; e, per quanto riguarda Expo 2015, con uno "screening" sui meccanismi di possibile infiltrazioni mafiose nelle imprese locali che partecipino ai lavori affidati o subaffidati per la realizzazione delle opere, a cominciare dalle forniture dei materiali e dall'utilizzo di mezzi e macchine movimento terra.
Insomma, l'allerta è altissimo. Le misure cautelative sono state prese, almeno sulla carta. Perché le mafie hanno annusato il business, si stanno attrezzando e sono già lì, sul territorio, vigili e presenti e, come sempre, con i loro potenti legami politici e occulti intrecci finanziari già in essere.


Liberazione 12/03/2011, pag 3

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