mercoledì 9 marzo 2011

Il mio Novecento luci e ombre del secolo breve

Stralci della Lectio discipularis di La Valle letta in occasione dei suoi 80 anni
Raniero La Valle
La Fuci (Federazione degli universitari cattolici) rappresentò per me, come per molti altri giovani, la vera figura della Chiesa. Un po' libera e un po' clericale, molto seria e molto allegra, studiava e cantava, era intellettuale e sentimentale. C'era molto Maritain, che a me non piaceva per quella storia di dividere i piani tra lo spirituale e il temporale, tra l'operare come cristiani e l'operare come cittadini. Ma soprattutto era una grande comunità di amici: se la Chiesa era quella, era una meraviglia. […] La Fuci fu anche l'iniziazione alla politica, attraverso l'impegno nella democrazia universitaria. […] Io allora non sapevo che in quegli anni, tra la fine della guerra e il mio ingresso all'università, c'era stato un passaggio d'epoca. Certo, conoscevo i fatti, ma non ancora la loro portata. In effetti in quegli anni, con l'Assemblea di San Francisco, la Dichiarazione universale dei diritti dell'uomo, le Costituzioni, il Novecento aveva cambiato il suo volto, aveva segnato una svolta nella storia e nel pensiero dell'Occidente, e aveva cambiato il nostro destino. […] Il "mai più" pronunciato sotto lo scrosciare delle bombe, nei campi di sterminio, nelle carceri della tortura, dinanzi ai venti milioni di morti solo nell'Unione Sovietica, dinanzi allo stupro dei popoli fatto da colonie ed imperi, doveva trovare la sua traduzione in culture ed ordinamenti nuovi. Fu così che nella storia del Novecento irruppe la novità della grande Costituente mondiale da cui nacque la Carta dell'Onu del '45, irruppe la novità del costituzionalismo come teoria dello Stato, e in Italia la novità della Costituzione e della Repubblica.
Il rovesciamento, almeno in via di principio, rispetto a tutta la storia passata, non poteva essere più radicale. E ciò almeno sotto tre profili.
1) Se prima il pensiero della disuguaglianza aveva fondato il dominio, ecco che ora veniva proclamata l'eguaglianza. In tutta la storia, fino a Hegel, a Spencer, a Nietzsche, a Croce e perfino nel dizionario francese Larousse e fino a Hitler, era stata teorizzata la disuguaglianza per natura degli esseri umani, la differenza tra popoli della natura e popoli dello spirito, tra spagnoli ed indios, tra razze bianche e nere, tra forti e deboli, tra maschi e femmine, tra uomini e no. Ed ecco che nel '45 eguaglianza e unità di tutta la famiglia umana vengono proclamate come principi generali e universali e come tali entrano nel diritto.
2) Se prima la guerra era stata proclamata dai filosofi madre e principio di tutte le cose, [...] ecco che ora la guerra veniva ripudiata come una spregevole concubina, veniva esclusa dal diritto e proibita nella comunità internazionale perfino nelle sue premesse, con il divieto non solo del ricorso alla forza, ma anche della minaccia dell'uso della forza.
3) Se prima l'idea di sovranità, come di un potere che non riconosce sopra di sé nessun altro potere, aveva fondato gli assolutismi e attribuito agli Stati il diritto di guerra, ecco che ora essa veniva ridimensionata, resa relativa. La sovranità esterna degli Stati era rovesciata nell'interdipendenza, sottoposta al diritto internazionale cogente e addirittura fatta oggetto di rinuncia, come nella Costituzione italiana, al fine di costruire un ordinamento di giustizia e di pace tra le Nazioni; e la sovranità interna veniva strettamente condizionata al costituzionalismo [...].
Certo, questi principi erano ben lungi dall'attuarsi. Però stabilirono un traguardo. Alla Costituente i partiti di massa e i professorini ce la misero tutta per fare della Repubblica il soggetto a cui fossero intestati questi ideali, e ci riuscirono; e i dossettiani ce la misero tutta per fare della Democrazia Cristiana lo strumento per la loro attuazione, finché, non riuscendoci, Dossetti si ritirò dalla scena. […]
E' su questo scenario che irrompe il Concilio, […] benché oggi molti si ostinino a dire che il Concilio non ha cambiato niente, la Chiesa e il suo annuncio di fede ne sono usciti trasformati [...] il Dio testimoniato dal Concilio non è un Dio vendicatore che debba essere risarcito e placato con l'olocausto del Figlio; l'età dei sacrifici è conclusa, e con essa qualunque legittimazione religiosa delle pratiche vittimarie, delle vendette del sangue, delle rappresaglie, della violenza e della guerra. […] Il Dio del Concilio non è il Dio bifronte, tremendum et fascinans, di cui parlava Rudolf Otto all'inizio del Novecento, ma è un Dio solo fascinans, solamente buono. E' un Dio che non ha cacciato nessuno dal giardino dell'Eden dopo il peccato; nella narrazione della storia della salvezza fatta dal Concilio questa cacciata non c'è […] Di conseguenza l'essere umano non è un fuscello sbattuto nel tempo, ma ce la può fare a prendere in mano la storia, ad aggiustarla (ius, il diritto, viene da iustari, che vuol dire aggiustare). Il Figlio di Dio si è unito in qualche modo ad ogni uomo, dice il Concilio, perciò la salvezza è per tutti, e tutti possono cooperare a realizzarla [...] La riconciliazione della Chiesa col mondo, celebrata dal Concilio, è stata in realtà una riconciliazione con l'uomo, con gli uomini e le donne quali noi siamo; e da questo non si può tornare indietro. [...]
Il '68 fu la terza rivoluzione della seconda metà del 900. Dopo la rivoluzione del diritto, dopo la conversione del linguaggio della fede, venne col '68 la rivoluzione della vita quotidiana, l'esplodere dei movimenti, il nuovo pensiero femminista, il sogno della libertà, la lotta contro le istituzioni totali, la chiusura dei manicomi, il nuovo diritto di famiglia. Il '68 avrebbe dovuto essere letto come un segno dei tempi; ma così non fu letto né dalla Chiesa né dai partiti, e perciò non poté sprigionare tutte le sue energie.
Nel 1974 si ruppe l'unità politica dei cattolici col referendum sul divorzio; i "cattolici del no" con Scoppola, Carniti, le Acli, le comunità di base rifiutarono il sì all'abrogazione preteso da Fanfani e da Gabrio Lombardi. […] A causa dell'esito del referendum il sistema di potere si incrinò; la democrazia bloccata dalla clausola di esclusione dei comunisti rischiava di non poter essere più nemmeno democrazia. Senza i comunisti, non aveva i numeri. Era venuto dunque il tempo di mettere il dialogo alla prova, come aveva scritto Mario Gozzini: coi comunisti si poteva parlare, e perfino giungere a fare una maggioranza parlamentare con loro. Alla Badia Fiesolana, nel 1976, ospiti di padre Balducci, ci ritrovammo in un centinaio per decidere il da farsi. C'era un invito del Pci a entrare nelle sue liste come indipendenti. [...] Nacque così la componente cristiana della Sinistra Indipendente che raggiunse in Parlamento il sen. Ossicini, l'ultimo erede della Sinistra cristiana, e che divenne un punto di riferimento nel dibattito culturale e politico del Paese.
In Parlamento il battesimo del fuoco arrivò per me, appena eletto, con la legge sull'aborto. Bisognava uscire dal sistema carcerario e clandestino previsto dal codice Rocco; ma non potevamo nemmeno ammettere la liberalizzazione ideologica dei radicali. Perciò cercammo una soluzione conforme alla Costituzione ma non dimentica del Vangelo, il che voleva dire che contrastava con quella di tutti i gruppi parlamentari, dai democristiani ai comunisti. Il confronto fu molto duro, ma infine riuscimmo a mettere nella 194 quelle cose che nel gennaio scorso la Chiesa ortodossa ha chiesto al governo Medvedev di mettere ora nella legislazione russa: l'obbligo di una consultazione preventiva con la donna, la ricerca di alternative all'aborto, l'introduzione di un consenso informato e di un tempo di riflessione, nonché la creazione di "centri di crisi", che noi chiamavamo consultori, nelle cliniche ostetriche. [...]
In quella legislatura Moro, che aveva osservato come nelle elezioni del 1976 c'erano stati due vincitori, la Democrazia Cristiana e il Partito comunista, cominciò a tessere la sua tela per giungere a una democrazia compiuta, superando l'esclusione che metteva fuori gioco un terzo dell'elettorato. L'America non voleva, e c'era in Italia chi minacciava di scendere con le armi nella strada, se i comunisti fossero stati ammessi al governo.
Ma le armi già le avevano le Brigate Rosse; e lo sbarramento, interno e internazionale, ad una intesa coi comunisti fu tale che Moro fu ucciso, complice la linea della fermezza che lo votò al sacrificio. Io gridai contro la ragion di Stato che ripeteva la sentenza di Caifa per la quale «è bene che un uomo solo muoia per il popolo», ma il rombo della fermezza coprì ogni voce alternativa.
Fu lì che morirono anche la Democrazia Cristiana e il Partito comunista, pur se la loro agonia si protrasse nel tempo. [...] A finire non era solo l'utopia comunista, ma anche il sogno occidentale di una democrazia realizzata, dove la politica moderasse l'economia, il costituzionalismo garantisse i diritti e tenesse entro limiti invalicabili il potere, la giustizia fosse realizzata, e le Repubbliche togliessero gli ostacoli al pieno sviluppo della persona umana.
Il Novecento finì così con una sconfitta.

Liberazione 02/03/2011, pag 8

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