martedì 29 marzo 2011

La guerra batteriologica e la politica della paura

Chi ci guadagna con il bioterrorismo

In questo contesto di dicerie atte a diffondere il panico, di progressiva militarizzazione e di transazioni economiche corrotte, il Critical Art Ensemble si è sentito costretto a scrivere una contro-retorica critica. Nelle pagine che seguono cercheremo di dar ragione del perché il bioterrorismo sia una strategia militare fallimentare; del perché sia praticamente inservibile per i terroristi; di quanto gli sforzi per «stare pronti» siano dannosi per la politica della salute pubblica; di quanto le istituzioni traggano benefici dal bioterrore; e del perché questo problema non verrà lasciato nelle mani della «comunità diplomatica». Ci rendiamo ovviamente conto delle difficoltà del lavoro che abbiamo intrapreso. La conoscenza di questa materia è molto frammentaria. Ci sono tante versioni della storia quanti sono i giocatori in campo. E visto quanto è alta la posta in gioco, non possiamo fidarci di alcun esperto biologo, né di alcun esperto politico, dal momento che tutti si trovano all'interno di un palese conflitto di interessi: ecco perché è necessario un approccio tanto scettico.
Anche per quanto riguardo le quantità, la situazione è parecchio imprecisa. Ad esempio, come possiamo sapere quanto denaro pubblico viene speso nella ricerca per la guerra batteriologica? Operazioni nascoste a parte, molte delle aree di queste discipline sono scarsamente definite. Burocrati e contabili possono giocare in modo molto disinvolto su cosa fa parte e cosa non fa parte della ricerca per la guerra batteriologica. Di conseguenza, tutto quello che possiamo dire è che le iniziative dell'amministrazione Bush per la guerra batteriologica sono costate miliardi di dollari ai contribuenti americani. Quanti miliardi di dollari è pressoché impossibile determinarlo con una certa attendibilità. Perciò ci rimangono poche alternative per descrivere quel che succede. Ci sono scaffali zeppi di documenti fondamentali e una manciata di rapporti, ma in fin dei conti possiamo contare esclusivamente sulla nostra esperienza pratica, nella vita di tutti i giorni, per giudicare se sia il reale o il surreale a regnare sovrano in questa situazione.
La nostra opinione è semplicemente che lo «stare pronti» in vista della guerra batteriologica è solo un eufemismo per il via libera di fatto allo sviluppo di tecnologie belliche e alla militarizzazione della sfera pubblica. «Stare pronti», per come stanno ora le cose, è una follia che si perpetua con l'unico scopo di fornire voti ai politici, pubblico ai dibattiti sui media, profitti alle grandi aziende e fondi alla ricerca militare. Se una qualche minaccia reale per la nostra vita o per la nostra salute esiste, non proviene dalle armi batteriologiche ma da quelle istituzioni che da questa corsa agli armamenti traggono enormi benefici.
(da Critical Art Ensemble, "Lo spettro della peste", elèuthera, pp. 128, euro 10)


Liberazione 25/03/2011, pag 5

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