lunedì 21 marzo 2011

"Stop the war", Usa in campo. I pacifisti tornano in azione

Dal sito "AnswerCoalition" appello alla mobilitazione. Ed in migliaia rispondono

Castalda Musacchio
Rullano i tamburi. Le bombe sono cadute come si temeva. Ed ora, come si può ancora parlare di «intervento umanitario»? A chiederselo sono in molti. A partire dalle migliaia di pacifisti che hanno subito lanciato un appello che, ironia della sorte, cade proprio nell'ottavo anniversario dell'invasione in Iraq. Un appello alla mobilitazione che ha percorso in pochi istanti, in un tam tam mediatico, la Rete. E sono state decine le manifestazioni che si sono svolte in tutta America, da Washington fino alla lontana Hilton Head Island in South Carolina, attraversando le principali città degli Usa: Los Angeles, Boston, San Francisco, Phoenix, Chicago, Orlando, Kansas city, Cincinnati, fino ad arrivare a Portland, Dallas, Austin e Seattle. Si sono dati appuntamenti in luoghi simbolici ed in altri del tutto sconosciuti. E si sono ritrovati insieme studenti, disoccupati, lavoratori, "radical" e democratici e persino i veterani di altre ben note guerre per chiedere di «fermare questo attacco pianificato».
Le azioni? Sono state del tutto impreviste. C'è chi ha improvvisato "sit in" in angoli di strada come è accaduto a Racine (in Wisconsin), solo per citare una delle tantissime città coinvolte; chi ha bloccato il traffico con bici e pattini; chi ha partecipato a flash-mob; chi ha promosso concerti per la pace come ad Austin; chi, più semplicemente, è sceso in strada con bandiere e slogan decisi quanto mai a proseguire nelle loro azioni non violente. La conferma? Proviene dal sito "answercoalition.org" dove è anche possibile reperire con facilità tutte le news riguardanti i prossimi eventi.
E i documenti stilati dovrebbero far riflettere persino il democratico presidente Obama. «Il movimento contro la guerra statunitense - si legge nel testo stilato da "answercoalition" - deve prendere una chiara posizione contro ogni intervento militare degli Usa o di ogni altro Stato dell'Onu dominato dagli Usa. L'intervento non porterà democrazia e libertà al popolo libico. Per il Governo americano non esiste un "intervento umanitario". Il popolo progressista deve strappare la maschera e gli slogan falsamente umanitari utilizzati dalla Casa Bianca, dal Segretario di Stato e dal Pentagono circa la loro "profonda preoccupazione" per la sorte del popolo libico. Ogni intervento militare contro la Libia non libererà il popolo libico non più di quanto è accaduto con l'invasione in Iraq». Ed è con queste parole che il movimento pacifista si è di nuovo messo in azione. Altri sit in, marce e proteste si sono avute in Inghilterra ed in Francia. In Italia il movimento si sta organizzando. A Bologna, ieri, è stata subito convocata una prima manifestazione. Lo stesso è accaduto a Roma dove è scattata una pre-mobilitazione dopo la notizia dell'attacco francese. Così, a Torino, un'iniziativa promossa dal Comitato torinese di solidarietà dei popoli arabi, dal centro di documentazione "Filastin" e dai gruppi cittadini di Sinistra critica e del Pcl, ha portato decine di persone a Porta Palazzo. A Milano, ancora, un corteo piccolo ma combattivo, convocato da tutte le sigle della sinistra parlamentare insieme al Comitato immigrati, si è snodato per le vie del centro. «Mentre a Parigi, Europa e Stati Uniti, insieme a Qatar, Giordania, Emirati Arabi e Marocco - si legge in un comunicato - davano il via alle azioni militari in Libia e i caccia francesi volavano su Bengasi, la sinistra milanese si è data appuntamento a piazzale Loreto per protestare contro "l'ennesimo intervento imperialista mascherato da guerra umanitaria"».
«Quello che sta succedendo in Libia è solo un tassello di una mobilitazione che sta investendo tutta l'area del Nord-Africa», spiega un manifestante. «Il sostegno più grande che possiamo dare ai ribelli di Bengasi - continua un altro - è quello di una mobilitazione di massa in tutti i paesi, schierandoci senza esitazioni per la cacciata del colonnello e contro i tentativi imperialisti». Eppure, dalle istituzioni, non si sono levate voci di responsabili parlamentari che hanno cercato di uscire dall'"impasse" libico con altre strategie, se non quella di dichiarare, a tutti i costi, una nuova guerra.


Liberazione 20/03/2011, pag 4

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