lunedì 21 marzo 2011

Rilanciare la funzione pubblica delle aziende comunali

Fabio Alberti*
Nelle prossime settimane il Comune di Roma si appresta a varare la privatizzazione della raccolta dei rifiuti e del trasporto pubblico, mettendo sul mercato il 40 per cento di Ama e Atac, le più grandi aziende italiane nei rispettivi settori e "bene comune" dei cittadini romani. Lo farà sull'onda di "parentopoli", lo scandalo delle assunzioni senza concorso, quasi che privatizzare possa mettere al riparo da questi abusi, e lo farà senza un adeguato dibattito pubblico, impedendo che i Municipi ne discutano. Figuriamoci i cittadini.
Il fatto che lo si faccia a poche settimane da un voto referendario che riguarda proprio la privatizzazione dei servizi, in primo luogo l'acqua, non fa che testimoniare ulteriormente il disprezzo di Alemanno per la democrazia e la partecipazione.
Le conseguenze sono già prevedibili: aumento delle tariffe, taglio dei "rami secchi", peggioramento del servizio, precarizzazione dei lavoratori.
E così l'abdicazione al controllo pubblico sulle aziende e la "privatizzazione", già avvenuta, delle loro finalità, testimoniate proprio da parentopoli, diventeranno definitive, suggellate da patti parasociali che prevedono l'affidamento della gestione ai soci privati, nonostante la maggioranza delle azioni rimanga di proprietà del Comune.
Il punto è proprio questo: le aziende comunali sono ancora pubbliche? O le loro finalità sono già state piegate ad interessi privati?
Come si può ancora definire "pubblica" un'azienda che invece di assumere autisti per concorso fa chiamate dirette di parenti, amici (ed una lunga lista di fascisti), come impiegati che non hanno nemmeno la sedia per sedersi? O che assegna appalti senza gara?
Non è già "privata" un'azienda come la Marco Polo spa, società partecipata da Ama e Acea, il cui presidente si è dimesso sostenendo che «ha una struttura creata e tenuta in piedi allo scopo di raggiungere obiettivi non a lei propri, ma rispondenti a soggetti esterni»?
Quanto ha guadagnato l'avvocato Cerroni, proprietario della discarica di Malagrotta, dal mancato raggiungimento da parte di Ama della quota di raccolta differenziata stabilita da leggi nazionali ed europee? E quanto ci ha rimesso il Comune? E il fallimento della differenziata a Roma è solo frutto di incompetenza, o è stato voluto proprio per favorire il "re della monnezza"? Anche in questo caso il concreto operare di una azienda "pubblica" sarebbe stato piegato ad interessi privati.
Cosa c'è di "pubblico" negli sprechi e nelle inefficienze determinate dall'attuale legame tra il managment e le richieste spartitorie dei partiti? Quanta parte del deficit dell'Atac e del pessimo servizio che eroga, è dovuto al fatto che a Roma le corsie preferenziali sono quasi inesistenti, che le Ztl non funzionano? E perché, in queste condizioni, privatizzarne la proprietà dovrebbe far aumentare la velocità commerciale dei mezzi che è tra le più basse d'Europa?
Ben al di là di una mera difesa della sola proprietà comunale delle aziende così come esse sono oggi, che rischia di assolvere anche il fallimento complessivo dei servizi per i quali sono state istituite, occorre una politica di recupero delle loro finalità pubbliche, inserito in un quadro coordinato di una nuova politica dei servizi. Il rilancio di queste politiche è la condizione per poter efficacemente difendere anche la proprietà pubblica delle aziende.
Per questo, come Federazione della Sinistra di Roma, nell'ambito della iniziativa per "Roma bene comune", abbiamo avanzato la proposta di ridefinire i compiti delle aziende all'interno di una revisione delle politiche dei servizi (gestione del ciclo dei rifiuti con obiettivi di riduzione, riuso, riciclo per l'Ama; riconversione energetica della città con obiettivi di risparmio energetico per Acea, regionalizzazione del servizio di trasporto abbinato ad un aumento della superficie stradale dedicata al trasporto collettivo, rilancio delle farmacie comunali nell'ambito di una territorializzazione del servizio sanitario) per restituire le aziende alla collettività a cui appartengono.
Ciò comporta una ripresa forte delle funzioni del Consiglio Comunale come depositario del ruolo di indirizzo sulle politiche aziendali, che invece si vogliono cedere ad azionisti di minoranza, e comporta soprattutto la necessità di un dibattito pubblico largo e partecipato.
Comitati pendolari, contro le discariche, di quartiere, associazioni, cittadini organizzati, lavoratori devono reclamare come proprio bene comune Ama, Atac, Acea e le altre aziende "in house" e pretendere un revisione del loro funzionamento per riappropriarsi di ciò che invece si vuole definitivamente alienare.
*portavoce FdS Roma


Liberazione 18/03/2011, pag 10

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