venerdì 5 agosto 2011

Amitav Gosh indaga le origini della globalizzazione

Novità Pubblicato in India "River of Smoke"

Vittore Luccio
River of Smoke, "Fiume di Fumo", (Viking/Penguin India) è l'ultimo appassionante romanzo di Amitav Gosh, narratore, saggista e giornalista indiano, che da molti anni vive negli Stati Uniti. Il libro è uscito da poco in India e nel mercato anglosassone (Ancora inedito in Italia). E' il secondo capitolo di un ambizioso progetto che prevede una trilogia (la trilogia della nave Ibis), di cui è uscito in Italia nel 2008 Mare di Papaveri. Quel romanzo ci ha portato lungo il Gange a Calcutta, dove si coltivano i papaveri e si elabora l'oppio. River of Smoke continua la storia fino a Canton in Cina, dove l'oppio viene venduto.
L'idea è quella di raccontare la genesi dell'India moderna, attraverso una storia, anzi attraverso molte storie, che attraversano l'epopea della cosiddetta "Guerra dell'Oppio", il conflitto che vide la contrapposizione dell'Impero britannico con il governo Cinese. Gli europei cercavano di introdurre l'oppio in Cina, affare molto redditizio e grimaldello per la diffusione del commercio dall'Occidente in generale grazie anche alle connivenze con le reti della malavita. Il governo cinese cercò di opporsi strenuamente, ma alla fine le fumerie d'oppio si diffusero lo stesso, provocando anche degli squilibri economici, dal momento che cresceva l'import a dismisura. «Dal 1800 al 1821 le importazioni di oppio erano in media di 4.500 balle (di 133 libbre l'una) all'anno. Nel 1838 erano diventate 40.000 balle. Ciò comportava per la Cina un'emorragia di argento per pagare le importazioni: dal 1821 al 1839 un deficit per la Cina di 100 milioni di once d'argento. Il danno si riversava specialmente sulla popolazione rurale, che era tenuta a pagare le tasse in un controvalore riferito all'argento; e questo era cresciuto di valore, data la crescente scarsità. Il commercio con la Cina, e non solo quello dell'oppio, era lucrativo». (G. Melis, Centroriente).
In questo quadro si situano le molte vicende che sono al centro del romanzo, tra cui quelle di una giovane vedova indù in fuga, di un nero figlio di una schiava che aveva riconquistato la libertà che passa per marinaio americano bianco, del raja degradato a prigioniero comune. Ma il valore principale dell'opera di Gosh risiede nella sua capacità di proiettarci dentro quell'epoca, grazie a un'inesauribile quantità di particolari, a cominciare dal linguaggio usato e senza mai risultare stucchevole o eccessivo. Uno dei cardini del libro è la vicenda di Bahram, il commerciante di oppio Parsi di Bombay, che ama mangiare le samosa, specialità dello Xinjiang. La descrizione di questi triangolini di pasta ripieni di carne, che lì dove sono originari si chiamano Samsa e invece in hindi, per l'appunto samosa, il modo in cui vengono preparati sulla nave che sta trasportando il nostro imprenditore globalizzato ante litteram è una delle tante scene che rimarranno impresse nella mente del lettore.
Ma la vera sorpresa del romanzo è la lingua. Gosh è considerato uno dei più grandi scrittori indiani di lingua inglese e una persona molto colta. Spesso gli scrittori indiani di lingua inglese utilizzano parole della loro lingua madre per dare colore a certi momenti o per indicare cose da mangiare o da vestire o magari dei riti specifici che in una sola parola riescono a far capire meglio di tante spiegazioni. Vikram Chandra, alla fine dei suoi libri, ha addirittura un glossario dove alcuni termini sono spiegati molto dettagliatamente. Gosh, invece, anziché limitarsi ad usare i termini delle lingue che ha imparato (ricordiamo che è nato a Calcutta e cresciuto in Bangladesh, Sri Lanka e India) che non sono poche, utilizza termini utilizzati in tutto l'Oriente. E lui stesso ci dice: «Leggendo giornali di bordo e la stampa dell'epoca rimasi colpito dal numero incredibile di marinai asiatici presenti nelle navi ottocentesche. Così ho scoperto i "lascari", marinai che provenivano da ogni parte dell'Oceano Indiano, e la loro incredibile lingua, attraverso la quale è possibile comprendere il mondo nautico». Il lettore si farà certamente catturare dalle mille storie e dalle mille parole di Gosh, che riesce a farci perdere in un fiume di parole.


Liberazione 03/07/2011, pag 14

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