mercoledì 3 agosto 2011

Nucleare. Tempi e costi in(de)finiti. E' davvero un'energia conveniente?

Nucleare Ecco perché il ritorno all'atomo è una scelta sbagliata


Vincenzo Balzani*
L'argomento apparentemente più convincente a favore dello sviluppo del nucleare in Italia è quello basato su considerazioni economiche: secondo voci ufficiali si possono costruire quattro centrali Epr, per un totale di 6400 Mw di potenza, con 12-15 miliardi di euro. In realtà, non solo tutto lascia prevedere che il costo per la sola costruzione sarà di gran lunga maggiore della cifra indicata, ma c'è anche la certezza di aprire una partita il cui costo finale è oggi indefinito.
Il tentativo di rilanciare il nucleare in Europa da parte della ditta francese Areva con la costruzione in Finlandia di un reattore del tipo di quelli che si vorrebbero installare in Italia sta naufragando. Il contratto prevedeva la consegna del reattore "chiavi in mano" dopo 4 anni, nel settembre 2009, al costo di 3 miliardi di euro; ad oggi, i lavori sono in ritardo di tre anni e mezzo ed il costo è aumentato di 2,3 miliardi di euro. Ma non è finita, perché le autorità per la sicurezza nucleare di Finlandia, Francia ed Inghilterra hanno chiesto drastiche modifiche nei sistemi di controllo del reattore, cosa che da una parte causerà ulteriori spese e ritardi e dall'altra conferma che il problema della sicurezza non è facile da risolvere.
L'Italia non solo non ha uranio, ma non ha neppure la filiera che porta, con operazioni di una certa complessità, dall'uranio grezzo all'uranio arricchito utilizzato nei reattori. Per il combustibile dipenderemo quindi totalmente da paesi stranieri, seppure amici come la Francia. Non bisogna però dimenticare che la Francia a sua volta non ha uranio e che per far funzionare i suoi reattori ne importa il 30% da una nazione politicamente instabile come il Niger, sua ex-colonia ora ri-colonizzata.
C'è poi il problema dello smaltimento delle scorie radioattive per decine di migliaia di anni, non ancora risolto neppure negli Usa dove, dopo aver cercato di costruire un deposito "permanente" scavando per 30 anni sotto una montagna del Nevada, con una spesa di circa 100 miliardi di dollari, si è ora riconosciuto che si tratta di un'impresa impossibile e si è deciso di lasciare le scorie sui piazzali delle centrali. Nel conto finale dell'energia nucleare, quindi, bisogna anche includere il costo economico e sociale del dover sorvegliare questo materiale per tempi indefiniti. Infine, c'è il problema dello smantellamento delle centrali nucleari a fine ciclo. Si tratta di operazioni complesse, pericolose e molto costose, che in genere vengono rimandate (per un minimo di 50 anni in Francia, per 100 anni in Gran Bretagna), in attesa che la radioattività diminuisca e nella speranza che gli sviluppi nella tecnologia di decontaminazione e dei robot rendano più facili le operazioni.
Il rientro nel nucleare, quindi, è un'avventura piena di incognite. L'opzione nucleare, a causa dei lunghi tempi per il rilascio dei permessi e l'individuazione dei siti (3-5 anni), la costruzione delle centrali (7-10 anni), il periodo di funzionamento per ammortizzare gli impianti (40-60 anni), i tempi per lo smantellamento alla fine dell'operatività (50-100 anni), la radioattività del combustibile esausto (decine di migliaia di anni), è una scommessa con il futuro il cui rischio è difficilmente valutabile in termini economici e sociali. Ad esempio, nessuno è in grado di prevedere se fra due o tre decenni sarà ancora possibile ottenere uranio (del quale siamo totalmente sprovvisti) in quantità sufficienti e a prezzi convenienti per fare funzionare le centrali, oppure se il prezzo dell'energia elettrica prodotta da altre fonti (ad esempio, eolica e solare) sarà ancora relativamente alto.
Infine, bisogna notare che l'eventuale rientro nel nucleare, proprio a causa dei suoi tempi che ipotecano largamente il futuro, è una decisione che richiede il consenso politico della grande maggioranza del Parlamento e l'accordo con le Regioni, alle quali spetta la competenza dell'uso del territorio.
Aspetti internazionali
L'espansione del nucleare non è auspicabile neppure a livello mondiale in quanto si tratta di una tecnologia per vari aspetti pericolosa. C'è infatti una stretta connessione dal punto di vista tecnico, oltre che una forte sinergia sul piano economico, fra nucleare civile e nucleare militare, come è dimostrato dalle continue discussioni per lo sviluppo del nucleare in Iran. Una generalizzata diffusione del nucleare civile porterebbe inevitabilmente alla proliferazione di armi nucleari e quindi a forti tensioni fra gli Stati, aumentando anche la probabilità di furti di materiale radioattivo che potrebbe essere utilizzato per devastanti attacchi terroristici.
Infine, è evidente che, a causa del suo altissimo contenuto tecnologico, l'energia nucleare aumenta la disuguaglianza fra le nazioni. Risolvere il problema energetico su scala globale mediante l'espansione della tecnologia nucleare porterebbe inevitabilmente ad una nuova forma di colonizzazione: quella dei paesi tecnologicamente più avanzati su quelli meno sviluppati.
*Ist. Giacomo Ciamician, Univ. di Bologna


Liberazione 10/06/2011, pag 3

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