mercoledì 3 agosto 2011

Clinton all'Africa: basta parlare al Rais

Libia Gheddafi di nuovo in tv e gioca a scacchi


Francesca Marretta
Numerosi fronti di guerra restano aperti in Libia, mentre aumenta il numero dei paesi che riconoscono il Consiglio nazionale transitorio (Cnt) di Bengasi come legittimo rappresentante del popolo libico. Ieri è stata la volta degli Emirati Arabi Uniti. Poche ore prima la Germania, che non partecipa alle operazioni militari Nato in Libia, ha eletto il Cnt al rango di partner diplomatico. Ieri mattina il ministro degli Esteri tedesco, Guido Westerwelle, ha fatto tappa a Bengasi, accompagnato dal ministro per gli Aiuti allo Sviluppo, Dirk Niebel. La visita è preludio all'apertura di una rappresentanaza diplomatica tedesca in Cirenaica. Sono dodici gli Stati che riconoscono la ribellione di Bengasi. Anche la Cina ha reso noto di essere pronta a fare un passo in avanti verso la causa dell'insurrezione libica, manifestando l'intenzione di riconoscere il Cnt. Bengasi nuova capitale? Non ancora ma sicuramente è lì che si tratta per l'oro nero libico.
Muammar Gheddafi però è ancora vivo e vegeto. Nonostante i bombardamenti Nato che nei giorni scorsi parevano aver fortemente indebolito il fronte governativo, ieri gli uomini fedeli al Colonnello hanno attaccato gli insorti a est del paese, nei pressi di Ajdabiya, provocando la morte e il ferimento di almeno una ventina di persone. Morti in battaglia nelle scorse ore anche a Zintan. Il portavoce degli insorti parlano di «nove martiri in seguito bombardamenti e più di 40 persone ferite». Anche a Misurata e Brega si combatte ancora, come a Zawiya. Quest'ultima città, sita a 50 chilometri da Tripoli verso il confine con la Tunisia, è strategica per la ribellione a Gheddafi, perchè può fare da testa di ponte per un offensiva su Tripoli e per isolare le forze del regime. Secondo la Bbc dalla frontiera tunisina sta fiorendo un contrabbando armi, in particolare lanciagranate e Ak47, destinato ai ribelli libici. La diaspora libica starebbe in questo senso intervenendo da oltreconfine, contando sul sostengno di molta parte della popolazione tunisina. Nel paese magrebbino che ha cacciato Ben Ali non mancano tuttavia anche sostenitori di Gheddafi. Non tanto per dichiarata simpatia verso il rais di Tripoli, ma per le conseguenze che l'instabilità libica provoca in Tunisia, dalle ondate di profughi, all'arresto dei flussi turistici e di business.
I leader della ribellione libica attivi in Tripolitania hanno dichiarato all'Associated Press di lavorare a una manovra a tenaglia per incastrare Gheddafi, rivelando di muoversi in base a direttive Nato. Nonostante il miglioramento delle capacità tattiche mostrate dall'insurrezione libica, per mostrare che il regime non è sconfitto, Gheddafi si è fatto immortalare in televisione mentre giocava a scacchi col campione del mondo, il russo Kirsan Ilyumzhinov, che è anche presidente della Federazione internazionale della disciplina sportiva ed ex presidente della repubblica della buddista della Calmucchia. Nelle immagini che ritraevano Gheddafi tra una mossa e l'altra dietro occhiali da sole scuri, un banner verde in sovraimpressione indicava la data del 12 giugno 2011.
Il messaggio in chiaro di Gheddafi resta lo stesso: non me ne vado, questa è la mia terra ed è qui che sono seppelliti i miei figli e nipoti. Il Colonnello manda inoltre a dire chi ne chiede le dimissioni che lui in Libia non detiene alcuna carica ufficiale. Non comprende dunque la richiesta. «Non sono né primo ministro né presidente né Re. Non occupo alcun posto in Libia e dunque non devo rinunciare ad alcuna funzione», ha detto il rais, secondo quanto riferito ai media dall'ospite a Tripoli Ilyumzhinov. Secondo malelingue la partita a scacchi tra quest'ultimo e il Colonnello sarebbe terminata prima del previsto a causa della sproporzione di livello tra i due nel duello agonistico. Almeno in questo caso Gheddafi ha gettato la spugna.
Per smuovere le acque dal punto di vista diplomatico, la prossima settimana arriva a Tripoli il rappresentante speciale del Cremlino per il Nordafrica, che ha anche incontrato la leadership di Bengasi. La Russia ha invitato Gheddafi a lasciare, ma ha anche in più occasioni criticato le operazioni Nato, accusando l'Alleanza atlantica allargata di essere andata oltre il mandato dell'Onu.
In visita ad Addis Abeba in Etiopia, dove ha sede l'Unione Africana, la numero uno della diplomazia Usa Hillary Clinton, impegnata in un tour africano, ha invitato i 53 rappresentanti dell'organizzazione panafricana a prendere le distanze da Gheddafi, nonostante il legame a doppio filo che li lega a quest'ultimo. «Fino a quando Gheddafi rimarrà in Libia, il popolo libico sarà in pericolo, deve lasciare il potere. Esorto tutti gli Stati africani a chiedere un vero cessate il fuoco e che Gheddafi faccia un passo indietro». E' dalla prima ora del conflitto in Libia che l'UA lavora a un cessate il fuoco. I ribelli di Begasi hanno però sempre posto come precondizione la cacciata di Gheddafi, che, non essendo sconfitto, non se ne va. La soluzione più urgente per salvare civili e non causare ondate bibliche di profughi è che si affermi un governo alternativo a quello di Gheddafi o far tacere le armi?


Liberazione 14/06/2011, pag 7

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