venerdì 5 agosto 2011

«In Corea andiamo così veloci che rischiamo di dimenticare gli affetti»

Kyung-Sook Shin Scrittrice tra le più note della Corea del Sud, autrice del romanzo "Prenditi cura di lei"


Park So-nyo, 69 anni, minuta, capelli argentati con permanente, scompare, senza denaro e senza documenti, nella sterminata marea umana della metropolitana di Seul. E' arrivata nella grande città dal suo piccolo paese di campagna per il solito pellegrinaggio alle case dei figli, soprattutto a quelle del primogenito, appena diventato dirigente di un'impresa immobiliare, e della figlia che scrive romanzi che lei, analfabeta, provvede sempre puntualmente a farsi leggere. Per la prima volta, proprio questa donna che si è sacrificata tutta la vita per loro, ha bisogno dei suoi figli.
Prenditi cura di lei, uscito nella collana "Le tavole d'oro" di Neri Pozza (pp. 304, euro 17,00) è il primo romanzo di Kyung-Sook Shin ad essere pubblicato nel nostro paese. Nata nel 1963 in una remota regione montuosa nella Corea del Sud, questa scrittrice, tra le più note del paese asiatico, ha esordito nel 1985 e ha all'attivo oltre una decina tra romanzi e raccolte di racconti. Con Prenditi cura di lei, tradotto in tutti i maggiori paesi occidentali, ha ottenuto un successo internazionale.

Al centro di questo romanzo c'è la figura di una madre che si sacrifica per tutta la vita per aiutare i figli che quasi si rendono conto di ciò che ha fatto per loro solo quando scompare. Una metafora di ciò che la modernizzazione e l'individualismo possono rischiare di farci perdere?
La prima frase del libro, "Mamma è scomparsa da una settimana", indica subito come il vero tema del romanzo sia la perdita di ciò che possiamo avere di più caro, i nostri affetti e le nostre radici. In effetti con i grandi cambiamenti che sono intervenuti nella società coreana nello spazio di pochi decenni si è corso e si corre ancora oggi il rischio che vada persa quella parte della cultura tradizionale che è fatta di legami affettivi e di cura degli altri. Un'anziana signora che si perde nella metropolitana di Seoul obbliga tutti a fermarsi e a mettersi a cercarla. Ma allo stesso modo interroga tutti noi su che cosa, davvero, abbiamo perso, o rischiamo di perdere di ciò che siamo stati un tempo. E' questa domanda che fa da sfondo alla storia che racconto.

La mamma del romanzo ha dormito nell'ufficio del figlio quando lui è stato assunto, per aiutarlo all'inizio della sua carriera. Quando hanno pesato sacrifici del genere nella costruzione del "modello" coreano?
Moltissimo. In effetti si tratta di un esempio concreto di ciò che può accadere in Corea. Ora non più, ma solo pochi anni fa sarebbe apparso a tutti normale che una madre aiutasse il figlio a realizzare la sua carriera in tutti i modi, anche andando a dormire con lui in ufficio per badare alle sue cose mentre lui lavorava. Ed è anche grazie a questo tipo di sacrifici personali che la Corea ha raggiunto i livelli di benessere e di affermazione economica a livello internazionale che tutti le riconoscono oggi. Ma tutto questo non è stato assunto fino in fondo nella società, vale a dire che per molte madri fare simili sforzi era del tutto naturale, legato alla cultura tradizionale e alle abitudini di sempre. Sono le nuove generazioni, specie di donne, che valutano ora fino in fondo gli atti compiuti dalle loro madri e quanto si siano sacrificate in passato.

Eppure il passaggio del testimone tra le diverse generazioni non sembra così facile. La madre protagonista del romanzo è analfabeta mentre una delle sue figlie è una scrittrice affermata...
Il processo di modernizzazione della società coreana è stato talmente rapido che si può effettivamente sostenere che i più giovani non capiscono i più vecchi e viceversa, quasi non parlassero più la stessa lingua.

Come è stato accolto questo libro in patria, ha suscitato un dibattito l'idea di riflettere così profondamente sulle trasformazioni e le contraddizioni della società coreana?
Il libro è andato molto bene e credo che abbia contribuito, almeno in parte, a una riflessione sulla difficoltà crescente che c'è da noi nel confrontarsi e comprendersi tra vecchi e giovani, e più in generale sul rischio che in una società ipermoderna e ultratecnologizzata si finisca per non comunicare più, chiudendosi ciascuno in un proprio spazio simbolico e emotivo, finendo per togliere ogni valore agli affetti e ai legami personali. Del resto, quando ho scritto il romanzo speravo proprio che ciascun lettore si interrogasse sul suo personale rapporto con la famiglia d'origine, con la "mamma", con lo "spazio" e le persone da cui veniva e da cui era stato cresciuto. Mi sembra questo l'unico modo per guardare positivamente e con affetto al resto del mondo, a tutto ciò che ci circonda.

La società coreana è stata attraversata da un grande sforzo collettivo di riuscita e di affermazione economica e sociale, che spazio ha lasciato tutto ciò alle voci, necessariamente intime e soggettive, delle scrittrici e degli scrittori?
La letteratura coreana assolve spesso a un compito molto delicato, quello di aiutare a lenire il malessere e a curare le ferite di persone che passano gran parte del loro tempo completamente immerse in un lavoro molto duro. E' come se nel mio paese si affidasse, credo più che in altre realtà, ai romanzi il compito di far affiorare quei sentimenti che la velocità e i ritmi della produzione rischiano di escludere dalle nostre vite.
Gu. Ca.


Liberazione 03/07/2011, pag 15

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