mercoledì 3 agosto 2011

La Nato esclude l'intervento di terra e aumenta i bombardamenti

Libia Vertice dei ministri della Difesa dell'Alleanza atlantica a Bruxelles

Francesca Marretta
La Nato discute a Bruxelles del dopo-Gheddafi, mette le mani avanti dicendo che finita la missione sarà il caso che intervengano altri, leggi Onu, e bombarda pesantemente Tripoli. Ma ieri le forze fedeli al Colonnello libico hanno attaccato Misurata con razzi e artiglieria, provocando decine di morti. Dopo ore di combattimenti (l'attacco sferrato dai filogovernativi ha avuto inizio alle cinque del mattino e si è protratto fino al tardo pomeriggio) gli insorti di Misurata hanno reso noto di aver respinto il tentativo di Tripoli di riconquistare la città. Tutto questo avveniva mentre il vertice dei ministri della Difesa Nato, che prosegue oggi, apriva i battenti a Bruxelles.
L'incontro Nato segue di poche ore la più pesante giornata di bombardamenti abbattutisi su Tripoli. Martedì almeno 60 raid dell'Alleanza atlantica allargata hanno colpito la capitale libica, provocando secondo fonti governative del paese nordafricano almeno 31 morti. Gheddafi tuttavia continua a resistere e a ribadire di voler restare al suo posto: «Rimarrò a Tripoli, vivo o morto», ha detto il Colonnello dalle frequenze della televisione di Stato.
Al vertice Nato, incentrato sulla questione libica e quella afghana, il segretario generale Rasmussen ha chiesto agli alleati in "seconda fila" nell'intervento libico, di dare una mano a chi è in prima linea nella guerra (Gran Bretagna, Francia, Italia, Canada, Belgio, Danimarca, Norvegia e Stati Uniti, appoggiati dagli Emirati arabi uniti). Nessuno si è però fatto avanti. Anzi, la Norvegia ha annunciato l'intenzione di ridurre l'impegno sul fronte libico entro il 24 giugno. La Germania non coinvolta nella guerra in Libia, ribadisce di non essere disposta ad alcun cambio di rotta. La Svezia (che non fa parte della Nato, ma ha appoggiato l'intervento) ha annunciato l'intenzione di ridurre da otto a cinque gli aerei impiegati nella missione. Inoltre i velivoli svedesi non condurranno più operazioni di pattugliamento della no-fly zone. ma effettueranno solo missioni di ricognizione. La missione Nato Unified Protector, subentrata all'intervento franco-britannico-americano il 31 marzo scorso è stata di recente prorogata di novanta giorni.
Ma se in questa fase vengono avanzate richieste di sostegno alle operazioni sul terreno libico, forse la guerra non è vicina a una svolta.
Nel corso della riunione Nato è stata anche ribadita l'esclusione di un intervento di terra. Rasmussen si dice convinto che la campagna di Libia, «non durerà più del necessario», ma continuerà «finché Gheddafi non smetterà di rappresentare una minaccia per il suo popolo». Il segretario generale della Nato ha parlato anche di «progressi reali» in Libia, sottolineando che l'intervento autorizzato dalla risoluzione Onu 1973 ha evitato una strage per mano delle truppe di Gheddafi sia a Bengasi che a Misurata. La Gran Bretagna preme per l'offensiva finale contro Gheddafi. Questo è il messaggio portato a Bruxelles dal ministro della Difesa di Londra, Liam Fox. Il governo britannico è stato insieme a quello francese il più determinato sponsor dell'intervento militare. Fanno tuttavia riflettere le parole pronunciate ieri al Cairo dal capo dello Stato maggiore interforze statunitense, ammiraglio Mike Mullen Muammar. L'alto graduato americano ha fatto notare Gheddafi «deve andarsene» ma che è «difficile» ora dire quando possa accadere. Rispetto allo scenario post-Gheddafi immaginato dai paesi coinvolti nella guerra, si profila una missione di peacekeeping dell'Onu, a cui anche la Russia si dice disposta a partecipare. Mikhail Margelov, inviato di Mosca in Libia, ha dichiarato ieri di essere pronto a incontrare nuovamente Muammar Gheddafi per tentare una soluzione mediata al conflitto.
Mentre soluzioni diplomatiche risolutive latitano, anche la Spagna ha riconosciuto «come unico rappresentante legittimo del popolo libico», il Consiglio nazionale di transizione libico di Bengasi. Lo ha annunciato ieri dalla roccaforte (storica) dell'opposizione a Gheddafi, il ministro degli Esteri di Madrid, Trinidad Jimenez.
La questione libica si è rivelata molto più spinosa e imprevedibile di quanto i paesi coinvolti immaginassero, quando rapidamente hanno aderito alle richieste franco-britanniche sull'intervento militare.
Dall'inizio della crisi in Libia, sono arrivati nella sola Tunisia oltre 471 mila rifugiati. Lo ha dichiarato il premier provvisorio tunisino Beji Caid Essebsi. Dei morti annegati nel Mediterraneo che salpano dal nordafrica su barconi di fortuna non è possibile tenere più il conto.


Liberazione 09/06/2011, pag 5

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