mercoledì 3 agosto 2011

«Egitto e Tunisia, quello in corso è un processo di lungo termine»

Mouin Rabbani collaboratore di Middleast Report

Francesca Marretta
Un anno fa immaginare la fine di regimi come quello di Hosni Mubarak in Egitto e di Ben Ali in Tunisia sotto la spinta di proteste di piazza, sarebbero stato impensabile.
Quello che verrà in quei paesi e nel resto del Medio Oriente tra altri dodici mesi resta un'incognita. Se i rivolgimenti socio-politici in corso nel modo arabo sfoceranno nella restaurazione o porteranno a transizioni democratiche, è da vedere.
Intervenendo alla conferenza "La speranza scende in piazza - L'Europa e le primavere arabe", l'analista indipendente di questioni mediorientali, il giordano Mouin Rabbani, collaboratore di Middleast Report, ha sottolineato, a questo proposito, che organizzare elezioni subito, ad esempio, in Egitto, non è necessariamente garanzia di una transizione democratica.
Da questo punto di vista fa anche riflettere un rapporto appena pubblicato dal New York Times che rivela come l'Arabia Saudita stia intervenendo massicciamente con mezzi finanziari e diplomatici per far si che la "primavera araba" non produca ulteriori cambiamenti. Per questo Riyad (alleato di ferro di Washington) ha donato quattro miliardi di dollari in aiuti all'Egitto.

Gli Stati Uniti, dicono di voler appoggiare la primavera araba, ma questo fa a pugni con gli interessi dei principali alleati, i sauditi. Qual è la realpolitik?
Partiamo dall'inizio dei rivolgimenti in Egitto. La prima opzione degli Usa sarebbe stata tenere in piedi Mubarak. Poi quando hanno capito che non era più possibile hanno optato per salvare il salvabile, puntando su Suleiman. Ora il loro interesse è mantenere in vita la struttura chiave, l'esercito. Certo il governo americano è anche consapevole dei grandi rivolgimenti in corso nella Regione. Ed è per questo che non è più un eresia guardare ai Fratelli Musulmani, se serve a tenere su la struttura di cui sopra.

Il blogger egiziano Wael Abbas ha dichiarato che non si può escludere un'alleanza strategica tra esercito egiziano e Fratelli Musulmani. Sembra che lei confermi tale visione.
Certamente è uno scenario possibile. L'esercito vuole mantenere un ruolo. E in Egitto ha sempre avuto un ruolo centrale. A loro volta i Fratelli Musulmani vogliono essere integrati nel sistema politico, cosa che stanno facendo, infatti hanno costiutuito un partito politico. Queste due forze hanno un interesse comune nel senso che intendono prevenire l'emergere di altre forze che in qualche modo possano guadagnare forza politica. Ma non su tutto esistono delle convergenze. Ad esempio, sul futuro Presidente, tendenzialmente i Fratelli Musulmani sceglierebbero Mohammed El Baradei, mentre i militari preferirebbero Amr Moussa.

Perchè i Fratelli Musulmani, partito islamista, sebbene moderato, preferirebbero un candidato visto come moderno e progressista?
Perchè ha meno seguito a livello popolare, di conseguenza, essendo più debole ha bisogno del loro appoggio e conseguentemente avrebbero un certo potere. Comunque i Fratelli Musulmani sono divisi al loro interno.

Lei ha detto, intervenendo al meeting che elezioni subito non sono garanzia di democrazia. Perchè?
Prima di tutto esistono molti esempi di storia, anche recente che lo provano. Pensiamo alle elezioni in Algeria all'inzio degli anni '90, o anche a quando Hamas ha vinto nel 2006 le elezioni palestinesi. Nel primo caso è intervenuto un colpo di Stato, nel secondo le reazioni internazionali hanno di fatto annullato le tendenze di quel voto non facendo governare chi aveva vinto, con tutte le conseguenze diverse che ci sono state. Il punto è che perchè funzioni la democrazia elettorale serve il pluralismo. E' anche vero che non si può aspettare a tempo indeterminato affinchè questo si affermi laddove ci sono stati per decenni regimi dittatoriali. La transizione non può essere rimandata a vita. In ogni caso quello in corso è un processo dinamico, di lungo termine.

Il movimento dei giovani di facebook che ha fatto scattare la molla della rivolta è sconfitto?
No, non direi. Ma non so nemmeno se vincerà. Perchè ci sono molte influenze esterne. La situazione è imprevedibile. Può anche accadere che l'esercito commetta qualche grossa violazione e scoppi un'altra rivoluzione.


Liberazione 11/06/2011, pag 6

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