mercoledì 3 agosto 2011

Le "acque nere" della finta depurazione calabrese

Ecomafie, il rapporto annuale di Legambiente

La vicenda delle ecomafie si intreccia spesso con la battaglia per far tornare pulita e pubblica l'acqua. Il rapporto annuale di Legambiente, presentato ieri a Roma, si sofferma a lungo sulle "acque nere" della mala-depurazione calabrese e sull'intrico tra amministrazioni corrotte e criminalità organizzata cresciuto all'ombra di una gestione commissariale che, anziché risolverla, ha avuto l'unico scopo di perpetuare l'emergenza per drenare la pioggia di soldi pubblici caduta sulla regione per sanare le criticità del ciclo dei rifiuti e della tutela delle acque. Dieci anni - dal 1998 - di commissariamento hanno consegnato una situazione più grave di quella di partenza anche per i ritardi nella costituzione delle strutture operative degli Ato e nella gestione del servizio idrico integrato. Oltre all'erogazione dell'acqua potabile - costantemente a rischio in decine di comuni (vedi Liberazione del primo aprile scorso) - c'è il disastro di una efficienza dei sistemi di depurazione bloccata al 73% che significa che 540mila calabresi scaricano le acque nere direttamente in mare o nei fiumi. Per tre anni la procura di Catanzaro ha pedinato il flusso dei fondi comunitari su denuncia dell'ufficio antifrode di Bruxelles scoprendo gravi irregolarità amministrative, mancanza di controlli, appalti in deroga, assenza di collaudi e di relazioni sui lavori, spese ingiustificate. In sostanza il commissariamento ha significato una privazione della trasparenza tale da costringere l'Europa a chiedere indietro 57 milioni di euro per 48 interventi. Dal 2010 si susseguono i sigilli ai depuratori e, finora, sono almeno 28 gli impianti toccati dal provvedimento quasi sempre accompagnato da una sorta di moratoria: i sigilli vengono differiti di pochi mesi perché in fondo poco è meglio di niente. Solo Puglia e Campania hanno mari più inquinati di quelli della Calabria dove le Capitanerie di porto rilevano almeno un'infrazione al giorno e, lo scorso anno, hanno denunciato 440 persone e effettuato 358 infrazioni.
Tutto ciò mentre è appena iniziato Poseidone, la madre di tutti i processi sulla maladepurazione dopo un'indagine avviata nel 2005 e coordinata da un giovane sostituto, Luigi De Magistris. Si arriverà a un centinaio di avvisi di garanzia, in più tranches, tra cui spicca quello destinato all'ex governatore Chiaravallotti. E' Poseidone che svela come, nel regime commissariale, si allarghino gli spazi per le condotte illecite per truffe, abusi d'ufficio e disastri ambientali. Funziona(va) così: i soldi pubblici servivano a finanziare reti fognarie inesistenti e alcuni funzionari pubblici erano anche dirigenti di società con le mani in pasta nella depurazione, controllori e controllati. L'Ufficio del Commissario, ad esempio, pagava disinvoltamente 200 milioni di euro a due ditte vibonesi per opere mai realizzate. I finanziamenti sotto la lente dei magistrati, alla fine del 2007, saranno una montagna da 900 milioni di euro. Seguirà una serie di archiviazioni, spesso per prescrizione, e di stralci ma a gennaio 2010 si avvia il processo a 39 tra imprenditori, amministratori e politici tra cui Chiaravallotti, il suo assessore all'ambiente, Basile, e l'ex subcommissario Papello.
Tra i clan coinvolti nella maladepurazione c'è quello del "supremo". Pasquale Condello, catturato nel 2008, la cui 'ndrina compare anche nelle inchieste su tre depuratori nel reggino dei quali aveva cercato di aggiudicarsi i (finti) lavori. Uno dei depuratori, a Gallico, torna alla ribalta con la confessione di un architetto - Labate, uomo di Scopelliti - che, poche settimane orsono, ha ammesso di essersi intascati 180mila euro per una consulenza mai resa su quel depuratore. Processi e inchieste sono lungi dal concludersi. Il rapporto Ecomafie, presentato ieri, ha dovuto contare 30.824 illeciti ambientali accertati nel 2010, 84 al giorno, 3,5 ogni ora per 19,3 miliardi di euro di fatturato, 2 milioni di tonnellate di rifiuti pericolosi sequestrati, 26.500 nuovi immobili abusivi stimati e 290 i clan coinvolti. Il più trendy sembra il settore delle truffe agroalimentari (4.520 infrazioni) ma crescono anche i reati contro la fauna (+13,2%). 216 milioni di euro invece l'ammontare del fatturato dell'archeomafia.
Che. Ant.


Liberazione 08/06/2011, pag 2

Nessun commento: