venerdì 5 agosto 2011

Realpolitik e affari. Nell'ex colonia inglese la pace ha il prezzo del petrolio

Scenario Le due parti del paese tra accordi e conflitti

Francesca Marretta
Dalla mezzanotte e un minuto di sabato la Repubblica del Sud Sudan (Ross), cha a gennaio scorso ha votato sì alla secessione dal nord col 99% dei suffragi, è ufficialmente diventato un paese indipendente. Juba ha rubato ad Asmara, capitale dell'Eritrea staccatasi dall'Etiopia nel 1993, il primato di più giovane capitale del pianeta. La bandiera del nuovo paese è a strisce orizzontali nero, rosso e verde, separate da linee bianche sottili, con una stella. Come quella dell'ex gruppo ribelle Spla, che ha combattuto per venticinque anni contro Khartoum, nella più lunga guerra d'Africa. Il conflitto ha causato almeno un milione e mezzo di morti. Il leader dell'ala politica dello stesso movimento, Salva Kiir, successore del defunto John Garang, architetto dell'idea dell'indipendenza di Juba dal nord, è Presidente del nuovo Stato. Gli accordi di pace furono completati nel 2005, ma l'ascia di guerra non è ancora davvero sotterrata. Tensioni e anche scontri armati, continuano, e causano ancora vittime. In particolare in zone contese dal punto di vista territoriale, come Abyei, a cavallo tra nord e sud. Qui dovrà tenersi un referendum per scegliere da che parte stare, se con il nord arabo-musulmano, o col sud a maggioranza cristiano-animista. Oltre alla questione Darfur, i nodi ancora da sciogliere per fare del Sudan un paese pacificato permangono, oltre che nelle zone di confine, anche nello stesso sud. Si tratta di questioni che affondano le radici in pasticci coloniali e tensioni etnico-tribali causate da lotte per le risorse. Non solo il petrolio, ma anche i pascoli e l'acqua.
Per la solenne occasione della nascita del nuovo Stato, il Presidente Sudanese Omar al-Bashir, sul cui capo pende un mandato di cattura della Corte penale internazionale dell'Aja (Cpi) per crimini di guerra e contro l'umanità, era accanto al segretario generale dell'Onu Ban Ki-moon, altri capi di Stato e di governo, dignitari da tutto il mondo. Pur essendo l'ex nemico numero uno del Presidente sud-sudanese Salva Kiir, (oggi entrambi fanno buon viso a cattivo gioco), a Juba al-Bashir non corre il rischio di essere arrestato e mandato all'Aja.
Il governo di Khartoum è stato il primo a riconoscere formalmente la nuova Repubblica nata dal distacco di due entità, che l'Inghilterra governò dalla fine dell'800 come separate, a nord i musulmani, a sud dove arrivarono i missionari, i cristiano animisti. Londra era fondamentalmente interessata ad assicurarsi che il corso del Nilo non fosse deviato e continuasse a fluire in tutta la sua portata fino al Cairo. L'Egitto era strategico per l'allora Impero britannico, in quanto porta verso l'India.
In questa fase nonostante tutto, nord e sud Sudan dipendono l'uno dall'altro. Sicuramente per la gestione delle risorse petrolifere. Se è il sud ad essere seduto sui giacimenti di greggio, è verso nord, al Mar Rosso che arrivano le pipeline. Il gigante cinese, che vanta enormi investimenti in Sudan, qui carica le navi che fanno rotta verso l'Asia.
Ieri, giornata della cerimonia per la nascita del Sud Sudan indipendente, Omar al-Bashir ha augurato al nuovo paese sicurezza e stabilità. Ma ha sottolineato che la relazione di "fratellanza" col nord, permane fino a quando non ci si pesta i piedi l'uno con l'altro. Tradotto, occorre trovare a breve un vero accordo sul petrolio e sulla zona di frontiera di Abyei. La pace conviene a entrambi. Serve allo sviluppo del sud, che è ancora un paese poverissimo, con un tasso di mortalità infantile tra i peggiori al mondo, dove l'84& delle donne è analfabeta. Le infrastrutture sono quasi inesistenti. Le strade asfaltate nel sud non arrivano a cento chilometri.
Un altro nodo da sciogliere tra Juba e Khartoum è quello della cittadinanza. Il nord l'ha revocata ai sudanesi meridionali che vivono e lavorano al nord. Moltissimi ci sono arrivati perché fuggiti negli anni della guerra dalle zone del fronte. Per fare un solo esempio delle conseguenze, queste persone da un giorno all'altro si trovano senza assistenza sanitaria. E' vero che sono tanti gli originari del sud ad essere tornati a casa con l'indipendenza. Ma per assorbirli nel nuovo Stato servono investimenti e tanti soldi. C'è poi la questione delle milizie ancora armate a sud, almeno sette, che restano a disposizione del migliore offerente per creare instabilità. Potrebbero essere una pedina nelle mani di al-Bashir per fare pressione su Juba in caso di bisogno.
La forza del nuovo Stato sono i suoi vicini alleati dell'Occidente, come l'Uganda e l'Etiopia. Perché è questa la sfera di influenza in cui vuole entrare Salva Kiir. La Lega Araba ha reso noto che, essendo prima parte del Sudan, paese membro dell'organizzazione, la nuova Repubblica è la benvenuta a sedere tra gli Stati arabi. Magari Juba accetterà. Ma un anno fa circa Salva Kiir dichiarò: non è escluso che nella nuova capitale venga aperta un'ambasciata israeliana.
Settemila caschi blu dell'Onu restano intanto schierati in Sud Sudan. La missione Onu è autorizzata a «usare tutti i mezzi necessari» per proteggere i civili sudanesi.
La pace tra nord e sud Sudan è un desiderio anche di Londra, dove gli industriali vorrebbero almeno una fetta della torta mangiata voracemente da cinesi e russi (ma in Sudan investono tutti, anche imprese italiane). «Invito Obama a mantenere le sue promesse e a revocare le sanzioni imposte al Sudan, proprio come noi abbiamo mantenuto la promessa di attuare l'accordo di pace con il Sud» ha detto al-Bashir. Ed è interesse anche degli Usa revocarle. Il Sudan di oggi non è il paese che ospitò Bin Laden. E' anzi potenzialmente visto come una diga utile ad arginare l'ondata jihadista proveniente dalla Somalia. Il fatto che in base all'articolo 149 del codice di procedura penale del paese lo stupro sia equiparato all'adulterio, è un dettaglio. Business is business è la parola magica per la coesistenza tra il nord e il sud Sudan, come tra il Sudan e il resto del mondo. Stringere la mano a un criminale di guerra come al-Bashir, responsabile di stragi della sua gente in Darfur è realpolitik. Proprio ciò di cui è accusato Gheddafi, che a Juba però non è potuto andare.


Liberazione 10/07/2011, pag 6

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