venerdì 5 agosto 2011

L’assurda escalation delle spese militari

Giulio Marcon *
L'Italia continua a spendere troppo per le missioni militari all'estero e le forze armate. Soprattutto in un momento di grave crisi economica e finanziaria che sta costringendo altri paesi a ridurre gli organici militari, ridimensionare i programmi di riarmo, contenere i costi delle missioni all'estero.
Questo in Italia non sta succedendo, anzi. Mentre con l'ultima manovra finanziaria si fa macelleria sociale e si azzera il welfare, l'Italia continua ad avere un altissimo bilancio militare, a mantenere in vita il costosissimo programma della costruzione ed acquisizione dei caccia bombardieri F35 (ben 16 miliardi di euro) e a spendere tantissimo per le missioni militari all'estero.
Tra queste missioni, quella in Afghanistan - che incide in modo pesantissimo nei costi sostenuti per l'intero complesso delle missioni- rappresenta l'iniziativa più contestabile: si tratta di un intervento di guerra, spacciato per missione di pace ed attività di cooperazione, che contraddice l'articolo 11 della nostra Costituzione ("L'Italia ripudia la guerra") e che - concretamente - può essere valutata dopo quasi 10 anni di presenza sul campo come un autentico fallimento. Miliardi di euro buttati in tanti anni per una missione che non ha portato la pace nel paese, non ha migliorato la condizione di vita della popolazione civile, non ha costruito maggiore sicurezza nella regione. Ecco perché andrebbe posta fine a questo intervento,
Tra l'altro, il finanziamento della missione militare viene a scapito delle risorse per la cooperazione civile (che vengono ulteriormente falcidiate) e questo fa cadere in modo definitivo il velo dell'ipocrisia di un intervento militare presentato come aiuto per la ricostruzione economica e sociale del paese.
Le missioni militari all'estero vengono finanziati con fondi extra bilancio (della difesa) i cui costi non sono mai computati nei calcoli ufficiali delle spese militari del nostro paese. Lo stesso si fa con i costi sostenuti dal Ministero dello Sviluppo Economico per i programmi di riarmo in cui è protagonista la nostra industria militare. Trasparenza vorrebbe che invece questo avvenisse evidenziando quanto effettivamente l'Italia spende (ed è tanto) per l'apparato della difesa ed i suoi interventi in giro per il mondo.
Ed Ecco perché la campagna Sbilanciamoci ha proposto anche nella sua recente contromanovra (le proposte sono su www.sbilanciamoci.org) il taglio radicale della spesa militare del 20% e la fine della missione in Afghanistan. Va anche abolito il capitolo di spesa speciale sulle missioni militari all'estero e riportato tutto dentro il bilancio della difesa. Si risparmierebbero in questo modo - nel periodo 2012-2014 ben oltre 6 miliardi di euro che potrebbero essere utilmente spesi oltre che per interventi rivolti a fronteggiare la crisi economica, anche per le attività di cooperazione civile e per le iniziative di pace - quelle vere - nelle aree di conflitto.
Bisognerebbe poi intervenire in modo più strutturale sulla struttura delle Forze Armate riducendo, nel corso di 10 anni, l'organico di almeno un terzo e portandolo a non più di 120mila unità, più che sufficienti a garantire la funzione costituzionale di difesa del paese e gli impegni di pace all'estero. Bisognerebbe poi cancellare il programma dei cacciabombardieri F35: anche in questo caso ci sarebbe un risparmio di oltre 16 miliardi di euro, che potrebbero essere spesi per gli ammortizzatori sociali e a favore di interventi di natura fiscale per i redditi più bassi.
Si tratta di misure che andrebbero collocate dentro una filosofia diversa del ruolo delle nostre Forze Armate: un ruolo ridisegnato dentro un autentico orizzonte di pace, ancorato al ruolo di peace building delle Nazioni Unite e non di quello militar-interventista della Nato, di costruzione di quella "sicurezza comune" che è cosa radicalmente diversa dalla logica dell'interventismo militare (soprattutto in Iraq ed in Afghanistan) che coincide largamente con la logica della guerra. Ecco perché non si tratta solo di soldi, ma anche di ripristinare i principi ed i valori della Costituzione. E di rimettere al centro il ruolo di pace di una politica estera del nostro paese, protagonismo che in questi anni è stato sacrificato sull'altare della geopolitica e degli interessi delle alleanze internazionali.
* Portavoce di Sbilanciamoci!


Liberazione 22/07/2011, pag 1 e 2

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