venerdì 5 agosto 2011

Diritti sospesi e obiezione di coscienza, mix disumano

Lasciatecientrare La denuncia della coordinatrice nazionale del Movimento Primo Marzo

Cécile Kyenge Kashetu
A distanza di 24 ore dalla mia prima visita all'interno del Cie di Modena , nell'ambito della mobilitazione nazionale "LasciateCIEntrare", continua a tormentarmi la domanda: a che cosa servono i Cie (centri di identificazione ed espulsione)? Formalmente i Cie (Centri di identificazione ed espulsione), un tempo Cpt (Centri di permanenza temporanea) esistono per coloro che risultano privi dei requisiti per chiedere asilo, protezione umanitaria o sussidiaria, accesso ai meccanismi di regolarizzazione. A circa 13 anni dalla loro istituzione, è d'obbligo fare un bilancio generale e rivedere il significato di queste strutture, altamente costose, disumane e soprattutto luoghi di desolazione che attestano la sconfitta dell'essere umano. Istituiti con la legge 40/1998 (Turco Napolitano) in origine si prevedeva un periodo massimo di trattenimento in dette strutture di 15 giorni rinnovabili una sola volta, periodo al termine del quale, la persona trattenuta o veniva rimpatriata coattivamente, o inserita nei meccanismi di regolarizzazione, o, più spesso, rilasciata con l'intimazione a lasciare in pochi giorni il territorio nazionale. Con le modifiche introdotte al T.U. nel 2002 (legge Bossi Fini) i termini di trattenimento venivano raddoppiati, nell'aprile 2009, mediante il "pacchetto sicurezza" portati a 6 mesi. E' in via di conversione definitiva in legge il decreto che prolungherà i tempi anche fino a 18 mesi, in assenza di collaborazione dei paesi di provenienza dei trattenuti. Nei Cie c'è limitazione della libertà personale. Una condizione di detenzione amministrativa - si è trattenuti senza aver commesso reato penale - in contesti coercitivi in cui l'intervento è garantito da enti gestori privati e la sorveglianza attuata attraverso le forze dell'ordine. La mia personale adesione alla mobilitazione "LasciateCIEntrare", serve non solo per accendere i riflettori su quanto succede in questi centri, ma anche per mettere in discussione la loro esistenza. L'esperienza maturata in questi anni sull'esistenza dei Cie, in Europa ed anche sul nostro territorio, ha potuto mettere in evidenza i pericoli di cosa succede quando viene alterato lo stato dei diritti. Lo dimostrano appunto queste strutture che limitano la libertà delle persone in spazi angusti e disumani con scarsità di igiene e le continue violenze, fisiche ( in alcuni casi) e psicologiche, subite dai migranti e che sono all'ordine del giorno in nome della sicurezza del territorio. Parlare di Cie vuol dire affrontare le politiche migratorie in un contesto ampio di politica internazionale, sia europeo che mondiale. Un attenta analisi locale e globale sul campo dei diritti deve aiutarci a togliere il velo sulle cause dello spostamento di massa delle persone. E' risaputo ormai che interessi economici enormi ed un sistema capitalistico oggi in via di declino, mettono a dura prova la sopravvivenza di milioni di persone in tutto il mondo. Una politica diversa deve proporre la redistribuzione delle ricchezze, la libertà di circolazione ed un nuovo concetto di territorialità. Proteggere esorbitanti interessi economici, a volte anche da parte di persone che si proclamano difensori dei diritti umani, è diventato ormai una routine quando si tratta di migranti. Contraddizioni che si rilevano anche nella gestione di Cie da parte di enti e cooperative, che volendo possono avvalersi del diritto di "sana obiezione di coscienza". Due pesi e due misure per affrontare un tema così importante come l'immigrazione, che costituisce, come dato di fatto, la base della nostra società ed un fenomeno culturale al quale non ci possiamo sottrarre. La storia dell'umanità è basata su fenomeni migratori da ormai molti secoli e non può essere fermata erigendo barriere e muri invalicabili. Il diritto di libera circolazione e di istituire la propria residenza sul nostro pianeta dovrebbe portare un attenzione maggiore delle politiche verso il concetto di mobilità. Le ultime battaglie in campo dell'immigrazione ( Lo sciopero dei migranti 1 marzo, la carta mondiale dei migranti, L'Italia son anch'Io, No carcere agli innocenti, LasciateCIEntrare....) ci dimostrano come solo con un ampia alleanza, migranti ed autoctoni possiamo costruire una società libera, plurale, responsabile e solidale.


Liberazione 27/07/2011, pag 5

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