mercoledì 19 gennaio 2011

Alemanno azzera la sua giunta sotto il peso della "fascistopoli"

Roma, il sindaco in caduta libera di consensi ha ritirato le deleghe ad assessori e consiglieri delegati

La giunta Alemanno non c'è più. In realtà questo, che regala a Roma una di quelle piacevoli sensazioni oniriche ogni tanto riservate dalle "tecnicalità" politiche e istituzionali, è uno stato di fatto destinato a durare solo tre giorni. Ma tant'è: il primo cittadino romano, che da ex missino travolse nel 2008 il centrosinistra o meglio si vide regalata la città dalle scelte politiche con le quali Walter Veltroni aveva già riportato Berlusconi al governo del Paese, ieri ha interrotto formalmente la sua traiettoria. Forse, anzi probabilmente riuscirà a tenere unito il Pdl e mantenere la maggioranza in Consiglio su una nuova giunta: intanto, però, la sua gestione politica di governo ha dovuto segnare il passo. E non a caso è successo a poche ore da un riservatissimo vertice mattutino del medesimo Pdl romano, nella stessa giornata che ad Alemanno aveva consegnato sul piano dei consensi la sentenza del sondaggio Ipr Marketing per il Sole 24 Ore: cioè lui settantatreesimo fra i sindaci italiani quanto a gradimento dei suoi cittadini, battuto persino dai sindaci di Rieti e Viterbo e a pari merito con quello di Frosinone. E, soprattutto, con il consenso dei romani ridotto al 50 per cento.
Adesso, come recita il comunicato diramato ieri pomeriggio, lo stesso Alemanno enuncia l'«obiettivo» di «nominare nuovi assessori e nuovi consiglieri delegati entro giovedì 13 gennaio». Le due ordinanze di ritiro delle deleghe, con le quali la giunta capitolina è stata azzerata, restano intanto a segnare un tornante della vicenda del marito di Isabella Rauti. Il quale, dichiarando alla stampa, l'ha messa così: «Si è conclusa una prima fase del governo comunale che ha ottenuto importanti risultati come l'approvazione del piano di rientro dal debito ereditato dalle precedenti amministrazioni, l'avvio della trasformazione del Comune in Roma Capitale e la definizione dei progetti più importanti del Piano Strategico di Sviluppo». E allora, perché l'azzeramento?
Ufficialmente, Alemanno definisce «necessario» un «cambiamento della giunta» che «per ogni assessore» arrivi adesso a fissare «le deleghe, gli obiettivi prioritari, secondo un preciso cronoprogramma» e addirittura «le regole politiche che garantiscano la piena sintonia con le categorie sociali e produttive della città». Dice dunque che non c'erano tali «regole» e «la sintonia» con la società civile capitolina. E lo dice specificando un appuntamento imminenti di riferimento, per il quale passa gran parte della sua scommessa politica: ossia gli "Stati generali della città" per il 8-10 febbraio al Palzzo dei Congressi in quell'Eur che da mesi gli fa scontare un'insurrezione civile contro il progetto del Gran Premio di Formula 1; e in vista della riunione degli Stati generali della città convocati per il 9 e 10 febbraio presso il Palazzo dei Congressi dell'Eur, dove il sindaco deve calare le carte del "Piano strategico di sviluppo" e della costituzione del Comitato promotore delle Olimpiadi. Quelle del 2020: fra due consigliature e mezza, sempre ammesso che questa del governo di Alemanno duri fino alla fine.
In verità l'azzeramento realizzato ieri da Alemanno sulla sua giunta, nella cornice d'un tracollo di consensi, sancisce una caduta che si è verificata su terreni molto meno nobili: pur se, certo, sostanzialmente, attestano proprio quella separatezza e quell'incapacità di rispettare regole e offrire garanzie che proprio il sindaco finisce per ammettere. Si tratta degli scandali che hanno illuminato i metodi coi quali sono stati garantiti, stavolta sì, decine e centinaia di "clientes" politici in enti quali l'Ama o l'Atac. E non genericamente dal "quartier generale" della giunta: bensì proprio dal suo capo, Alemanno medesimo.
A. D'A. L.

Liberazione 11/01/2011, pag 6

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