mercoledì 19 gennaio 2011

«Il punk mi ha insegnato a vivere il presente senza paura»

Massimo Zamboni Chitarrista, cantante, scrittore
Massimo Zamboni. Un nome che per molti rimarrà sempre legato a quello di Giovanni Lindo Ferretti e alla bella storia che hanno scritto prima con i CCCP e poi con i C.S.I. Una storia finita tra i due all'apice del successo finalmente raggiunto, ma che evidentemente, come in una filastrocca di Gianni Rodari, per Zamboni era la metà e non la meta. Più in sordina e con minori tentazioni per il (sacro) pulpito, Massimo Zamboni è arrivato al terzo lavoro solista, L'estinzione di un colloquio amoroso, un disco di cinque tracce accompagnato da un libro. Si tratta di un lavoro intenso e poetico che richiede qualcosa di più di un ascolto distratto per capirlo.

Puoi raccontarci questo lavoro?
Per la prima volta mi sono trovato a scrivere canzoni d'amore. Una volta, devo ammetterlo, pensavo che solo i cantanti di canzonette potessero scrivere d'amore. Mi sono poi reso conto che l'amore è però qualcosa che attraversa tutti. Parlarne dopo la sconfitta mi dembrava una buona successione. Non semplicemente come amore tra due persone, ma come capacità di opporsi al "male", ciò che mi sembra una virtù dell'essere umano. Musicalmente è molto scarno, non si lascia andare alla tecnica, è molto trattenuto. E' la tappa di un percorso, un cerchio molto ampio di indagine introspettiva approfondita, passato attraverso L'inerme è L'imbattibile. Un percorso che tenta di sviscerare a fondo quali sono le caratteristiche universali che attraversano tutti gli esseri umani. Non si è trattato di affrontare vicende o problemi personali, ma tentare di rintracciare le coordinate che legano queste vicende personali. Cercando dentro di sé, ma anche nell'esterno, quello che è il senso edificante della sconfitta, che è forse l'inermità che diventa imbattibilità. So che può suonare strano, se non assurdo, in un mondo in cui gli inermi sono gli oppressi. Ma mi è capitato molte volte di incontrare persone che sono riuscite a trasformare la loro debolezza nella loro forza.

Sconfitta, resa... Eppure, c'è stato un tempo in cui CCCP/C.S.I. sembravano aver vinto, almeno nei confronti del mercato, riuscendo a imporre un modo e un intento diverso nel fare musica in Italia e conseguendo risultati più che buoni
Infatti il grande paradosso è proprio lì. Proprio l'album della consacrazione, il tour di Tabula Rasa Elettrificata, è stato il momento in cui mi sono reso conto che la storia era finita. Che quello era un grande cadavere ambulante. Con tutto il bene per i nostri ascoltatori, al momento del massimo contatto con loro, dei concerti nei grandi Palasport riempiti e di un grande abbraccio collettivo (immagina che ai primi concerti srotolavamo del filo spinato tra noi e il pubblico), nell'ultimo tour dei C.S.I. secondo me eravamo morti. E secondo me è stato un bene, la molla per fare altro.

In questi lavori abbiamo scoperto che con le parole te la cavi molto bene
Amo molto le parole. Tendo per natura a non sprecarle, a cercare e spero trovare quelle che riescono ad andare sottopelle. La scrittura è arrivata dopo e molto dopo cantare le parole scritte.

Anche Berlusconi in maniera orwelliana parla d'amore...
Certo, anche Baglioni, Mino reitano o Berlusconi parlano d'amore, sono cantanti e hanno tutto il diritto di farlo. Ma il fatto che si banalizzi la maniera di parlarne non significa niente.

Ti consideri ancora o ti sei mai considerato un punk?
In realtà sono sempre stato un diverso tra tutti i gruppi. Tra i punkettoni ero il più normale, tra i normali il più punkettone. Non ho mai portato la cresta, le borchie mi fanno ridere, ma il punk mi ha insegnato molte cose: il disincanto, fregarmene della critica e capire che il punto di vista sulle cose che faccio che più mi interessa è il mio. Senza essere sciocchi o arroganti in questo.

Disincanto o cinismo?
No, semplicemente il cercare di vedere il mondo per quello che è, non cedere la testa per un tozzo di pane, il non essere governato dalle grandi paure, dal panico, dalle smanie ossesive di idolatrare qualcuno o qualcosa o dalla paura di esplodere su un autobus in un attentato. Il nichilismo poi mi è del tutto impossibile. Ho una figlia, abito in mezzo ai boschi, non vedo modo di conciliare tutto questo con il nichilismo. In realtà poi il no future del punk può essere uno stimolo più che una forma di nichilismo. L'idea che non ci sia futuro ti spinge a vivere il presente, a fuggire da quella idea di aspettare la pensione per cominciare a vivere.

Stai suonando in giro?
Con difficoltà, ma sì. Sarebbe naturalmente molto più facile trovare date rimediando un cantante da strapazzo e proponendo cover dei CCCP, ma non mi va. Considero quella storia preziosa, ma sono andato avanti per un'altra strada.

Liberazione 08/01/2011, pag 9

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