mercoledì 19 gennaio 2011

Argentina, ergastolo al torturatore Videla

La sentenza del tribunale di Cordoba nei confronti dell'85enne ex dittatore

Daniele Zaccaria
Chissà se, ascoltando la sentenza del tribunale di Cordoba che lo condannava all'egastolo, Jorge Rafael Videla ha ripensato ai vecchi trionfi. A quando, in quella calda notte di luglio del 1978, consegnava la Coppa del mondo di calcio al capitano della nazionale, el pistolero Daniel Passarella, mentre a pochi chilometri dalle tribune dell'Estadio monumental le sue squadracce uccidevano e seviziavano gli oppositori politici nei sotterranei dell'Esma, la famigerata Scuola di meccanica della marina militare che durante gli anni della dittatura diventò un vero e proprio laboratorio delle torture.
Di sicuro l'85enne ex dittatore argentino, capo della giunta militare che dal 1976 al 1981 seminò orrori nel paese sudamericano, incarcerando, stuprando, assassinando e facendo sparire nell'Atlantico decine di migliaia di persone (per lo più militanti dei partiti di sinistra, sindacalisti, giornalisti e studenti universitari), non è un uomo pentito. Al contrario.
Appena cinque mesi fa, subito dopo essere stato rinviato a giudizio per crimini contro l'umanità dal procuratore di Cordoba Maximiliano Hairabedian, Videla rivendicò per filo e per segno i metodi impiegati dalla giunta di cui era a capo: «Mi assumo pienamente la responsabilità militare e politica delle azioni condotte dall'esercito durante gli anni della guerra interna. I miei sottoposto non hanno fatto altro che eseguire gli ordini». Guerra interna per i militari, "guerra sporca" secondo la definizione degli storici che si occupano di quel terribile periodo della vita nazionale argentina. D'altra parte Videla ha sempre difeso la brutale e sistematica repressione contro «la sovversione marxista, ordita da Cuba per ordine dell'Unione sovietica», attribuendosi la paternità del famigerato "Piano Condor", il programma di eliminazione fisica di tutte le opposizioni di sinistra, concertato assieme alle dittature di Brasile, Cile, Paraguay, Bolivia e Uruguay, con il placet e in alcuni casi la partecipazione attiva della Cia.
Alla sbarra insieme ad altri 29 membri della Giunta tra cui l'ex generale Luiciano Menendez (per lui quattro ergastoli), sconterà la sua pena in un carcere non militare nonostante l'età avanzata. Videla era già stato condannato all'ergastolo nel 1985 ma gli fu concessa la grazia nel 1990 da parte del presidente Carlos Menem, scatenando l'ira dei parenti delle vittime della dittatura. Il 14 giugno del 2005 la Corte suprema, dopo una campagna avviata dal presidente Nestor Kirchner, annullò il provvedimento di grazia, dichiarandolo incostituzionale in quanto i crimini contro l'umanità non possono essere considerati oggetto di indulto, grazia o prescrizione.
Fu con Videla che iniziò il fenomeno dei cosiddetti desparecidos, ossia persone che venivano ritenute dai militari pericolose per l'integrità nazionale e che venivano fatte sparire. Si calcola che almeno in 30mila hanno perso la vita in questo modo, mentre oltre mezzo milione di argentini fu costretto a lasciare il Paese, rifugiandosi per lo più nelle capitali europee.
«Sono stati gli assassini più brutali della storia dell'Argentina», scriveva ieri il Clarin, citando le parole di un familiare delle vittime che, assieme ad altre centinaia di persone, attendeva la sentenza davanti il palazzo di giustizia di Cordoba. Quando è arrivata la notizia, la piazza ha salutato l'ergastolo di Videla con un applauso contenuto. Perché la soddisfazione di aver finalmente ottenuto giustizia non potrà mai compensare il dolore di aver perduto un proprio caro per mano di una delle dittature più spietate della storia contemporanea.

Liberazione 24/12/2010, pag 8

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